Dopo 14 anni la madre di Gianluca Cimminiello ottiene i benefici

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A quasi quattordici anni dall’istanza presentata al Ministero dell’Interno per vedersi riconosciuti i benefici di legge in seguito all’uccisione del figlio, Nunzia Rizzo, madre di Gianluca Cimminiello, vittima innocente dalla camorra il 2 febbraio del 2010 a Secondigliano, ha finalmente vinto la battaglia per ottenere un vitalizio così come riconosciuto dalla normativa a tutela delle vittime innocenti della criminalità organizzata. A sbloccare la sua situazione è stata la sentenza della Corte Costituzionale, la 122 del 4 luglio scorso, che ha dichiarato incostituzionale la parte della normativa sul quarto grado di parentela,  che per anni, grazie anche ad un’interpretazione restrittiva del Ministero dell’Interno, ha precluso a decine di familiari di vittime innocenti della criminalità organizzata di vedersi riconosciuti i benefici economici di legge.

Un automatismo “spezzato” dalla Corte Costituzionale, che ha spinto il giudice civile del tribunale di Napoli Marcello Amura ad accogliere qualche giorno fa la domanda della Rizzo e a pronunciare nel contempo l’illegittimità del decreto del Ministero che aveva rigettato la richiesta di benefici avanzata dalla madre di Cimminiello per la presunta non estraneità della donna ad ambienti delinquenziali dovuta alle parentele del marito, e ciò nonostante i giudici penali avessero condannato i killer di Gianluca riconoscendone la sua innocenza ed estraneità alla camorra.

La stessa Rizzo, nelle istanze e nel giudizio civile, assistita dall’avvocato Giovanni Zara, legale che da anni porta avanti una battaglia per il riconoscimento delle vittime innocenti, ha dimostrato che con i parenti del marito non aveva apporti addirittura da metà degli anni ’80; la separazione giudiziale tra i due – il marito è poi morto in Belgio dove si era intanto trasferito – risale al 1987. Ora il ministero dovrà rivalutare l’istanza della Rizzo e accogliere la sua richiesta.

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“La sentenza del giudice civile premia la tenacia dei familiari di un ragazzo innocente ucciso dalla camorra e di un avvocato, che dopo anni di battaglia quasi in solitudine sono riusciti a dimostrare l’enorme abbaglio preso dal Ministero dell’Interno. E speriamo che questa decisione serva al Viminale a rispondere in modo obiettivo, da oggi in poi, ai familiari delle vittime innocenti della criminalità organizzata, mettendo da parte quei pregiudizi sui luoghi a forte presenza di organizzazioni delinquenziali dove non tutti sono affiliati o collusi, e dove è giusto distinguere e valutare caso per caso”. Susy Cimminiello, sorella di Gianluca, non si sente soddisfatta dopo la sentenza del giudice di Napoli che ha accolto la domanda di riconoscimento dei benefici economici avanzata dalla madre Nunzia Rizzo, domanda sempre rigettata dal Ministero dell’Interno, cui la prima istanza fu presentata tramite la prefettura di Napoli nel lontano 2011. Ci è voluto un processo civile e soprattutto una sentenza della Consulta perché la Rizzo si vedesse riconosciuto un diritto più che legittimo. “Sono arrabbiata, non è possibile che il Ministero dopo la sentenza della Consulta non si sia fatto proprio sentire”. Ieri la Cimminiello è stata anche a Roma, al Senato, dove c’era un convegno proprio sulle vittime innocenti della criminalità organizzato dalla Commissione parlamentare Antimafia, alla presenza della presidente Chiara Colosimo e del fondatore di Libera don Luigi Ciotti. “Alla Colosimo ho parlato della sentenza del giudice – racconta la Cimminiello – e le ho chiesto di intervenire per mettere fine una volta per tutta a questa storia, anche per le altre vittime che ancora attendono di vedersi riconosciuti i propri diritti”. Proprio la Colosimo era intervenuta sul quarto grado dicendo di voler modificare la norma, prima che la cancellasse la Consulta; è stato quindi presentato nei mesi scorsi un emendamento che tiene ferma la previsione della non estraneità delle vittime agli ambienti delinquenziali per vedersi riconosciuti i benefici, requisito che non si può però più provare sulla base del quarto grado, ma che il Ministero dovrà dimostrare provando concrete frequentazioni con ambienti criminali. “Speriamo che questa previsione diventi presto legge” auspica la Cimminiello



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