Day after ieri, dopo l’incidente alla piattaforma petrolifera del campo Rospo Mare “B”, al largo della costa termolese. Il comandante del porto, Giuseppe Panico, ha sottolineato come «Hanno funzionato tutti i protocolli di emergenza che abbiamo messo in campo, il piano operativo di pronto intervento locale, i piani interni della stessa società di gestione delle emergenze. Evacuati i 26 operai, quindi 19 che si trovavano sulla piattaforma che è stata interessata dall’incendio e gli altri sette che a titolo precauzionale sono stati evacuati, si trovano tutti in buono stato di salute e non abbiamo avuto nessun ferito; anche l’incendio devo dire poteva assumere delle proporzioni maggiori. Ma grazie al pronto intervento dell’impianto fisso antincendio, di tutti i mezzi e delle società che abbiamo fatto convergere sul posto, la gestione è stata ottimale». «Sono state 10 le unità dedite al disinquinamento e all’antincendio che sono state fatte convergere sul posto, nonché due motovedette della Guardia Costiera e due unità aeree, un elicottero e un aereo della Guardia Costiera che sono stati ovviamente sotto il coordinamento del comando generale del Corpo, che sono stati interessati di scongiurare di verificare eventuale inquinamento delle acque marine». Partita l’indagine amministrativa e ieri sono stati ascoltati proprio i dipendenti evacuati a rogo divampato. Il comandante Panico ha anche sottolineato l’importanza dell’attività di formazione e simulazione che ha permesso di far trovare pronti tutti all’azione. Ieri in scena è entrata anche l’Arpa Molise. A partire dalle prime ore della giornata, con il supporto logistico della Capitaneria di Porto di Termoli, ha effettuato attività di campionamento di acque marine finalizzate alla ricerca di eventuali sostanze inquinanti sversate in mare, a seguito all’incendio occorso sulla Piattaforma “Rospo Mare”. Intorno alle 15.30 sono terminate le operazioni di prelievo, durante le quali sono stati prelevati i seguenti sei campioni: un campione acquisiti in un punto prospicente la costa del Comune di Montenero di Bisaccia a circa 3 km dalla linea di costa; un campione acquisito in un punto prospicente la costa nord del Comune di Termoli a circa 4 km dalla linea di costa; un campione acquisito in un punto prospicente la foce del Biferno, a circa 3 km dalla linea di costa; un campione acquisito in un punto sito dalla costa molisana a circa 22 km e prossimo alla Piattaforma Rospo Mare (sito a circa 2 km dalla piattaforma); due campioni acquisiti in prossimità della Piattaforma Rospo Mare, a nord e sud di questa, ad una distanza pari a circa 250/300 metri; I campioni saranno analizzati presso i laboratori dell’Arpa Molise; gli esiti saranno tempestivamente comunicato ad ultimazione delle attività laboratoristiche. Intanto, non è mancata la nota polemica, da parte di Legambiente (Abruzzo e Molise). «Il grave incendio verificatosi il 22 gennaio 2025 sulla piattaforma petrolifera Rospo Mare B, al largo delle coste tra Termoli e Vasto, ribadisce ancora una volta – dichiarano Andrea De Marco e Silvia Tauro, presidenti di Legambiente Molise e Legambiente Abruzzo – i rischi connessi a questi impianti che più volte abbiamo denunciato. Nonostante l’intervento tempestivo delle autorità e l’assenza di sversamenti in mare, sono evidenti ancora una volta i pericoli nelle infrastrutture legate alle energie fossili, che continuano a minacciare il nostro territorio e la nostra sicurezza. È ora di dire basta: le risorse economiche e politiche vanno indirizzate verso lo sviluppo delle fonti rinnovabili. La sicurezza dei cittadini e la protezione dell’ambiente non possono essere subordinate agli interessi di un sistema obsoleto e dannoso.
A un anno dall’incendio alla centrale di stoccaggio di gas Stogit di Montalfano a Cupello, è la costa tra Abruzzo e Molise al largo tra Termoli e Vasto a essere ancora una volta messa a rischio dall’incendio verificatosi sulla piattaforma petrolifera Rospo Mare B. Mentre il “Decreto Ambiente” del dicembre 2024, ha ridotto la distanza minima dalle coste per le trivellazioni marine da 12 a 9 miglia nautiche, aumentando i potenziali rischi per l’ecosistema marino e le comunità costiere, i cittadini restano esposti a rischi costanti e concreti, a causa della massiccia presenza di infrastrutture a fonti fossili e delle numerose attività di ricerca e coltivazione di idrocarburi, come denunciato un anno fa dalla campagna C’è puzza di gas di Legambiente, proprio da questi stessi territori. Le Regioni, a partire dalle nostre, in questo momento devono indirizzare con forza una revisione delle politiche energetiche orientandole verso la tutela dell’ambiente e la salvaguardia delle comunità locali – ribadiscono Tauro e De Marco. – A partire dalle normative regionali sulle Aree idonee per l’installazione di impianti rinnovabili, che proprio in questo momento sono in discussione, è necessario garantire un futuro più sicuro e prospero per i cittadini e per il nostro prezioso ecosistema adriatico. E questo deve essere un impegno sostenuto e condiviso da tutta la politica territoriale, a partire dai Sindaci e dalle amministrazioni locali. Fondamentale intanto pretendere che venga portata avanti la dismissione delle piattaforme offshore nelle aree in cui i giacimenti di idrocarburi risultino esauriti o non utilizzabili, garantendo le migliori tecnologie disponibili: i costi di queste operazioni non devono ricadere ancora una volta sulle comunità e sull’ambiente».
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