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Chi è il boss Paolo Aurelio Errante Parrino: cugino di Messina Denaro, temuto per il «carisma criminale». Della mafia disse: «Si mangia?»


di
Cesare Giuzzi

Bloccato davanti all’ospedale di Magenta, dove voleva ottenere un certificato medico per ottenere i domiciliari. La sua fuga era durata tre giorni: è considerato uno dei vertici della«mafia a tre teste» (ma lui negava di conoscerla)

È finita (quasi) come per il cugino acquisito Matteo Messina Denaro: preso davanti a un ospedale. Ma a differenza della primula rossa di Cosa nostra, latitante per tre decenni, la fuga di «Zio Paolo» è durata lo spazio di tre giorni.
 
La parabola di Paolo Aurelio Errante Parrino, 78 anni, s’è chiusa sotto una pioggia battente davanti all’ingresso dell’ospedale di Magenta. Era andato lì per farsi visitare nella speranza di ottenere un certificato medico che gli evitasse la cella. Ad aspettarlo c’erano i carabinieri del Nucleo investigativo che da ore gli stavano con il fiato sul collo. Nonostante le voci di fughe all’estero, dalla Spagna all’Albania, lo «Zio Paolo» come da tradizione era rimasto nell’unico territorio che poteva in qualche modo proteggerlo. Un piano iniziato ancora prima che i giudici della Cassazione decidessero sul suo ricorso contro l’arresto disposto dal Tribunale del Riesame. Verdetto quasi scontato dopo che nei giorni scorsi la Suprema corte aveva già confermato l’accusa di associazione mafiosa per altri indagati dell’inchiesta «Hydra» sull’alleanza tra Cosa nostra, camorra e ’ndrangheta in terra lombarda.

Così lo «Zio Paolo» venerdì ha deciso di sparire preventivamente. Lui e la moglie Antonina Bosco, 75 anni, hanno preso armi e bagagli e si sono allontanati da casa. «Sono usciti per fare la spesa e non sono più tornati», la timida difesa dei parenti davanti alle insistenze — sabato mattina — dei carabinieri. Una balla che probabilmente nella testa di Errante Parrino doveva servire a prendere tempo in attesa della presentazione di un’istanza di arresti domiciliari da parte del suo legale Roberto Grittini in modo da evitare anche un breve ingresso in carcere. Da qui la decisione di presentarsi ormai braccato all’ospedale di Magenta, dove si trova ricoverato e piantonato. Ma almeno non in una cella.




















































Errante Parrino è originario di Castelvetrano ma vive ad Abbiategrasso da più di trent’anni. Con la moglie ha gestito a lungo il bar «Las Vegas» di via Legnano. È lei, di fatto, il collegamento familiare con l’ex super latitante Matteo Messina Denaro di cui Errante Parrino è sempre stato considerato una sorta di braccio destro al Nord. Antonina Bosco, infatti, è cugina di Gaspare Como, marito di Bice Messina Denaro, sorella di Matteo. Già i giudici del Riesame erano stati profetici lo scorso ottobre, quando avevano ribaltato l’ordinanza del gip Tommaso Perna che aveva cassato l’impianto dell’inchiesta «Hydra» concedendo solo 11 arresti su 153 richiesti dal pm Alessandra Cerreti. A proposito dell’elevato pericolo di fuga del 78enne scrivevano: «Sono molto saldi i legami con un contesto criminale, territoriale e parentale che per anni ha assicurato la latitanza a Messina Denaro: è probabile che tale contesto possa riservare analoga soluzione all’odierno indagato».

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In questi mesi di attesa però «Zio Paolo» aveva tenuto a bada il suo carattere fumantino concedendo interviste in cui smentiva qualsiasi legame con le cosche mafiose. Tesi difficile da sostenere anche per via di una condanna del 1997 per associazione mafiosa che lo identificava come «uomo d’onore della famiglia di Castelvetrano» in un giro di narcotraffico che confluiva all’aeroporto di Linate e che vedeva indagato anche Francesco Messina Denaro, il padre di Matteo. Davanti alla giornalista Rai Chiara Proietti D’Ambra era perfino arrivato a negare l’esistenza stessa della mafia: «Che parola è? Una cosa che si mangia?». In ogni colloquio davanti a un cronista, aveva sempre negato qualsiasi rapporto con l’allora latitante.

 Circostanza che per i carabinieri, diretti da Antonio Coppola e Fabio Rufino, e i magistrati della Dda è stata dimostrata da quanto emerso nelle indagini. E anzi, Errante Parrino è considerato uno dei nomi di vertice dell’organizzazione «a tre teste» e pedina fondamentale per il suo «carisma criminale» e il ruolo di emissario degli interessi dei clan trapanesi.
Il boss 78enne era temuto e rispettato ad Abbiategrasso. E aveva porte aperte con il sindaco Cesare Nai, come testimonia l’incontro intercettato dai carabinieri in cui Errante Parrino diceva di voler «spaccare la testa» a un dirigente del Comune a cui seguiva la «risata» del primo cittadino. Il sindaco non ha fin qui cercato di ridimensionare la sua amicizia con il boss. Le opposizioni adesso sono tornate a chiedere le dimissioni di Nai. La procura in questi mesi ha «sollecitato» provvedimenti di accesso ispettivo al Comune finalizzati anche allo scioglimento. Ma senza seguito.

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