solo atto dovuto. Avvisi di garanzia a Nordio, Piantedosi e Mantovano

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Il volto tirato, l’irritazione nella voce e un pezzo di carta mostrato a favor di telecamera. A Giorgia Meloni bastano due minuti e 18 secondi per annunciare via social quella che con una nota di sarcasmo definisce «la notizia di oggi»: «Il procuratore della Repubblica Francesco Lo Voi, lo stesso del fallimentare processo a Matteo Salvini per sequestro di persona, mi ha appena inviato un avviso di garanzia per i reati di favoreggiamento e peculato in relazione alla vicenda del rimpatrio del cittadino Almasri». Avviso di garanzia che, aggiunge la premier ripiegando in quattro il foglio su cui sono riportate le accuse, «è stato inviato anche ai ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi, e al sottosegretario Alfredo Mantovano».

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«A TESTA ALTA»

Quattro membri del governo sono dunque indagati dalla procura di Roma. Compresa la presidente del Consiglio, che promette di voler andare «avanti a testa alta, senza paura» e avverte: «Vale oggi quello che valeva ieri: non sono ricattabile e non mi faccio intimidire». E l’effetto è dirompente. Con le opposizioni che chiedono a Meloni e al governo di riferire in aula sul caso del comandante libico, accusato di essere un torturatore dalla Corte dell’Aja, arrestato e poi scarcerato a Torino e infine rimandato a Tripoli su un volo dei servizi di sicurezza italiani (vicenda sulla quale proprio oggi era prevista un’informativa dell’esecutivo in Parlamento, che però salta tra le proteste). E la maggioranza che, invece, fa quadrato e attacca le toghe. Per Antonio Tajani l’inchiesta suona come «una ripicca per la riforma della giustizia» messa in cantiere dal governo. Per Matteo Salvini invece è «vergogna, vergogna, vergogna», e accusa: «Lo stesso procuratore che mi accusò a Palermo ora ci riprova a Roma con il governo di centrodestra».

A poco valgono le precisazioni dell’Anm, secondo cui quanto comunicato dai magistrati costituisce «un atto dovuto»: «La procura di Roma non ha emesso un avviso di garanzia, ma una comunicazione di iscrizione» sul registro degli indagati, «affinché questi – fa sapere il sindacato delle toghe – possano presentare memorie al collegio o chiedere di essere ascoltati». Il clima è pesantissimo. Ed è la stessa premier, nel video messaggio in cui annuncia l’inchiesta, a suggerire che alla base ci sia una motivazione politica. La guerra delle toghe. Tutto sarebbe nato, spiega Meloni, «al seguito di una denuncia che è stata presentata dall’avvocato Luigi Li Gotti, ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi conosciuto per avere difeso pentiti del calibro di Buscetta, Brusca e altri mafiosi», è l’accusa. Atti che ora verranno trasmessi al Tribunale dei ministri. Che avrà 90 giorni per svolgere le indagini, coi poteri requirenti tipici della magistratura. E, al termine, potrà chiedere l’archiviazione o trasmettere gli atti di nuovo alla procura, affinché chieda l’autorizzazione a procedere alle Camere di appartenenza.

Per Meloni quella dei magistrati somiglia a una sfida. Ecco perché la premier avverte di «non essere ricattabile» e di «non farsi intimidire»: «È possibile – sferza – che per questo sia invisa a chi non vuole che l’Italia cambi e diventi migliore. Ma anche e soprattutto per questo intendo andare avanti per la mia strada a difesa degli italiani, soprattutto quando è in gioco la sicurezza della nazione». Prima però ripercorre la vicenda di Almasri, oggetto secondo il governo di errori da parte dell’Aia: «La Corte penale internazionale dopo mesi di riflessione emette un mandato di arresto internazionale nei confronti del capo della polizia giudiziaria di Tripoli, curiosamente proprio quando questa persona stava per entrare sul territorio italiano. Dopo che per 12 giorni – sottolinea – aveva serenamente soggiornato in altri tre Stati europei». Poi ribadisce la spiegazione già fornita dal governo: «La richiesta di arresto della Procura della Cpi non è stata trasmessa al ministero italiano della Giustizia, come invece è previsto dalla legge, e per questo la Corte di Appello di Roma decide di non procedere alla sua convalida». Di qui la decisione, piuttosto che lasciarlo libero sul territorio italiano», di «espellerlo e rimpatriarlo immediatamente per ragioni di sicurezza, con un volo apposito, come avviene in altri casi analoghi».

LE REAZIONI

Ed è tutto il centrodestra, come detto, a fare quadrato su questa linea. «Oltre due anni fa parlai di opposizione giudiziaria come maggior avversario politico di questo governo», ricorda il titolare della Difesa Guido Crosetto. Ma – assicura da FdI Giovanni Donzelli – «non ci faremo intimidire, faremo la riforma della giustizia». È una batteria di dichiarazioni di guerra, o quasi. A cui si aggiunge quella di Barbara Berlusconi, la figlia del Cav il cui pensiero va «all’avviso di garanzia che ricevette mio padre mentre presiedeva il G7 a Napoli», dice il Tg1. «Non so se si tratti, come la definiva lui, di giustizia a orologeria, ma il sospetto è legittimo». Mentre le opposizioni vergano una nota di fuoco, firmata da tutti i capigruppo di minoranza di Camera e Senato, definendo «grave e inaudita» la scelta di annullare l’informativa prevista per oggi sul caso Almasri.

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Intanto però a esprimere dubbi sull’indagine sono anche gli avvocati. Dal presidente dell’Unione delle camere penali Francesco Petrelli, che parla di «preoccupazione» per l’inchiesta «in un momento in cui è già altissima la tensione fra politica e magistratura», fino a quello delle camere penali internazionali Alexandro Maria Tirelli: « È inaccettabile – afferma – che la magistratura continui a interferire con le prerogative di indirizzo politico, che sono di esclusiva competenza del governo democraticamente eletto ignorando la ragion di Stato».

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