Nella giornata di domenica l’amministrazione statunitense del presidente Donald Trump e il governo colombiano si sono scontrate sul tema delle espulsioni dei migranti: un iniziale rifiuto del presidente colombiano Gustavo Petro di accogliere i voli di rimpatrio dagli Stati Uniti ha portato un’immediata reazione da parte di Trump, che ha annunciato l’imposizione di di dazi del 25 per cento su tutte le merci che arrivano nel paese dalla Colombia. Nella notte lo scontro si è risolto, la Colombia ha accettato di ricominciare ad accettare i voli coi migranti e i dazi non entreranno in vigore, ma la crisi sembra destinata a diventare un esempio della politica estera di Trump e di come userà l’arma dei dazi per minacciare i paesi che si opporranno alle sue decisioni.
La crisi era cominciata quando domenica Petro aveva impedito l’atterraggio di due aerei militari statunitensi che trasportavano migranti colombiani espulsi dagli Stati Uniti. Petro, eletto nel 2022 e sostenuto da una coalizione di sinistra, aveva annunciato di voler vietare i rimpatri fino a quando gli Stati Uniti non «tratteranno i migranti colombiani con dignità e rispetto», aggiungendo però che sarebbe stato disposto ad autorizzarli se Trump avesse accettato di trasportarli nel paese con aerei civili, e non militari. Secondo il segretario di Stato statunitense Marco Rubio, inizialmente Petro aveva dato tutti i permessi necessari, ma poi avrebbe annullato l’autorizzazione mentre gli aerei erano ancora in viaggio.
Trump aveva risposto annunciando i dazi con un post sul suo social network Truth dai toni molto piccati, in cui tra le altre cose ha accusato «il presidente socialista Gustavo Petro, già molto impopolare tra la sua gente», di aver messo in pericolo la sicurezza nazionale statunitense. Trump aveva aggiunto che i dazi sarebbero aumentati fino al 50 per cento entro una settimana, e annunciato una serie di ulteriori misure nei confronti della Colombia, tra cui la revoca immediata dei visti per i funzionari del governo e l’imposizione di controlli doganali più rigorosi nei confronti dei cittadini colombiani.
Dopo alcune ore, quando negli Stati Uniti e in Colombia era tarda serata, i due governi sono arrivati a un accordo, presentato dalla portavoce del governo statunitense Karoline Leavitt come l’accettazione da parte di Petro «di tutti i termini imposti dal presidente Trump», compreso il rimpatrio su aerei militari, «senza limiti né ritardi». L’ordine esecutivo sui dazi non è quindi stato firmato, mentre le limitazioni sui visti sarebbero rimaste in vigore «fino all’atterraggio del primo aereo». Il governo di Petro ha confermato l’accordo, dicendo però che un aereo presidenziale sarebbe partito lunedì per riportare nel paese i primi migranti espulsi e che rappresentanti del governo avrebbero tenuto un’ulteriore riunione con esponenti del governo statunitense per definire la collaborazione in futuro.
La Colombia è stata a lungo uno dei principali alleati degli Stati Uniti in America Latina e ha collaborato in questi anni con le amministrazioni statunitensi, anche sul tema dell’immigrazione. Fra il 2020 e il 2024 ha accettato 475 voli con immigrati espulsi dagli Stati Uniti (quinto paese dopo Guatemala, Honduras, Mexico ed El Salvador), 124 solo nel 2024. Negli ultimi anni i migranti colombiani sono stati particolarmente numerosi lungo il confine fra Messico e Stati Uniti, favoriti anche dalla possibilità di entrare legalmente in Messico, evitando l’attraversamento del Buco di Darién, la giungla che separa Panama e la Colombia ed è la parte più pericolosa della rotta.
Non appena entrato in carica, lo scorso 20 gennaio, il presidente statunitense Donald Trump ha introdotto misure molto restrittive sull’immigrazione: tra le altre cose ha promesso che manderà via dal paese «milioni e milioni» di persone senza cittadinanza o permesso di soggiorno. Si stima che nel paese gli immigrati irregolari siano circa 11 milioni, molti dei quali fondamentali per l’economia degli Stati Uniti. Prima di essere espulsi, la maggioranza di questi immigrati avrà diritto di fare ricorso presso un tribunale statunitense.
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