Dopo un 2024 che ha già visto arrivare in Italia circa 25 milioni di chili di miele dall’estero, in aumento del 16% rispetto all’anno precedente, è importante tenere alta la guardia contro il rischio frodi, per tutelare la salute dei cittadini e l’attività dei produttori italiani, peraltro alle prese con gli effetti del clima e l’aumento dei costi.
La Guardia di Finanza di Vicenza ha svolto un’operazione che ha portato al sequestro di oltre 22.000 chili di miele adulterato o contraffatto con sostanze chimiche proveniente da diversi Stati europei ed extraeuropei, tra cui Romania, Ungheria, Turchia, Cina e Vietnam per un controvalore di 110.000 euro, oltre a 3,5 tonnellate di sostanza zuccherina non bio illecitamente usata per la nutrizione delle api. Le analisi condotte tra gli oltre 300 fusti da 70 kg ciascuno dall’Ispettorato della tutela della qualità e repressione delle frodi del ministero dell’Agricoltura hanno evidenziato numerose irregolarità sia nelle indicazioni in etichetta che nella presenza eccessiva di amido, uno degli indicatori di miele adulterato.
Il prodotto straniero arriva a prezzi stracciati, spesso con l’obiettivo di mettere all’angolo gli apicoltori italiani, esercitando una pressione al ribasso sulle quotazioni di quello nazionale.
Basti pensare al caso limite di quello cinese che – denuncia l’Associazione apicoltori della Coldiretti -, seppur non rappresenti una parte rilevante degli arrivi, viene addirittura commercializzato a poco più di un euro al chilo. Ma la media generale si aggira intorno ai 2,9 euro al chilo. Alla concorrenza sleale dall’estero si aggiungono peraltro gli effetti dei cambiamenti climatici che nel 2024 hanno impattato duramente sull’Alveare Italia.
Per evitare di consumare miele di bassa qualità proveniente dall’estero e per supportare i circa 75.000 apicoltori italiani che gestiscono 1,6 milioni di arnie, è fondamentale prestare attenzione all’origine riportata sull’etichetta o, se possibile, rivolgersi direttamente ai produttori locali.
Un ulteriore aiuto arriva dalla recente direttiva “Breakfast” dell’Unione Europea, che ha introdotto l’obbligo di un’etichetta chiara e ben visibile che indichi il Paese di origine, nonché avviato un processo per la creazione di un sistema di tracciabilità del prodotto. La dicitura “Italia” deve obbligatoriamente apparire sulle confezioni di miele prodotto esclusivamente in Italia (ad esempio, “Miele Italiano”), mentre se il miele proviene da diversi Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta dovrà riportare la frase “miscela di mieli originari della Ue”, specificando i Paesi di origine (per esempio, Italia e Ungheria). Se invece il miele proviene da Paesi extra Ue, l’etichetta dovrà recare la dicitura “miscela di mieli non originari della Ue”, con i nomi dei Paesi indicati; nel caso di una miscela che comprende sia mieli provenienti dalla Ue che da Paesi non Ue, dovrà essere scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, sempre con l’indicazione dei Paesi di origine.
In Italia, secondo la Coldiretti, il consumo di miele si attesta a circa mezzo chilo pro capite all’anno, un dato inferiore alla media europea di 600 grammi. Tuttavia, l’Italia eccelle in biodiversità, con oltre 60 varietà di miele, tra cui quelle Dop come il Miele della Lunigiana, il Miele delle Dolomiti Bellunesi e il Miele Varesino, oltre a mieli speciali in barrique o aromatizzati, come quelli di tiglio, agrumi, eucalipto e acacia. Senza dimenticare che il miele nazionale è legato a doppio filo al lavoro delle api che svolgono un’opera fondamentale nell’impollinazione delle piante da frutto e di molte orticole, senza di cui gran parte della produzione agroalimentare nazionale sarebbe compromessa.
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