Giovani di seconda generazione a Lecco: sfide, identità e sogni di futuro

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A Lecco cresce una nuova generazione di giovani nati in Italia ma di origine straniera, che ha aspirazioni simili a quelle dei giovani di origine italiana ma si sente poco riconosciuta e a cui va stretto l’essere rappresentati solo come stranieri o “figli degli immigrati”. Emerge da una ricerca sui giovani di “seconda generazione” a Lecco sostenuta da Fondazione di Comunità Lecchese, con capofila Consorzio Consolida e promossa da Ambito Territoriale di Lecco, Ufficio scolastico, Consulta degli Studenti, Casa sul Pozzo Associazione Les Cultures e altre reti lecchesi. L’indagine ha coinvolto 2.082 studenti (di cui 574 di origine straniera) tra 14 e 20 anni di licei, istituti professionali e tecnici, Centri di Formazione Professionale, intervistati tramite questionario, con 21 interviste in profondità ad altrettanti ragazzi di “seconda generazione” e ad un campione di 15 personalità di istituzioni, scuole e società civile.

Giovani di seconda generazione a Lecco: sfide, identità e sogni di futuro

Quanti sono dunque i giovani di seconda generazione a Lecco? Secondo Istat nella nostra provincia al 1° gennaio 2022 (ultimo aggiornamento disponibile) su 36.692 residenti con origini straniere, 10.702 (29,2 %) erano nuovi cittadini italiani e 7.279 (19,8 %) nati in Italia: dunque ben 15.122 (il 42 % del totale) residenti pur avendo background migratorio, erano “nuovi italiani” per legge o per nascita. A quella data i giovani di seconda generazione erano 8.886, l’88 % minori, l’82 % nati in Italia e il 41,3 % con cittadinanza italiana.

 

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Ma come vivono il tema della cittadinanza le seconde generazioni lecchesi? Sono molto fieri delle loro origini non italiane (84 %) e per l’86% hanno mantenuto lingua e tradizioni d’origine, mentre il 64,3 % di loro si sente italiano, percentuale che sale al 71,2% tra chi è nato in Italia: anche il 48% di chi ha cittadinanza straniera si sente italiano. Oltre la metà di loro (54,5 %) unisce identità italiana a fierezza per le radici straniere, con una forbice tra i nati in Italia che per il 63,1 % si sentono “pontieri” tra Italia e paese di origine e il 60 % dei ragazzi arrivati da adolescenti (13-17 anni) che invece coltivano le proprie radici non sentendosi italiani. L’indagine mostra anche che il 67,2 % dei ragazzi di origine straniera è convinta che la cittadinanza italiana pur importante non basti a sentirsi italiani, seguiti in questo dal 52,3 % dei loro coetanei italiani.

 

Per questi giovani la religione riveste maggiore importanza rispetto ai coetanei italiani: la definisce molto importante il 43 % dei primi contro il 10 % dei ragazzi italiani, un dato che cresce molto tra i ragazzi di fede islamica. Insomma una quota crescente di giovani si sente italiana, ma con caratteristiche nuove arricchendo il significato di cittadinanza.

 

Sentirsi discriminati

Nei giovani lecchesi si riscontra una diffusa percezione di discriminazione e mancato riconoscimento: il 67,9 % dei giovani con entrambi i genitori di origine straniera è convinta che “in Italia il colore della pelle conti” (cioè che l’Italia sia un paese razzista), il 74,3 % che i “giovani di origine straniera hanno minori possibilità di accedere a lavori qualificati”, il 78,6 % che “gli stranieri in Italia sono sfavoriti”, mentre il 72,1 % è convinta che “gli italiani si sentono superiori agli stranieri”: sono opinioni condivise, anche se con minore intensità, dai loro coetanei italiani. Emerge una realtà non facile sul piano delle esperienze di discriminazione: il 38,3 % dei giovani con background migratorio riporta di essere vittima di bullismo, spesso o qualche volta (31 % per i coetanei italiani), il 50,2 % di subire violenza verbale (43 % italiani), una situazione più acuta tra le ragazze. L’ambito è soprattutto quello dei compagni di classe segnalato dal 50,9 %. Colpiscono le motivazioni: i ragazzi con origine straniera segnalano soprattutto il paese di origine dei genitori (29,2 %), il colore della pelle (27,1 %) e il nome e cognome (24,4 %), ovvero i marcatori dell’origine. Un segnale confortante viene invece dall’accordo tra giovani italiani e stranieri sull’idea che “la diversità etnica, culturale e religiosa è una ricchezza”, condivisa dal 70 % dei giovani italiani e dal 75 % dei giovani con background migratorio: segno di un cambiamento generazionale in atto.

Il futuro

Un dato che fa riflettere è che il 51,7 % dei giovani di origine straniera in futuro voglia lasciare l’Italia, per spostarsi in una nazione che dia più opportunità (43,3 %) oppure per tornare al paese di origine (8,4 %): solo il 10,8 % si pensa a Lecco, mentre anche il 28,6 % dei coetanei italiani si vede in un altro paese. 

 

La ricerca conferma che la scuola rappresenta l’ambito più strategico per l’integrazione, con una situazione che associa difficoltà a passi in avanti. La presenza a scuola è molto cresciuta e oggi sono 5.538 gli studenti stranieri nelle scuole lecchesi, +87,6 % rispetto al 2005. Anche se in diminuzione, rimane la canalizzazione verso rami scolastici meno prestigiosi, con solo il 16,2% degli studenti stranieri che scelgono i licei contro il 51 % degli studenti italiani. Persistono difficoltà sui risultati scolastici con il 29,9% di ragazzi di origine straniera che hanno avuto bocciature contro il 15,1% dei coetanei di origine italiana, anche se la situazione migliora tra chi è nato in Italia e tra le ragazze. Anche la probabilità di andare all’università per gli studenti con background migratorio è più bassa: il 16,8 % di loro risponde che sicuramente proseguirà all’università contro il 29,5 % dei coetanei italiani, anche se un ulteriore 31 % dei giovani stranieri “spera comunque di proseguire” dopo il diploma. Pesano minori risorse economiche per le famiglie straniere, con il 30 % dei ragazzi che indica un costo eccessivo degli studi universitari per la famiglia contro il 19,8 % dei ragazzi italiani. Dalle interviste raccolte, emergono anche molti casi di famiglie che sostengono gli sforzi dei figli e di avanguardie di giovani che provano a rompere il “soffitto di cristallo” di una integrazione subalterna, puntano a percorsi formativi di qualità e aspirano a superare le difficoltà, magari a partire da risorse come la conoscenza di più lingue (il 67% parla correntemente due o più lingue): tra i giovani intervistati è identificabile un 30 % circa di nati in Italia che vede buone opportunità di crescita e non percepisce particolari discriminazioni. La volontà di emergere è forte soprattutto tra le ragazze, che hanno meno insuccessi educativi e una quota più alta di avvii all’università, il 24,3 % vicino al dato dei coetanei italiani. Dalle storie di vita raccolte emerge anche il ruolo, importante nel rafforzare i successi educativi, svolto dalle reti associative e da adulti significativi come gli insegnanti, il cui ruolo è fondamentale nel sostenere la voglia di riscatto sociale dei giovani. Sottolineata in molte interviste è anche l’importanza della mediazione e del dialogo tra scuola e famiglie. 

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Il lavoro

La transizione tra scuola e lavoro è un altro aspetto su cui i dati mostrano una condizione generazionale complessa: il 43,2 % sia italiani che stranieri abbandonerebbe gli studi a fronte di una offerta di lavoro di qualità, percentuale che sale al 56 % tra i giovani maschi di origine straniera. Il 76 % degli intervistati aspira ad una professione superiore a quella dei genitori, quota che arriva all’81 % tra i giovani di seconda generazione. Sulle aspettative verso il lavoro, conta il percorso formativo che i ragazzi intraprendono: oltre il 40 % dei giovani intervistati che frequenta scuole professionali punta ad un lavoro manuale, mentre il 37 % che frequenta i licei guarda a lavori di prestigio, professionali, manageriali. Se i giovani di origine straniera condividono le medesime aspirazioni degli italiani, in famiglia trovano meno risorse per sostenerle: se l’81 % dei giovani di origine straniera dichiara una condizione economica delle proprie famiglie che negli ultimi anni è migliorata, il 36,5 % dei genitori ha titoli di studio bassi, il 44 % è impiegata in lavori a bassa qualificazione e retribuzione e quasi il 40 per cento delle famiglie migranti è monoreddito: una condizione di potenziale fragilità, confermata anche dal dato dei ragazzi non in formazione né al lavoro (NEET) che nell’area lariana (CO+LC) tra i giovani con background migratorio è doppio (18%) rispetto ai coetanei italiani (9%). 

La ricerca è stata il frutto di una rete nata informalmente e poi sostenuta da scuole, associazioni e terzo settore, l’evento di presentazione rappresenta la prima tappa di un percorso comunitario di riflessione e sensibilizzazione sul tema delle nuove generazioni.



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