Incidente auto-bici, travolto un ciclista di 14 anni

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Il 2 luglio 2019, intorno alle ore 15.20, alla guida dell’autovettura Mercedes classe B percorreva la strada provinciale 63 con direzione di marcia da Preganziol a Casale sul Sile. Giunta in territorio di Casale, superata una rotatoria e un’ampia curva, impegnava il tratto rettilineo denominato via alle cave ed entrava in collisione con la bicicletta condotta dalla vittima di anni 14 che, dopo essere uscita dal cancello del civico 19, attraversava la sede stradale da sinistra a destra rispetto al senso di marcia Mercedes. La povera vittima, in conseguenza dell’impatto, veniva dapprima proiettata sul parabrezza dell’autovettura e poi sull’asfalto, riportando gravi traumi che ne comportavano il decesso.

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La conducente del veicolo era chiamata a rispondere per non aver regolato la velocità del proprio mezzo riguardo alle caratteristiche dello stesso, alle condizioni della strada, al limite di velocità che in quel tratto è pari a 70 km/h, procedendo ad una velocità compresa tra i 91 e 99 kmh, non conservando il controllo del proprio veicolo in modo da potere effettuare l’arresto tempestivo del veicolo dinanzi alla bicicletta.

La Corte di appello di Venezia, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Treviso, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, ha rideterminato la pena inflitta all’automobilista, in misura pari ad anni uno e mesi quattro di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Il giudizio di Cassazione conferma il secondo grado

Le censure che l’automobilista propone alla S.C. non si confrontano con l’articolato e particolareggiato apparato motivazionale posto alla base delle due conformi sentenze di condanna e propongono una rilettura del materiale probatorio acquisito.

Nel caso in esame, i Giudici veneti non si sono affatto sottratti all’onere motivazionale affermando con argomentazioni congrue e corrette che, per quanto nel tratto di strada in cui si è verificato in sinistro vigesse il limite di velocità di 70 km/h, la presenza lungo la strada di abitazioni e dei relativi varchi, come pure di una pista ciclabile, imponeva alla conducente della Mercedes, che transitava ad una velocità nettamente superiore al limite consentito (91/99 km/h), di tenere una velocità adeguata in modo tale da potersi mettere in condizione, una volta avvistata la ragazzina che in bicicletta attraversava la strada, proveniente da sinistra verso destra, di porre in essere le manovre necessarie per rallentare e, se del caso, di arrestare il veicolo.

La tesi del giudice di secondo grado

Ciò che è necessario, ai fini della correttezza dell’apparato decisionale, è che il Giudice dia congrua ragione della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulla tesi che ha disatteso (Cass. n. 55005 del 10/11/2017).

Ancora, è stato ripetutamente sostenuto che, in virtù del principio del libero convincimento del Giudice e di insussistenza di una prova legale o di una graduazione delle prove, egli ha la possibilità di scegliere fra varie tesi, prospettate da differenti periti, di ufficio e consulenti di parte, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita delle ragioni del suo dissenso, o della scelta operata e dimostri di essersi soffermato sulle tesi che ha ritenuto di disattendere e confuti in modo specifico le deduzioni contrarie delle parti, sicché, ove una simile valutazione sia stata effettuata in maniera congrua in sede di merito, è inibito alla Corte di Cassazione di procedere ad una differente valutazione, poiché si è in presenza di un accertamento in fatto come tale insindacabile.

La velocità sostenuta dell’automobile

Nel caso in esame, prima il Tribunale e poi la Corte veneta, dopo aver proceduto all’esame della CTU dal Pubblico Ministero, che ha concluso nel senso che la velocità tenuta dall’autovettura prima di giungere al punto di impatto, era pari a 91-99 km/h, ha valutato anche la CTP dell’imputata, che ha sostenuto che la velocità nel tratto di strada precedente era pari a 75 km/h e che, comunque, l’ostacolo rappresentato dalla minore in bicicletta poteva essere percepito dal guidatore solo pochissimi istanti prima dell’urto e, dunque, non era evitabile.

Ebbene, anche a voler accogliere la quantificazione della velocità della vettura proposta dal CTP della donna, per quanto la zona fosse fuori dal centro abitato, la presenza di abitazioni con accessi diretti alla strada provinciale site lungo il tracciato nonché di una pista ciclabile imponevano all’automobilista di moderare la velocità in considerazione del pericolo rappresentato dalla possibile fuoriuscita dalle proprietà laterali di veicoli e persone.

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In particolare, proprio con riferimento al rispetto dei limiti di velocità, l’obbligo di moderare adeguatamente la velocità, in relazione alle caratteristiche del veicolo ed alle condizioni ambientali, va inteso nel senso che il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni situazione, tenendo altresì conto di eventuali imprudenze altrui, purché ragionevolmente prevedibili (Corte di Cassazione, quarta penale, sentenza 23 gennaio 2025, n. 2761).

Avv. Emanuela Foligno

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