Guinza, trent’anni nel tunnel. “Così abbiamo sbloccato la regina delle incompiute”

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Mercatello (Pesaro e Urbino), 26 gennaio 2025 – Iniziarono lo scavo del foro pilota nell’anno in cui a Berlino cadeva il muro della Guerra Fredda; l’uomo della perestrojka, Mikhail Gorbaciov, comandava ancora a Mosca e alla Casa Bianca s’era appena insediato un nuovo inquilino (George W. Bush senior) dopo il decennio reaganiano. Sulle note di Wind of Change nelle Marche la corsa al Far West dei collegamenti stradali, verso l’Umbria, Roma e il Tirreno, s’era già arenata sui primi muri dell’Appennino: la superstrada 77 a Tolentino (per arrivare a Foligno sarebbero serviti altri trent’anni), la 76 alla Gola della Rossa (Genga), la Flaminia poco oltre Fossombrone.

Ecco come si presenta l’interno del traforo della Guinza, a destra i lavori di sbancamento sul versante umbro della Guinza, dove il traforo sarà collegato con la sp 200 a Parnacciano (fotoservizio di Luca Toni)

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Millenovecentottantanove, un altro mondo: con 100 miliardi delle vecchie lire e un progetto ereditato dalla Provincia di Pesaro comincia la storia (infinita) del traforo della Guinza, il più ardimentoso (e meno fortunato) delle Marche, quasi sei chilometri a cinquecento metri d’altezza nel ventre di pietra dell’Appennino tra Marche e Umbria – Mercatello sul Metauro di qua e Parnacciano (San Giustino, Perugia) di là –, l’incompiuta per eccellenza dell’incompiuta E78 Fano-Grosseto, la “strada dei due mari” che pure ebbe per padrini, dicono, Napoleone e Fanfani (passa da Arezzo).

Guinza, la scheda del traforo: a che punto sono i lavori

Guinza, la scheda del traforo: a che punto sono i lavori

Eppur si muove

Trent’anni dopo siamo ancora nel tunnel, ebbene sì, ma con la prospettiva di uscirne il prima possibile, dicembre 2026. Ci ha messo soldi (in tutto sono 150 milioni) e volontà il governo, la faccia tre governatori (Marche, Umbria e Toscana), mente (progetto) e braccia l’Anas. Siamo qui, dove la valle del fosso Sant’Antonio si infila tra le rocce della Bocca Trabaria: sui Lotti 2 e 3 di uno spezzatino lungo 270 chilometri, ottanta nelle Marche (30%), venti in Umbria e 170 in Toscana. La dicitura è: adeguamento della Galleria della Guinza e del tratto fino a Mercatello Ovest. Importo a base di gara, 94 milioni; aggiudicatario, Consorzio Stabile Europeo Costruttori. Termini contrattuali: 925 giorni dal 12 febbraio 2024. E no, non è un’altra delle false (ri)partenze che da queste parti hanno visto fin troppe volte, giura Francesco Baldelli, assessore regionale alle infrastrutture, il ’motore’ marchigiano della Guinza: stavolta si va fino in fondo, fuori dal tunnel. “Abbiamo dovuto vincere la sfiducia e l’arrendevolezza di decenni, sciatteria e mancanza di attenzione di generazioni politiche. Ebbene – scandisce –, in quaranta mesi col governatore Acquaroli abbiamo rimesso in moto un collegamento strategico non solo per le Marche, ma per l’Italia centrale e l’Europa, la strada che può unire Ancona, il porto e i Balcani con la sponda tirrenica e la Spagna”. “Prima del nostro insediamento – ricorda Acquaroli –, la Guinza era la più grande incompiuta dell’Italia centrale, ferma da decenni. Il governo Meloni ha stanziato le somme per il tratto più complesso di un’arteria fondamentale per lo sviluppo dei nostri territori. Un’attenzione che significa aprire alla prospettiva di completare la Fano-Grosseto, dare dignità all’entroterra, collegare l’Adriatico al Tirreno e tre regioni, Marche, Umbria e Toscana, e più in generale di favorire lo sviluppo degli hub principali, come il porto di Ancona”.

L’assessore Francesco Baldelli con i tecnici dell’Anas davanti all’ingresso del tunnel, sul versante marchigiano (fotoservizio  di Luca Toni)

L’assessore Francesco Baldelli con i tecnici dell’Anas davanti all’ingresso del tunnel, sul versante marchigiano (fotoservizio di Luca Toni)

L’incompiuta

Impressionante, come se gli ultimi operai – prima che ripartisse il cantiere Guinza – se ne fossero andati ieri, non vent’anni fa. Una svolta a sinistra, il tempo di lasciare la vecchia 73bis di Bocca Trabaria e le case di pietra del borgo di Mercatello, la stradina si inerpica su un paio di gobbe per qualche centinaio di metri ed eccolo là, lo scheletro della superstrada, un moncone di tracciato bello e fatto a cavallo tra vecchio e nuovo secolo: quasi tutta doppia carreggiata (con lunghi tratti di asfalto sottile), quattro corsie, poi due e carreggiata unica, l’eredità dei vecchi lavori che finiva nel nulla, ma che ora (in prima battuta) – secondo il progetto – dovrà innestarsi con una rotatoria nella viabilità ordinaria: la via Cà Lillina, che sarà ampliata e messa a nuovo per circa un chilometro, fino alla 73bis a Mercatello. Sono poco più di quattro chilometri, tre gallerie a doppia canna, tranne l’ultima (Valpiana, Sant’Antonio e la galleria artificiale Santa Veronica), e quattro viadotti (Valpiana di valle, Sorgente di valle, Pieruccia e Ponte Guinza), intervallati da tratti all’aperto con tanto di ringhiere e file di new jersey. È qui che si lavora oggi – per rimediare al sacrilegio di avere lasciato marcire per decenni un’opera che finora è costata 500 miliardi delle vecchie lire –, e dall’altra parte, sul versante umbro, dove un’altra rotatoria e la cosiddetta “viabilità di adduzione” porteranno l’asfalto fino alla strada provinciale 200 – che tuttavia dovrà essere adeguata –, in località Parnacciano (San Giustino), nell’alta Val Tiberina che ispirò i paesaggi quattrocenteschi di Piero della Francesca.

La road map

Da aprile, dettano i tempi dall’Anas, toccherà al traforo, la Guinza. Canna unica, cinque chilometri e 960 metri, pendenza dello 0,5%, volta in cemento armato, rivestimento in calcestruzzo. Li porta bene, quasi trent’anni, sebbene ci abbiano fatto di tutto, anche una segheria abusiva. Cosa c’è da fare per “mettere in esercizio” (in gergo tecnico) l’incompiuta? Elencano i tecnici Anas: manutenzione straordinaria del rivestimento interno in calcestruzzo, pavimentazione stradale e asfalto, impianti di illuminazione, di ventilazione e di sicurezza (idrico antincendio, segnaletica luminosa, sos). “Primo obiettivo – spiega Baldelli –, aprire il traforo e gli altri quattro chilometri in direzione Umbria, a due corsie, senso unico e con flussi controllati, limite di 90 all’ora”. Cinque minuti, calcola, invece dei quarantacinque che servono per varcare l’Appennino dai tornanti della 73bis di Bocca Trabaria. Vuoi mettere?

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La rotta europea

Un passo alla volta, verso quel bersaglio grosso chiamato “raddoppio”: l’apertura della seconda canna del tunnel, la ’gemella’ della Guinza da cui dovrebbe fluire il traffico dall’Umbria in direzione Marche, che però è ancora tutta da scavare tra le rughe della pietra calcarea, nelle viscere della montagna. Per la normativa sui trafori, è la conditio sine qua non perché ci sia l’autorizzazione a fare transitare auto e camion dalla prima. La pratica è già in mano all’Anas, che “sta mettendo nero su bianco il DocFap (Documento di fattibilità delle alternative progettuali)”. “A quel punto – calcola Baldelli –, mancheranno appena 35 chilometri per completare il tratto marchigiano dell’itinerario europeo E78”, da Mercatello fino all’altopiano delle Cesane e alla pieve di Santo Stefano di Gaifa (che fu abbazia di monaci Olivetani), dove anni fa s’è fermata la superstrada. Sono i lotti dal quattro al dieci, che comprendono il bypass di Mercatello (progetto definitivo completato, in corso la procedura di Valutazione di impatto ambientale), la variante di Urbania (ok al progetto definitivo) e i lavori sul resto del tracciato in corso di progettazione. E sul versante umbro ne resteranno undici per incrociare a Selci Lama la E45 Cesena-Perugia, costola dell’itinerario europeo che dalla tundra norvegese si spinge fino alle porte del Mediterraneo, a Gela. Da qui al Tirreno, nel piano del commissario di governo, ci sono altri sei interventi tra Umbria e Toscana per portare le quattro corsie su 42 chilometri – quelli ancora fermi a due – dei circa 180 che corrono fino a Grosseto. Poi saremo arrivati. Tardi sì, ma meglio tardi che mai.



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