Revoca pensione, l’avvocato Conidi racconta la storia di un collaboratore di giustizia

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L’avvocato Maria Claudia Conidi


  27 gennaio 2025 08:49

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DI MARIA CLAUDIA CONIDI

C.V. è un collaboratore di giustizia che ha accettato con estradizione dalla Germania che la sua pena potesse non avere più fine, poiché, all’epoca in cui venne estradato ,il suo “ergastolo” comminato in Germania , avrebbe potuto essere sospeso dopo che lo stesso avesse espiato almeno 15 anni di reclusione, con possibilità di espiare il resto della pena sotto il regime della detenzione domiciliare-

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Accettando però la legislazione italiana, il suo “ergastolo” si è tramutato in fine pena mai.

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Fortuna volle per lui che anche oggi con la legge italiana è possibile espiare la pena dell’ergastolo in regime alternativo,anche per chi decide di non collaborare con la giustizia, con la c.d. abolizione del c.d. “ergastolo ostativo”, ovvero per i condannati che abbiano dato prova dopo un lungo periodo di detenzione inframuraria di ravvedimento e abbia adottato comportamenti oggettivi dai quali desumere la netta scelta di revisione critica operata rispetto al proprio passato, che abbia dato prova di riconoscere gli errori commessi aderendo così a nuovi modelli di vita socialmente accettati , specialmente per chi si sia dissociato dal gruppo malavitoso di ex appartenenza di stampo “mafioso” come è di fatto  certamente accaduto per il sig. C.V.-

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E fin qui nulla quaestio.

Col passare del tempo, però, il signor C.V. è divenuto invalido, e perciò avuto riconosciuto il diritto a percepire una pensione d’invalidità che, quale soggetto recluso ininterrottamente in carcere per il suo fine pena mai , ha visto applicarsi nei suoi confronti la revoca del relativo trattamento pensionistico ex art. art. 2, co. 58 e 61, della l. n. 92/2012 (Legge Fornero), in materia di revoca delle prestazioni di indennità di disoccupazione, assegno sociale, pensione sociale e pensione per gli invalidi civili nei confronti dei soggetti condannati per i reati di cui agli artt. 270-bis, 280, 289-bis, 416-bis, 416-ter e 422 c.p., di stampo mafioso o terroristico

La Corte Costituzionale, infatti ha  dichiarato l’illegittimità dell’

art. 2, commi 61 e 58, della legge n. 92 del 2012 per contrasto con gli artt. 3 e 38 Cost., in quanto la revoca dei trattamenti assistenziali di cui all’art. 2, comma 58, legge n. 92 del 2012 «può concretamente comportare il rischio che il condannato ammesso a scontare la pena in regime di detenzione domiciliare o in altro regime alternativo alla detenzione in carcere, poiché non a carico dell’istituto carcerario, non disponga di sufficienti mezzi per la propria sussistenza».

La Corte Costituzionale ha ritenuto, infatti, che ai condannatianche per i c.c.d.d. reati “ostativi” ovvero di particolare allarme sociale, non possa negarsi il diritto alla sopravvivenza  in quanto anche loro continuano a godere del diritto ad avere assicurati i mezzi necessari per vivere.

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Allorquando ,cioè il condannato fosse stato ammesso a scontare la pena in regime alternativo al carcere, di certo dovrebbe sopportare le spese per il proprio mantenimento extra carcerario e dunque, non avrebbe mezzi di sussistenza

Tanto però non accade per chi come il sig C,.V, si sia trovato in carcere a espiare un pena perpetua, sia pur nei confronti della quale sia possibile ,con il giusto percorso, trovare la via dei domiciliari con il buon comportamento inframurario e la dissociazione pur conclamata.

Per chi , infatti, come nel caso del Sig. C.V. intenda andare a scontare la pena ai domiciliari , la famosa revoca delle prestazioniprevidenziali per la presenza del titolo “ostativo,i problemi esistenziali sorgono ..e come! Ma pare siano del tutti ignorati dalla legge italiana, sia pur rivisitata e corretta dal Nostro Giudice delle Leggi-

Nel caso del C.V. trattandosi infatti di condanna già definitiva alla data dell’introduzione delle nuove disposizioni, la revoca, senza efficacia per i ratei già maturati, della prestazione assistenziale viene disposta direttamente dall’Ente erogatore, dietro trasmissione dei relativi elenchi da parte del Ministero della Giustizia senza necessità di un provvedimento giurisdizionale penale, quale provvedimento meramente amministrativo-

In questi casi cioè, non può parlarsi di sanzione accessoria, bensì di un mero effetto extra-penale della condanna

Sarà poi compito del Giudice dell’esecuzione adito verificare se, alla data della revoca  , il condannato avesse espiato la pena (in tutto ovvero in parte) e se fosse stato ammesso al regime alternativo alla detenzione. Nel caso in cui il condannato non fosse ancora ammesso al regime della detenzione domiciliare, di certo dovrà dichiarare la legittimità della revoca,se la pena non risultasse espiata, con conseguenza che, se si vorrà percepire il beneficio previdenziale, si dovrà attendere che il Tribunale di Sorveglianza  competente  provveda ad ammettere il condannato a un regime alternativo alla detenzione carceraria qualora ve ne fossero i presupposti, e una volta fuori, adire nuovamente il giudice dell’esecuzione per rendere operativo il dettato dichiarato incostituzionale , ovvero garantirgli così, il diritto alla sopravvivenza.

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Delle due l’una : se stai dentro  ti tolgo la pensione ,se la rivuoi devi uscire ai domiciliari e ,una volta espiata la pena, puoi rifare istanza .. nel frattempo, considerati i tempi della “giustizia” muori di fame!

Così è.. se vi pare.

A me pare non di certo consono a garantire la par condicio dei condannati, perché il diritto alla sopravvivenza sorge nel momentoin cui “guadagni” la detenzione domiciliare, ma ciò accade purtroppo, senza previamente garantirne i mezzi di sussistenza.

E purtroppo ..si sa, la fame non aspetta il provvedimento del  Giudice per farsi sentire.

E tutto ricomincia.

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