Multe sulle emissioni, l’Ue stanga i costruttori di casa nostra e tira la volata a Tesla e ai cinesi

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Quando Jean Philippe Imparato, responsabile europeo di Stellantis, ha ammesso che il 2025 sarà un altro anno difficile per il Gruppo con ogni probabilità pensava, oltre ai soliti problemi esplosi negli ultimi tempi, pure ai nuovi limiti alle emissioni di anidride carbonica per le vetture commercializzate nel Vecchio Continente.

UNA RIVOLUZIONE CHE NON PARTE DAL BASSO

Come è stato detto più volte, il passaggio dai propulsori tradizionali a quelli ibridi ed elettrici non è guidato dal mercato, che anzi rifiuta categoricamente le nuove motorizzazioni visti i costi impopolari (persino in Cina, dove il cambiamento è stato sospinto da incentivi e fiumi di denaro pubblici, secondo i dati di China Association of Automobile Manufacturers l’elettrico resta ancora al di sotto del 30 per cento del totale). No, Bruxelles lo ha imposto a suon di regolamenti e multe.

IL REGOLAMENTO UE ANTI EMISSIONI

Il regolamento comunitario di riferimento in materia è il 631 del 2019, successivamente modificato dall’851 del 2023, che prevede di arrivare a bandire i vecchi motori a scoppio entro il 2035, con una serie di step intermedi che dovrebbero sulla carta facilitare il compito ai produttori ma che, complice un mercato che tira da tutt’altra parte e il periodo di crisi dell’intero settore, rischia solo di rendere ancora meno competitivi i marchi di casa nostra.

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MULTE PER 15 MILIARDI

Bruxelles impone per il periodo 2025-2029 una riduzione sulle emissioni che arrivi a 93,6 grammi per chilometro di CO2, oltre 20 in meno rispetto ai 115,1 imposti per il 2020-2024. Ogni costruttore ha limiti specifici da calcolare che verranno sommati, mentre quella soglia rossa individuata a priori e da non oltrepassare si applica all’intera flotta di vetture di nuova immatricolazione.

In caso di sforamento dei requisiti, si dovrà pagare 95 euro per ogni grammo/km in eccesso, moltiplicato per il numero totale dei veicoli targati. In base alle prime stime, l’intero settore rischia di versare sanzioni per oltre 15 miliardi di euro, considerando anche il segmento dei veicoli commerciali leggeri (per cui è in vigore il nuovo limite dei 153,9 grammi/km di CO2).

LE CASE PIU’ PENALIZZATE DAL REGOLAMENTO SULLE EMISSIONI

Secondo le stime della testata di settore Quattroruote, a situazione industriale invariata, con i nuovi limiti la casa automobilistica più colpita sarà Volkswagen, con una multa che dovrebbe arrivare a 7,9 miliardi di euro. Seguono Renault con 1,9 miliardi, Bmw, Mercedes, Hyunday-Kia e Ford con 1 miliardo e Toyota con circa 700 milioni. E Stellantis? Imparato ha dichiarato a Milano Finanza che il gruppo italo-franco-statunitense rischia di dover sborsare 3 miliardi di euro.

LA POSIZIONE DEI COSTRUTTORI

Per questo il nuovo presidente dell’Acea, Ola Källenius (amministratore delegato del gruppo Mercedes-Benz), succeduto a Luca de Meo il 1° gennaio, appena si è insediato ha preso carta e penna per scrivere a Bruxelles: dopo aver ricordato che nel 2024 in Europa sono state vendute 10,6 milioni di auto, in aumento dello 0,8% sul 2023, ma in calo del 18,4% rispetto al 2019 pre-Covid con le immatricolazioni delle elettriche ferme al palo, – 5,9%, con una quota scesa di un punto percentuale al 13,6%, il top manager svedese ha apertamente chiesto alla Ue di predisporre un “Green deal realistico, guidato dal mercato e non dalle sanzioni”.

I POOL ANTI MULTE

La Commissione s’è presa 40 giorni per dare una risposta al comparto. Ma intanto il nuovo regolamento anti emissioni è in vigore da Capodanno. Motivo per il quale Ford, Mazda, Subaru, Stellantis, Toyota e altri costruttori intenzionati a vendere in Europa hanno siglato un pool con Tesla, che produce solo auto elettriche dunque nella bilancia in questione ha crediti green da vendere, così da redistribuire i numeri negativi come pure quelli positivi. Una finzione giuridica che non sposta di una virgola la quantità di CO2 emessa nell’atmosfera, ma che consente al costruttore texano di fare affari d’oro in questa specie di mercato parallelo del tutto legale e consentito dalla Ue.

Un altro raggruppamento per schivare le nuove multe vede allearsi Mercedes-Benz con la cinese Geely, già suo maggior azionista con il 10% del capitale e partner industriale nella joint venture per il marchio Smart. In questo caso, il pool è gestito dalla Mercedes Benz AG ed è partecipato da Mercedes-AMG GmbH, Volvo Car Corporation, Polestar Performance AB e Smart Automobile Co. Ltd. (rappresentata da smart Europe GmbH).

VERSO STANGATE OCCUPAZIONALI

Tuttavia – sottolineano sempre da Quattroruote -, per l’Acea e per tanti manager del comparto, il miglior mezzo per evitare la stangata è rimodulare il mix produttivo: per aumentare il peso delle elettriche fino ad almeno il 25% dell’immatricolato (oltre 10 punti percentuali in più rispetto alla media del 2024), “le Case dovranno ridurre la produzione di veicoli tradizionali e quindi l’offerta per i consumatori. Per questo, si ipotizza un taglio dei volumi per almeno 2,5 milioni di veicoli endotermici, l’equivalente di otto/dieci fabbriche”.

SI MUOVONO I CINESI

Le condizioni in cui versavano già i maggiori gruppi europei, da Stellantis a Volkswagen, anche senza gli ulteriori ostacoli posti sul loro cammino dalla Commissione di Ursula von der Leyen, è nota da tempo. Stando così le cose, il regolamento sulle emissioni può solo comportare ulteriori danni economici in un frangente delicatissimo.

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Tutto a vantaggio dei marchi esteri, cinesi in primis, che sull’elettrico si sono mossi per tempo sospinti da fiumi di denaro pubblici che la stessa Ue ha riconosciuto alzando i dazi alle nostre dogane. Mossa inutile: le auto EV nel Vecchio continente non vendono. In compenso Pechino non ha fretta ed è pronta ad approfittare maramaldescamente della debolezza senza pari delle rivali di casa nostra – storiche detentrici assieme ai marchi nipponici delle maggiori quote di mercato a livello globale – per fare shopping.

DUE FABBRICHE TEDESCHE NEL MIRINO

Secondo le indiscrezioni di stampa delle ultime ore, i costruttori asiatici avrebbero persino individuato due siti tedeschi che le aiuterebbero a presidiare ancora meglio il mercato europeo e, contemporaneamente, evitare i dazi e abbassare gli enormi costi di distribuzione supportati attualmente per via delle immense navi cargo che fanno la spola tra la Cina e il Vecchio continente con diverse migliaia di auto alla spina a bordo.

Nel mirino cinese ci sarebbero Dresda, che al momento impiega 340 lavoratori e che dovrebbe fermare la produzione della ID.3 nel 2025 e Osnabrück, che attualmente dà lavoro a 2.300 tute blu impegnate ad assemblare la versione cabriolet della T-Roc Cabrio. In questo caso la chiusura sarebbe dietro l’angolo: 2027. Per Volkswagen avere già un compratore significherebbe non inscenare altri tira e molla con il potente sindacato dei metalmeccanici mentre per il governo tedesco garantire livelli occupazionali senza grandi sconvolgimenti.

IL SOLE USTIONA TESLA

Si segnala infine un articolo del Sole 24 Ore a commento della situazione legislativa comunitaria che, come si anticipava, non avvantaggia solo i marchi cinesi, ma anche il principale produttore di auto elettriche al mondo: “alla fine vince solo Tesla capace di offrire, anche sull’onda di un irrazionale storytelling, la partita surclassando con le sue vetture, nonostante il design generico e banale è un eufemismo, e questo perché vince nell’immagine tecnologica (molti credono che guidi da sola) ma soprattutto perché risolve, con la sua formidabile rete, il problema della ricarica. In pratica la UE con le norme del 2025 sta consegnando il comparto automotive a Elon Musk.”

Con buona pace di quegli stessi politici della Ue che temono Musk ma solo per via di ciò che dice su X.



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