Biomedicale, dopo lo scontro sui versamenti Viale Aldo Moro ha stabilito di prorogare al 31 dicembre la scadenza degli avvisi di pagamento sui dispositivi medici
Il biomedicale può tirare un sospiro di sollievo, almeno fino a fine anno, sperando che, nel frattempo, si riesca a trovare una soluzione sui milioni in ballo del payback sanitario. La Regione, infatti, ha stabilito di prorogare al 31 dicembre la scadenza degli avvisi di pagamento sui dispositivi medici, con la possibilità di rateizzazione. E annuncia l’attivazione immediata di un tavolo tecnico permanente con le rappresentanze del biomedicale. Si è concluso così, quindi, il vertice dopo lo scontro con le imprese del settore, pronte a fare ricorso contro la richiesta di pagamento entro 30 giorni avanzata nei giorni scorsi da viale Aldo Moro.
L’incontro con le associazioni di categoria
La discussione, come fa sapere la Regione, sarà portata dal vicepresidente con delega allo Sviluppo economico Vincenzo Colla e dall’assessore alla Sanità Massimo Fabi, nelle rispettive commissioni della Conferenza delle Regioni, «così da proseguire la pressione di istituzioni e imprese sul Governo affinché venga abrogato il meccanismo che mette in difficoltà e nell’incertezza una filiera strategica per l’economia regionale e nazionale», recita la nota della Regione che ieri, giovedì 30 gennaio, ha incontrato i vertici di tutte le associazioni di categoria che hanno condiviso le decisioni. Tanto che è previsto un incontro nel distretto biomedicale di Mirandola di tutti i soggetti coinvolti. All’orizzonte, il prossimo 11 febbraio è prevista la prima udienza di merito del Tar del Lazio. La Regione, «per non infrangere i termini di legge», nei giorni scorsi, «quale atto dovuto» ha inviato alle imprese emiliano-romagnole la richiesta di pagamento del payback sui dispositivi medici. «Abbiamo portato al centro del dibattito una norma che, comunque la si consideri, rischia di creare gravi problemi sia al sistema pubblico che a quello privato», ribadiscono Fabi e Colla.
I numeri del comparto
«Continueremo a batterci per una revisione del meccanismo e insieme alle imprese del settore e alle loro rappresentanze proseguirà la pressione della Regione sul governo per la sua abrogazione. Questo a salvaguardia della tenuta del sistema sanitario nazionale e della tutela della salute delle persone, oltre che per scongiurare situazioni di incertezza e difficoltà delle imprese e per l’intera filiera del biomedicale, strategica per l’Emilia-Romagna e per il Paese». Sono oltre 500 le aziende del comparto in regione, impiegano 14.000 lavoratori e rappresentano circa il 23% del Pil regionale. Le grosse multinazionali medtech insediate in regione sostengono una filiera di centinaia di Pmi locali e 5.000 posti di lavoro. Sul payback, la cifra complessiva in ballo è quella richiesta nel 2022, ad attuazione del decreto Aiuti Bis, uno degli ultimi atti del governo Draghi ma riferito a due leggi precedenti. Il sistema del payback sui dispositivi medici è stato introdotto con una normativa nel 2011, stabilendo un tetto alla spesa pubblica per i dispositivi medici sia a livello sia nazionale che regionale.
Il rischio del danno erariale
Nel caso di sforamento del tetto, le Regioni dovevano coprire i costi in eccesso. Nel 2015, con una modifica di legge, è stato previsto che le aziende fornitrici di dispositivi medici partecipassero al ripiano del debito, contribuendo fino al 50%. Questo per il periodo 2015-2018. In sostanza, la normativa del payback stabilisce che ogni Regione recuperi una parte dei pagamenti versati alle aziende produttrici di dispositivi medici nel caso in cui la spesa in campo sanitario superi un determinato tetto. La scorsa estate la Corte Costituzionale l’ha ritenuto legittimo in quanto «contributo di solidarietà», necessario a sostenere il servizio sanitario nazionale. Per questo, spiegano da viale Aldo Moro, l’aut aut per il pagamento è un «atto dovuto», per non rischiare un procedimento alla Corte dei Conti per danno erariale.
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