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La sera del 22 gennaio la Corte penale internazionale ha diffuso un comunicato in cui si lamenta per la decisione delle autorità italiane di liberare Njeem Osama Elmasry, anche noto come Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica che era stato arrestato il 19 gennaio a Torino. Su Elmasry c’era un mandato d’arresto internazionale emesso dalla stessa Corte penale, il principale tribunale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità. Elmasry è accusato di omicidi, torture, stupri e altri gravi crimini.
In effetti sul suo rilascio ci sono molte cose ancora da chiarire e su cui il governo italiano è stato assai poco trasparente. Nel comunicato si dice che Elmasry è stato liberato senza che la Corte fosse stata prima avvertita o consultata, contrariamente a quello che vorrebbero le procedure in questi casi. Inoltre la Corte ha fatto sapere di aver chiesto spiegazioni alle autorità italiane, per il momento senza ottenerle.
I partiti di opposizione italiani hanno chiesto al governo di spiegare perché abbia deciso di liberare una persona ricercata per crimini di guerra poco dopo averla arrestata, criticando molto la scelta. L’accusa di fondo è che il governo italiano abbia liberato Elmasry in virtù dei buoni rapporti con le milizie libiche e con il governo che controlla Tripoli, la capitale della Libia. Per la verità con quel governo l’Italia ha dal 2017 un accordo per fermare con la violenza le persone migranti che tentano di arrivare in Italia via mare, e nel 2017 c’era un governo di centrosinistra presieduto da Paolo Gentiloni. L’accordo poi è rimasto attivo da allora a prescindere dai governi, di diversi orientamenti politiche. Lo stesso Elmasry è il funzionario di una importante milizia libica, la RADA, che tra le altre cose avrebbe responsabilità anche nelle violenze usate per contrastare i flussi migratori.
In ogni caso al momento non è possibile dire se i rapporti tra il governo italiano e quello di Tripoli abbiano influenzato il rilascio di Elmasry. Della vicenda ha parlato il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi in Senato durante un question time, cioè uno di quei momenti in cui i ministri rispondono alle domande dei parlamentari. Piantedosi ha detto che la scelta di riportare Elmasry in Libia è seguita a un suo provvedimento di espulsione «per motivi di sicurezza dello Stato» e «vista la pericolosità del soggetto». Per il resto si è limitato a esporre la cronologia dei fatti senza entrare troppo nei dettagli: ha detto che sarà prevista per settimana prossima un’informativa dedicata del governo.
Elmasry ha 47 anni e negli ultimi anni ha iniziato ad assumere vari incarichi nella cosiddetta polizia giudiziaria del governo di Tripoli. Nel 2016 venne nominato responsabile della polizia giudiziaria nella famigerata prigione di Mitiga, nella periferia di Tripoli, nota come luogo di sistematiche violazioni dei diritti umani secondo diverse indagini indipendenti, tra cui un recente rapporto del Consiglio per i diritti umani dell’ONU. Nel 2021 fu promosso a responsabile di diverse altre prigioni controllate dal governo di Tripoli.
La Corte penale internazionale accusa Elmasry di vari crimini di guerra e contro l’umanità commessi dal febbraio del 2015 in poi nella prigione di Mitiga, compresi omicidio, tortura, stupro, persecuzione, detenzione inumana. È accusato di aver commesso questi crimini personalmente, di averli ordinati oppure di esserne responsabile in quanto ordinati da altri membri della sua milizia dipendenti da lui.
Il mandato d’arresto internazionale nei suoi confronti era stato emesso il 18 gennaio, quindi un giorno prima del suo arresto a Torino, dove Elmasry era andato con alcuni amici per seguire la partita di calcio tra Juventus e Milan. Il fatto che il mandato d’arresto fosse così recente è un’informazione diventata nota solo con il comunicato della Corte penale internazionale: in diversi casi i mandati d’arresto di questo genere vengono tenuti segreti per aumentare la possibilità di cattura di una persona ricercata, e questo spiega anche perché Elmasry si sentisse così libero di andare in un altro paese per ragioni anche frivole o apparentemente evitabili.
La Corte aveva inviato la richiesta d’arresto solo all’Interpol, l’organizzazione internazionale che facilita la cooperazione tra polizie di paesi diversi, e a sei Stati che riconoscono la Corte stessa: si sa che uno di questi era l’Italia perché lo ha detto la Corte nel comunicato, mentre gli altri cinque non sono stati resi pubblici. La notizia dell’arresto è stata diffusa solo due giorni dopo, il 21 gennaio, e il 22 gennaio Elmasry è stato liberato.
Anche se il governo non ha ancora dato spiegazioni ufficiali – e neanche Piantedosi l’ha fatto – è stata in gran parte ricostruita la procedura formale che ha permesso la liberazione. La Corte d’Appello di Roma non ha convalidato l’arresto di Elmasry, sostenendo che la DIGOS di Torino prima di farlo avrebbe dovuto avvisare il ministero della Giustizia, cosa che invece non sarebbe avvenuta. L’articolo 4 della legge 237/2012, che regola i rapporti con la Corte penale internazionale, prescrive in effetti che è il ministro della Giustizia che «dà corso alle richieste formulate dalla Corte penale internazionale» al governo italiano. In Senato Piantedosi ha confermato che l’avviso al ministero è arrivato dopo l’arresto, insieme a quello alla procura generale presso la Corte d’Appello di Roma, al difensore di Elmasry e alle autorità consolari.
Diversi giornali, consultando fonti giudiziarie, scrivono che anche se formalmente questo cavillo burocratico spiega la liberazione di Elmasry, di fatto la scelta di lasciarlo in libertà è stata poi politica, perché il ministero della Giustizia avrebbe avuto strumenti sia per rimediare alla mancanza della sua approvazione dell’arresto, sia per ordinare che venisse di nuovo arrestato dopo la liberazione.
Quello che è successo dopo la liberazione poi ha reso ancora più difficile per il governo sostenere di aver rilasciato Elmasry solo per ragioni giuridiche e burocratiche: Elmasry infatti è stato riportato in Libia con un aereo dell’aeronautica italiana utilizzato dai servizi segreti, un Falcon 900, decollato dall’aeroporto torinese di Caselle e atterrato a Tripoli. Una volta tornato in Libia, Elmasry è stato accolto da un gruppo di persone esultanti, come documentato da alcuni video circolati in questi giorni.
L’Italia è uno dei 124 paesi che riconoscono la Corte penale internazionale, che fu istituita nel 1998 con un trattato firmato proprio a Roma. Formalmente dovrebbe quindi rispettare gli ordini della Corte e ha delle norme che regolano in che modo dovrebbe farlo (inclusa quella che comprendeva il passaggio giuridico che ha permesso la liberazione di Elmasry). Anche se le sentenze della Corte sono vincolanti, nella pratica non ha davvero modo di costringere i paesi a rispettarle, e spesso è ciascun governo a decidere se farlo sulla base delle sue convenienze politiche.
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