Prove di marcia indietro a Bruxelles sulle multe alle auto. La palla del Dl nucleare passa a Meloni. Palermo (Acea): “Parliamo di transizione idrica”. Eickhout (Parlamento Europeo): “Nessuna lobby green in Ue”
Marcia indietro di Bruxelles sulle multe ai produttori di auto inquinanti. Infatti, la Commissione Ue sta cercando di annullare le sanzioni, ma non sarà semplice mettere tutti d’accordo e annullare le multe senza innescare una reazione a catena sulle altre politiche climatiche ed energetiche Ue. La palla del Dl Nucleare passa a Palazzo Chigi, che dovrà concludere le verifiche tecniche e portare il provvedimento in Consiglio dei ministri, un processo che richiederà dai dieci ai trenta giorni. Bisogna iniziare a parlare urgentemente di transizione idrica. Questo è il messaggio lanciato da Fabrizio Palermo, ad di Acea, dal World Economic Forum di Davos, che spiega la ricetta delle 4R, le priorità per l’acqua. “Nessuna lobby green ma solo il normale svolgimento della vita democratica, dove tutte le voci, sia potenti che meno, devono essere ascoltate”, ha detto il capogruppo della compagine ambientalista, Eickout, commentando l’inchiesta del quotidiano olandese De Telegraaf.
UE PENSA A MARCIA INDIETRO SU MULTE AUTO
“A Bruxelles si sta cercando una soluzione rapida al problema delle multe miliardarie che da quest’anno colpiranno le case automobilistiche che non rispettano le quote di vendite dei veicoli elettrici. All’interno della Commissione, spiegano al World economic forum di Davos persone a conoscenza delle discussioni in corso, c’è la consapevolezza che sarebbe un autogol penalizzare in questo momento un settore che sta vivendo una crisi strutturale. E che non si possa aspettare i tempi lunghi del Dialogo strategico sull’automotive lanciato dalla presidente Ursula von der Leyen, perché l’incertezza congelerebbe per mesi gli investimenti. Il problema, però, tutt’altro che facile da risolvere, è trovare una formula che sia tecnicamente e politicamente accettabile, viste le diverse sensibilità dentro la Commissione, nei governi, e soprattutto dentro il Parlamento”, si legge su La Repubblica.
“(…) richiederebbe il doppio via libera dei governi e dell’europarlamento, dove la questione rischierebbe di spaccare la maggioranza che sostiene von der Leyen. E di allungare i tempi. Per evitarlo la Commissione dovrebbe agire direttamente con un atto di secondo livello, ed è su questa ipotesi che da qualche giorno stanno lavorando gli uffici legislativi di Bruxelles. Bypassare le altre istituzioni creerebbe comunque dei mal di pancia”, continua il giornale.
“Anche se il verdetto tecnico fosse positivo, però, uno scoglio politico resterebbe. All’interno della Commissione, infatti, le sensibilità sono diverse, tutte rappresentate a Davos. Tra le Alpi svizzere è arrivato il centrista francese Stéphane Séjourné, vicepresidente dell’esecutivo Ue e titolare del portafoglio dell’Industria, che gestisce in prima battura il dossier delle multe ed è più sensibile alle ragioni delle aziende. C’è il commissario al Clima, l’olandese Wopke Hoekstra. E c’è la socialista spagnola Teresa Ribera, vicepresidente e commissaria per la Transizione, che difende con energia gli obiettivi del Green Deal: sono proprio quelli a dare certezza agli investitori, ha detto ieri al Financial Times (…) Ma a Davos c’è soprattutto Ursula von der Leyen, a cui spetterà l’ultima parola sulla possibilità che la Commissione imbocchi la corsia di accelerazione e agisca da sola. La presidente ha diviso il dossier sul Clean industrial deal fra i tre commissari presenti anche per assicurarsi di tenerne saldamente in mano il pallino. La prossima settimana presenterà la Bussola per la competitività, il piano che dovrebbe indicare una direzione per il rilancio industriale dell’Europa. Allo stesso tempo, von der Leyen ha ripetuto più volte che il Green Deal e i suoi obiettivi di decarbonizzazione rimangono un pilastro e non si toccano, tanto più adesso che Trump si è ritirato dagli accordi di Parigi. (…) La revisione delle multe va fatta senza dare l’impressione che l’Europa sia disposta a smontare uno dopo l’altro i suoi target. E ovviamente limitando al minimo le frizioni. «Cinquanta e 50», dice il manager di una grande casa europea, quando gli si chiede quanto sia probabile un rinvio”, continua il giornale.
DL NUCLEARE, LA PALLA PASSA A MELONI
“Adesso tocca a Palazzo Chigi concludere le verifiche tecniche e portare il provvedimento in Consiglio dei ministri. Pichetto Fratin ha fatto sapere di aver chiesto l’iscrizione all’ordine del giorno della prima riunione utile. Ci vorranno dai dieci ai trenta giorni, ha detto ieri il ministro, alla Camera per un’informativa urgente sul rincaro dei prezzi dell’energia. Il testo dovrà passare il vaglio del Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, e per questo non è secondario che a coordinare il gruppo di lavoro che ne ha costruito l’impalcatura sia stato il giurista Giovanni Guzzetta. (…) Un punto di partenza in questa direzione è la newco tra Enel, Leonardo e Ansaldo che dovrebbe essere in dirittura d’arrivo. (…) I dettagli saranno più chiari con i decreti attuativi, che tra le altre cose dovranno elaborare un programma nazionale per il nucleare sostenibile e un testo unico, ma l’orizzonte per la loro elaborazione è il 2027. (…) In Parlamento si inizia a ragionare su quali sono i partiti disposti a sostenere il progetto del ministero dell’Ambiente. Il più determinato è proprio quello di Pichetto Fratin. “Quella per la reintroduzione del nucleare è una battaglia che Forza Italia, con il ministro Pichetto Fratin, porta avanti sin dall’inizio della legislatura”, ha dichiarato ieri Antonio Tajani”, si legge su Il Foglio.
“Alle sue parole sono seguite quelle altrettanto entusiaste di Maurizio Lupi e di molti deputati e senatori azzurri, mentre gli altri alleati di governo sono rimasti indifferenti. Il silenzio più rumoroso nella maggioranza però è quello di Fratelli d’Italia, il partito più scettico verso le tecnologie attualmente disponibili. A partire dalla leader Giorgia Meloni, che nelle occasioni ufficiali ha sempre parlato solo di fusione, una tecnologia per la quale potrebbero volerci decenni di sperimentazioni prima che diventi effettivamente proponibile. Nel partito però c’è chi è stato ancora più chiaro a bocciare la fissione, come il vicepresidente della Camera Fabio Rampelli, che nei mesi scorsi si è detto contrario ai piccoli reattori modulari (Smr), gli stessi esplicitamente citati nella relazione illustrativa della legge delega. (…) il Pd di Elly Schlein sostiene che rilanciare la fissione nucleare in Italia sia una soluzione “anti storica e anti economica”. Una posizione in linea con quella di Avs, che precisa: “La politica energetica è una questione fondante su cui costruire alleanze per andare al governo”, continua il giornale.
PALERMO (ACEA): “URGENTE PARLARE DI TRANSIZIONE IDRICA”
“È urgente iniziare a parlare di transizione idrica oltre a quella energetica. Non è un problema di domani, è di oggi e più tempo si perde più si rischia di peggiorare una situazione già grave”. Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Acea, è a Davos per il World economic forum”, si legge su La Stampa.
“Il 2025 sarà l’anno dell’acqua. A Davos abbiamo costituito la Water Industry, che si occuperà di definire le priorità per le sfide attuali di imprese e cittadini. E collaboreremo con la commissaria Ue, Jessika Roswall, con cui ieri abbiamo avuto un confronto produttivo e concreto. (…) Le priorità sono primo, una regia unica. (…) Secondo, rime di chiari per conservazione risorsa idrica, diversificazione delle fonti, protezione degli ecosistemi e innovazione tecnologica (…) Riavviare le grandi opere infrastrutturali”, continua il giornale.
EICKHOUT: “NESSUNA LOBBY GREEN UE MA NORMALE SVOLGIMENTO VITA DEMOCRATICA”
“Nessuna lobby green “ma solo il normale svolgimento della vita democratica, dove tutte le voci, sia potenti che meno, devono essere ascoltate”, prosegue il capogruppo della compagine ambientalista, commentando l’inchiesta del quotidiano olandese De Telegraaf. Nella giungla delle lobby, però, i gruppi più vulnerabili, e chi rappresenta gli interessi della natura stessa, spesso non ce la fa a difendersi da solo dai giganti dell’industria, ed ecco perché “i governi e le istituzioni devono garantire che queste voci siano rappresentate”, aggiunge l’ambientalista olandese, il cui partito all’Aja è in coalizione con i socialisti di Frans Timmermans. Una posizione che ieri è stata anche ribadita dalla Commissione stessa, che, per bocca di un portavoce, ha sottolineato come “non c’è alcun problema dell’assegnazione di fondi Ue da parte della Commissione alle Ong idonee, è sempre stato così, più o meno, ed è qualcosa che cerchiamo di continuare”. Tuttavia, qualche dubbio traspare anche nelle parole dell’esecutivo comunitario, che infatti poco dopo sottolinea l’intenzione di “analizzare il modo in cui questi fondi sono assegnati” per evitare che i fondi Ue “siano poi utilizzati per fare pressioni su alcuni membri dello staff della Commissione europea o membri del Parlamento europeo in modo estremamente mirato”. (…) “Tutto questo sforzo è l’ennesimo attacco della destra e dell’estrema destra del Parlamento europeo non solo al Green Deal, ma alle stesse Ong”, spiega Eickhout”, si legge su Il Foglio.
“Mettendo in dubbio il lavoro delle Ong ambientaliste, si mira sì a indebolire l’ambizione nelle leggi verdi dell’Ue, proteggendo gli interessi acquisiti delle grandi aziende che dipendono da un’economia basata sui combustibili fossili, ma anche a silenziare le voci di chi si oppone”, prosegue l’olandese. E sui fondi alle lobby ambientaliste a Bruxelles, infatti, è già battaglia, con il meloniano Carlo Fidanza che ieri ha chiesto in aula a Strasburgo la creazione di una “commissione d’inchiesta per fare piena luce” sull’utilizzo di questi fondi europei. Stessi toni anche dalla delegazione salviniana(…) “Ora stanno prendendo di mira le Ong verdi, ma non si fermeranno qui: cercheranno di mettere a tacere le voci dei più deboli su molti altri argomenti, e questo, per me, è uno sviluppo profondamente preoccupante”, continua il giornale.
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