I furbi e i fessi del fisco

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In Italia esiste una divisione sociale sempre più marcata: da una parte i “fessi”, onesti contribuenti che pagano ogni centesimo di tasse; dall’altra i “furbi”, evasori fiscali che prosperano a spese altrui e che oggi sembrano essere diventati una maggioranza. Questo squilibrio, mantenuto da una classe politica che chiude gli occhi davanti all’evasione fiscale, sta portando il Paese verso un inevitabile collasso economico e sociale.
I fessi sono coloro che mandano avanti lo Stato con i propri sacrifici. Sono i lavoratori dipendenti che guadagnano mediamente 1.400 euro al mese, senza quattordicesima, senza benefit, senza alcun margine di risparmio. Sono loro a sostenere il peso di un sistema fiscale fra i più oppressivi d’Europa, a pagare tasse che finanziano servizi pubblici che funzionano sempre peggio: sanità pubblica che obbliga a rivolgersi al privato, trasporti inefficienti, scuole abbandonate e una sicurezza che non garantisce tranquillità.

E mentre loro si piegano sotto il peso di una pressione fiscale insostenibile, vedono lievitare i costi dei beni essenziali: acqua, elettricità, rifiuti, telefonia, trasporti e persino il carrello della spesa. A tutto ciò si aggiunge la consapevolezza che, nonostante il continuo esborso, molti di loro non vedranno mai la pensione, grazie a riforme previdenziali che sembrano progettate per allungare all’infinito l’età pensionabile.

Di contro, i furbi vivono nell’ombra, ma prosperano alla luce del sole. Evasori fiscali, piccoli e grandi, che trovano complicità in una classe politica bipartisan che, invece di stanarli e perseguirli, sembra quasi proteggerli. È un meccanismo perverso: colpire i furbi significherebbe aggredire un sistema economico sommerso che rappresenta una fetta importante del Pil, ma che contemporaneamente danneggia i cittadini onesti.

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 Questa protezione dei furbi non è solo una scelta politica: è un sistema radicato, alimentato da leggi inefficaci, controlli deboli e una cultura che, troppo spesso, considera l’evasione fiscale non un reato, ma una forma di furbizia da applaudire.
Il paradosso è evidente: lo Stato italiano si regge sulle spalle dei fessi, ma continua a garantire vantaggi ai furbi. Eppure, un sistema del genere non può sopravvivere a lungo. I parassiti, per definizione, vivono a spese di un organismo sano.

Ma quando il corpo si ammala, anche i parassiti muoiono.
I fessi, oggi, sono ridotti al limite della sopravvivenza. Nonostante paghino più tasse degli altri europei, vedono i loro stipendi erosi da continui aumenti del costo della vita. Dal passaggio dalla Lira all’Euro, che ha segnato un punto di svolta negativo per il potere d’acquisto delle famiglie italiane, la situazione è peggiorata progressivamente, senza mai trovare un’inversione di rotta.

Eppure, i fessi possono ancora arrabbiarsi. E devono farlo, perché il cambiamento può partire solo da loro. Non c’è bisogno di uno sciopero fiscale: basta che gli onesti facciano sentire la propria voce, chiedendo con forza un sistema più equo, una classe politica più coraggiosa e una gestione delle risorse più oculata.

Ma la vera domanda è: i furbi capiranno che questo sistema si regge solo sulla presenza dei fessi? Quando questi ultimi saranno costretti a cedere, per mancanza di risorse o di forza, l’intero sistema andrà a gambe all’aria. Senza un corpo sano da spremere, i furbi cesseranno di esistere, ma sarà ormai troppo tardi per salvare ciò che resta del Paese.

La sopravvivenza dell’Italia dipende da una presa di coscienza collettiva. La lotta all’evasione fiscale, la redistribuzione equa delle risorse e il rafforzamento dei servizi pubblici sono le basi per un cambiamento reale. Ma per fare ciò, servono politici disposti a sfidare l’impopolarità e cittadini pronti a sostenere queste scelte, anche a costo di sacrifici iniziali.

I fessi non devono più accettare di essere trattati come il bancomat dello Stato. Devono ribellarsi, ma non con l’astensione fiscale, bensì con la richiesta di una politica che premi l’onestà e penalizzi seriamente la furbizia. Solo così sarà possibile invertire questa deriva e restituire dignità a un Paese che oggi sembra averla smarrita.





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