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le priorità sul palco di Agrifood Forum 2025


Il 1° panel di Agrifood Forum 2025, l’evento di Rinnovabili dedicato all’agricoltura sostenibile, ha toccato le sfide attuali del settore, fra crisi climatica e obiettivi di transizione ecologica, e le strategie concrete da mettere in campo

Oggi stiamo assistendo a una “nuova rivoluzione” dell’agricoltura. Andiamo verso un nuovo modello produttivo agricolo dopo la meccanizzazione, la chimica, la genetica. È l’orizzonte definito dalla rivoluzione digitale, le cui mille direttrici hanno come minimo comun denominatore “l’avere un impatto minimo sull’ambiente”. La ricetta, questa, per dare un “futuro sostenibile” al settore agricolo.

E’ il senso, attualissimo, del rapporto tra agricoltura sostenibile e ambiente, indicato dal vicepresidente di Confagricoltura, Sandro Gambuzza, aprendo il 1° panel di Agrifood Forum 2025.

Come affrontare le sfide attuali senza compromettere competitività e qualità? Quali strategie concrete mettere in campo?Quali sono le priorità per accelerare l’innovazione erafforzare la cooperazione, superando logiche di conflitto?

Parte da questi interrogativi “Agricoltura vs. Ambiente: causa del problema o parte della soluzione?”, la 4° edizione di AgriFood Forum 2025 (AFF2025), l’evento dedicato all’agricoltura e all’alimentazione sostenibili organizzato dalla media company Rinnovabili, in collaborazione con Confagricoltura e con il patrocinio di RSE (Ricerca sul Sistema Energetico), PRIMA (Partnership for Research and Innovation in the Mediterranean Area), Symbola ed Earth Day Italia.

Agricoltura e ambiente, dialogo o conflitto?

Il settore agroalimentare è “un pilastro dell’economia italiana”, sottolinea Mauro Spagnolo, direttore di Rinnovabili introducendo i lavori, moderati dal giornalista Marco Frittella. I numeri parlano chiaro: un fatturato di 586,9 miliardi di euro e un valore aggiunto di 335 miliardi, pari al 19% del PIL. Con 3,7 milioni di addetti, rappresenta la 1° filiera per contributo all’economia nazionale.

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Tuttavia, il comparto ha anche un forte impatto ambientale e influenza biodiversità, suolo, risorse idriche e inquinamento. L’intensificarsi degli eventi meteo estremi aggrava il rapporto tra agricoltura e clima, rendendo urgente un cambio di paradigma. Nel 2024 il valore assicurato delle produzioni agricole ha raggiunto una cifra record, 10 miliardi per 65mila aziende italiane.

“Tra siccità e alluvioni, gli agricoltori si trovano ogni giorno in trincea contro i cambiamenti climatici, e lo pagano duramente in termini economici”, rimarca Spagnolo. Le tensioni tra ambiente e agricoltura, emerse negli ultimi anni soprattutto a livello normativo, sono dunque una falsa contrapposizione da superare con “più dialogo”.

Mettere in campo le energie per la transizione

Che agricoltura e transizione possano rafforzarsi a vicenda invece di scontrarsi, è una realtà che ogni giorno abbiamo davanti agli occhi. Basta pensare all’intreccio tra produzione di cibo e produzione di energia per contribuire agli obiettivi di decarbonizzazione italiani. E a come è stato declinato negli ultimi anni in Italia, anche e soprattutto attraverso un costante lavoro di aggiornamento della normativa.

“Siamo a 3.500 MW di energia generata da fonti rinnovabili da parte del settore agricolo”, ricorda Sandro Gambuzza, vicepresidente di Confagricoltura, ricordando il ruolo anche pionieristico delle aziende agricole in questo campo. Ad esempio, con riferimento al biogas.

Cibo ed energia non sono, o comunque non dovrebbero essere, in conflitto, perché vanno inquadrati come i due asset strategici di qualunque paese, continua. “Il settore agricolo è parte essenziale della sicurezza alimentare del nostro paese, ma diamo contrbuto importante alla produzione da FER, che sono il motore di qualunque sviluppo economico del paese”, ragiona Gambuzza.

Da questo punto di vista, per Confagricoltura i risultati ottenuti finora in Italia sono buoni. Dall’”ottimo risultato” dei bandi del Parco Agrisolare al “buon successo” del bando sull’agrivoltaico. Che, anzi, andrebbe potenziato. “Speriamo che si possa aprire un altro bando su questa misura, eventualmente aumentando le risorse disponibili”, suggerisce Gambuzza.

Anche altri strumenti innovativi, come le comunità energetiche rinnovabili, stanno incrociando in modo virtuoso il percorso di transizione dell’agricoltura sostenibile. A febbraio partirà la prima CER agricola d’Italia, progetto targato Confaricoltura, che sarà “su scala nazionale” e metterà in rete “le nostre imprese agricole dalla Val d’Aosta fino alla Sicilia”.

Altri temi restano nel radar normativo e, se affrontati, potrebbero dare nuovo impulso. A partire dai terreni marginali, su cui “una riflessione andrebbe fatta” perché “oggi non hanno uno sfruttamento e non sottraggono terreno agricolo alla produzione”, conclude il numero 2 di Confagricoltura.

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Priorità per un’agricoltura sostenibile

Quello energetico è solo uno dei capitoli del rapporto tra agricoltura sostenibile e transizione ecologica. Altrettanti sforzi normativi sono diretti all’impatto del clima sulle attività agricole, e di queste ultime sul territorio e sulle risorse che offre. In Italia abbiamo adottato da poco più di 1 anno il Piano Nazionale di Adattamento al Cambiamento Climatico (PNACC), che dà indicazioni in questo senso.

Ma molto resta da fare. Soprattutto sul versante della risorsa idrica. Come gli ultimi anni di siccità estrema hanno fatto emergere, il Belpaese è sempre più esposto a crisi dell’acqua, e l’agricoltura si trova in prima linea.

Le priorità? Un bilancio idrico, una stima delle esigenze in termini di infrastrutture, supporto all’innovazione delle pratiche agricole per ridurre i consumi di risorse, e una legge sul consumo di suolo. Le articola Marco Casini, segretario generale dell’Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino Centrale (AUBAC).

Il 1° tassello dev’essere la capacità di standere un bilancio idrico. Se sull’energia riusciamo a fare i conti, sull’acqua i conti non tornano. Non conosciamo le concessioni, lo stock di acqua per ciascuna concessione. Serve un quadro climatico certo – quanta acqua cade e dove finisce – ma anche l’uso attuale che ne facciamo”, spiega Casini.

Sulla base dei numeri del bilancio è possibile, in seconda battuta, calcolare le esigenze infrastrutturali e calibrare interventi e priorità. In parte, specifica Casini, è un’attività che “facciamo già con il PNIISSI”, il Piano nazionale di interventi infrastrutturali e per la sicurezza del settore idrico. Ma è un esercizio sempre più indispensabile visto che il clima più caldo significa che l’agricoltura ha più bisogno d’acqua.

“L’acqua va trasportata dove serve, e ci sono perdite eccessive (il 42% la media in Italia), siamo indietro su acque reflue e sugli invasi. Abbiamo oltre 500 dighe, molte di più di 50 anni fa, non tutte pienamente in uso: c’è bisogno di nuovi serbatoi più piccoli”, dettaglia il dirigente di AUBAC.

Se, poi, non si può prescindere dall’innovazione tecnologica dell’agricoltura sostenibile 4.0 per ridurre il consumo di risorse, altrettanto importante è definire una legge sul consumo di suolo. Sul tema arriverà presto l’input da parte dell’UE, con una direttiva dedicata.

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Agrifood Forum 2025, una bussola per la sostenibilità in agricoltura

Se la priorità è accompagnare la transizione con il necessario sviluppo della normativa, è altrettanto importante riflettere sull’approccio che deve innervare l’intero percorso. Proprio perché è con un approccio intimamente non conflittuale che si può superare la tensione tra agricoltura e ambiente.

La bussola di questo processo dovrebbe essere “rispettare l’ambiente mettendo al centro l’uomo”, suggerisce Padre Enzo Fortunato, direttore della Comunicazione della Basilica di San Pietro. I termini dell’equazione possono cambiare, l’equilibrio generale non più di tanto, argomenta, ricordando l’impostazione di Hans Carl von Carlowitz, padre della parola “sostenibilità”, che per gestire il patrimonio forestale della Sassonia del 17° secolo suggeriva di chiedersi quanti alberi devo tagliare senza mettere a repentaglio la foresta e andando incontro alle esigenze di provigione delle persone?”.

Si possono definire in modo diverso i due piatti della bilancia, per mettere in luce aspetti differenti, ma la necessità di mantenere l’equilibrio resta. Pierluigi Sassi, presidente di Earth Day Italia, parla di un “diritto dell’agricoltura ad impattare sull’ambiente e usare le risorse del Pianeta”, contemperato dal tema della cura dell’ambiente: “chi lavora la terra è il primo interessato a che sia sana”. In questo senso, la tecnologia è fondamentale per molte ragioni. Non ultima, perché abilita un approccio Farm-to-Fork “tramite la tracciabilità permessa dalla digitalizzazione dell’intero processo produttivo”.

E se ci vogliamo adattare ai cambiamenti climatici, in un paese prevalentemente montuoso e quindi fragile come l’Italia, l’agricoltura ha le carte in regola per essere parte della soluzione. Circa ¾ delle aree montane e alto collinari (che rappresentano il 66% dell’Italia) sono “bosco in espansione a causa di abbandono della terra”, ricorda Fabio Renzi, segretario generale di Fondazione Symbola. “Noi sappiamo che il territorio abbandonato è ancora più fragile. Lo dice chiaramente anche la relazione sulla prima alluvione in Emilia-Romagna”, ricorda Renzi.

Il tema, quindi, è quello del “neopopolamento” delle aree abbandonate. “Per fare le politiche di adattamento alla crisi climatica, serve che qualcuno lo faccia restando sul territorio”, conclude Renzi.



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