Quelle viti millenarie a piede franco – Di Giuseppe Casagrande

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Il prof. Fregoni nel volume «L’importanza di essere franco» ha lanciato la proposta di iscrivere queste viti nei siti Unesco del patrimonio culturale dell’Umanità

Il prof. Mario Fregoni, titolare della cattedra di viticoltura, Università di Piacenza.

Sono conosciuti, in Italia e nel mondo, con il titolo di «patriarchi» del pianeta vino.
La loro storia risale a ottomila anni fa. Sono le viti franche di piede, non maritate con i portinnesti provenienti dal Nuovo Mondo e sopravvissute al flagello della fillossera che nella seconda metà dell’Ottocento decimò la viticoltura del Vecchio Continente.
Viti che si salvarono grazie ai terreni sabbiosi, vulcanici o in alta quota, insomma nei luoghi dove il parassita presente nelle viti americane non riesce a riprodursi.
Oggi queste pluricentenarie viti prefillossera sono presenti in numerosi paesi: Italia, Francia, Svizzera, Portogallo, Spagna, Turchia, Russia, Cile, Australia, solo per fare qualche esempio.

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Le viti centenarie del vitigno Enantio della Cantina Roeno a Brentino Belluno (foto Martina Centa).
 
 Queste viti millenarie meritano il riconoscimento dell’Unesco 

Alle viti franche di piede Gianpaolo Girardi e Marta De Toni hanno dedicato un bellissimo volume dal titolo suggestivo: «L’importanza di essere franco». Edito da Proposta Vini con il patrocinio della Biblioteca internazionale La Vigna del mitico Demetrio Zaccaria, sarà presentato venerdì prossimo 31 gennaio a Vicenza nella sede del Centro di Cultura e della Civiltà Contadina. Nel monumentale volume, che si avvale dei preziosi contributi del prof. Mario Fregoni, titolare della cattedra di viticoltura all’Università di Piacenza, del ricercatore Diego Tomasi e del giornalista Domenico Liggeri, il prof. Fregoni ha lanciato la proposta di iscrivere le viti a piede franco nel registro dei siti Unesco come patrimonio culturale dell’umanità.

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Lorenzo Bongiovanni tra le viti ultracentenarie di Enantio a Sabbionara d’Avio.
 
 Storia, tradizioni, biodiverità, un patrimonio vitivinicolo straordinario 

Il progetto, ambizioso, che unisce storia, tradizioni, biodiversità e valorizzazione enologica, si propone di certificare e far conoscere a livello globale l’unicità di questo straordinario patrimonio. Se ne è parlato nei giorni scorsi anche a Napoli.
Il convegno, primo in Italia, ha riunito produttori, ricercatori, enologi e sommelier provenienti da diversi Paesi (Francia, Spagna, Svizzera, Grecia, Turchia, Argentina) e da numerose regioni italiane: Trentino, Valle d’Aosta, Lazio, Basilicata, Campania, Sardegna.
L’evento è stato organizzato dal Comitato Italiano per la Tutela del «Piede Franco», presieduto da Silvano Ceolin, e coordinato dalla vicepresidente Adele Munaretto, in collaborazione con l’associazione francese «Francs de Pied» presieduta da Loïs Pasquet.

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Le viti centenarie di Groppello dell’Azienda El Zeremia a Revò (Val di Non).
 
 L’Enantio, presidio Slow Food, e la passerella al principato di Monaco 

Avevamo conosciuto l’associazione francese «Francs de Pied» a Montecarlo in occasione dell’evento patrocinato dal principe Alberto II di Monaco, da sempre appassionato sostenitore dei vini a piede franco e degli «eroici» vignaioli che con tenacia tutelano questo straordinario patrimonio vitivinicolo (vedi il servizio pubblicato da «L’Adigetto» il 15 novembre 2024. Titolo: Enantio superstar a Montecarlo).
Alla serata era presente, unico vino italiano, l’Enantio Riserva 1865 Prefillossera della Cantina Roeno di Brentino Belluno, una delle tre aziende che hanno aderito al Presidio Slow Food Enantio a piede franco. Le altre due aziende sono: Vallarom di Filippo Scienza (Masi d’Avio) e Lorenzo Bongiovanni (Sabbionara d’Avio).
Plinio Il Vecchio nella «Naturalis Historia» citava l’Enantio con queste parole: «La brusca hoc est vite silvestris, quod vocatur oenanthium» (l’uva labrusca è la vite selvatica chiamata enantio).

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Una vite pluricentenaria a piede franco protetta dai muretti a secco.
 
 Il censimento delle viti a piede franco e degli alberelli in Sardegna 

La Sardegna – ha evidenziato Mariano Murru, presidente Assoenologi Sardegna e delegato del Comitato per la Tutela del Piede Franco – è tra le regioni di maggior rilievo, sia in Italia che in Europa, con una superficie vitata stimata in oltre 430 ettari.
Tra i territori più rappresentativi, l’isola di Sant’Antioco, il Sulcis e la zona di Badesi.
 
«Queste viti, coltivate ad alberello su terreni sabbiosi, vulcanici o ad altitudini elevate – ha aggiunto Murru – sono state in grado di resistere al flagello della fillossera, l’insetto che nella seconda metà dell’Ottocento devastò la maggior parte dei vigneti europei. La Sardegna sta portando avanti un importante lavoro di censimento delle viti a piede franco, grazie a Laore Sardegna, l’Agenzia regionale per l’attuazione dei programmi in campo agricolo e per lo sviluppo rurale, e all’Università di Sassari, che fornirà una mappa dettagliata di questi preziosi vigneti, confermandola tra le prime regioni in Italia ad aver svolto questo prezioso lavoro.»
 
«Il riconoscimento Unesco – ha concluso Erica Verona, rappresentante della comunità del Carignano a piede franco di Sant’Antioco – potrà portare grandi benefici a produttori, comunità, ambiente e paesaggio.»

In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande – [email protected]

Tommaso Martini e Valerie Ganio (Slow Food), Lorenzo Bongiovanni, Filippo Scienza, Cristina Fugatti.
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