Sommario: 1. Introduzione. Leggi-provvedimento e garanzie degli artt. 24 e 113 Cost. – 2. Il giudizio di legittimità costituzionale avverso atti legislativi a contenuto provvedimentale. – 3. Una comparazione tra processo amministrativo e giudizio di legittimità costituzionale: quale dei due assicura una maggior tutela nei confronti delle leggi-provvedimento? – 4. Un diverso approccio e un rimedio alternativo…
1.Introduzione. Leggi-provvedimento e garanzie degli artt. 24 e 113 Cost.
Le leggi-provvedimento1 hanno da sempre, infatti, suscitato l’attenzione da parte della giurisprudenza, da un lato, e della dottrina, dall’altro, in ordine alle forme di garanzia e di tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi che si possono far valere nei confronti di queste.
Si tratta di una tematica già affrontata e dibattuta nel passato2 e divenuta oggi di grande attualità, visto il crescente numero di leggi-provvedimento adottate sia dallo Stato, sia dalle Regioni.
Nel nostro odierno ordinamento costituzionale il diritto di azione, come noto enunciato dagli artt. 24 e 113 Cost.3, risulta garantito soltanto se viene assicurata una effettiva accessibilità alle forme di tutela, previste dall’ordinamento stesso, nei confronti di ogni possibile lesione delle varie situazioni giuridiche soggettive, derivanti sia da atti o da comportamenti tra privati, sia da provvedimenti amministrativi o giurisdizionali.
Bisogna però dire che questa effettiva tutela non si ha pienamente nei confronti di atti legislativi che incidono direttamente su situazioni giuridiche soggettive4.
Come è stato notato da alcuni Autori, infatti, gli atti legislativi a carattere provvedimentale mortificherebbero il ruolo giocato dal principio di legalità5. Questo principio, in base al quale viene garantita l’esigenza della giustiziabilità dei provvedimenti amministrativi, verrebbe privato di ogni significato tutte le volte che una legge si sostituisce ad essi. In altre parole, viene meno quella fondamentale distinzione tra la norma, da un lato, e il provvedimento, dall’altro, che consente la raffrontabilità, in sede giurisdizionale, del secondo alla prima6.
Nonostante queste considerazioni che precedono (e che sono state messe bene in evidenza soprattutto nella lezione crisafulliana), i tentativi iniziali da parte di alcuni giudici7, che lamentavano una violazione dell’art. 113 Cost., affermando che atti amministrativi, per quanto avessero forma di legge, dovevano considerarsi come “atti aventi natura sostanziale amministrativa”, sono stati del tutto vani. Così come a nulla è servito quanto è stato affermato nella celebre sent. dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, la n. 6 del 1952, secondo la quale, il fatto che un atto amministrativo venga rivestito della forma e della forza di legge, non può in alcun modo far venir meno quella tutela, prevista dall’art. 113 Cost., che l’ordinamento giuridico offre a difesa dei diritti e degli interessi legittimi.
La Corte costituzionale, con la sent. n. 60 del 1957, ha – al contrario – affermato che, in quella occasione, non si poteva affatto lamentare una violazione dell’art. 113 Cost., giacché il Governo, nell’emanare quei decreti legislativi, non stava svolgendo una funzione amministrativa, ma stava adottando atti aventi forza di legge. Per la Corte, quindi, ai fini del radicamento della sua competenza a sindacare della legittimità costituzionale degli atti legislativi a carattere provvedimentale, è sufficiente la forma legislativa dell’atto.
Occorre osservare, inoltre, come l’art. 113 Cost. sia stato interpretato dalla Corte costituzionale nel senso che tale disposizione non stabilisce che ogni atto puntuale e concreto, qualunque forma esso abbia, debba essere sindacato con le stesse tutele, previste dall’articolo stesso, degli atti adottati dalla Pubblica Amministrazione8, ma che tale controllo giurisdizionale sia riservato solo ed esclusivamente agli atti della Pubblica Amministrazione, quest’ultima intesa in senso soggettivo (e non in senso lato).
Quanto ritenuto dalla Corte costituzionale, tuttavia, sembrerebbe provocare una lesione dei diritti sanciti dagli artt. 24 e 113 Cost., che, invece, sono finalizzati ad assicurare e garantire una piena tutela dei diritti e degli interessi legittimi, visto che rivestire della forma (e della forza) di legge un provvedimento amministrativo, non consente affatto quel sindacato giurisdizionale “pieno ed effettivo” che la nostra Costituzione affida al giudice amministrativo, ma lascia spazio al giudizio di legittimità costituzionale.
Nell’interpretare l’art. 113 Cost., tra l’altro, la Corte non tiene conto – come, invece, dovrebbe essere – di un avverbio che colpisce subito all’occhio: si tratta dell’avverbio sempre. L’articolo, infatti, recita testualmente che “Contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa”. Ebbene, l’impiego di questo avverbio da parte del Costituente dovrebbe indurre a una ulteriore riflessione. Se è sempre ammessa una tutela giurisdizionale piena ed effettiva, ciò dovrebbe valere per tutti gli atti o provvedimenti amministrativi a prescindere dalla forma esteriore che essi rivestono. Pertanto, affermare che avverso atti sostanzialmente amministrativi, ma formalmente legislativi, non sia possibile esperire un rimedio giurisdizionale che assicura una effettiva tutela dei diritti e degli interessi legittimi, significherebbe privare di ogni contenuto il più generale art. 24 Cost., con il serio pericolo che, per eludere le garanzie giurisdizionali e le forme di tutela sia dei giudici ordinari, sia dei giudici amministrativi, basterebbe ricoprire con la forma e la forza di legge qualsivoglia atto che potrebbe incidere direttamente sui singoli9.
2.Il giudizio di legittimità costituzionale avverso atti legislativi a contenuto provvedimentale
Per quanto concerne la competenza del giudice costituzionale a sindacare le leggi-provvedimento, la Corte ha, sin dall’inizio10, sostenuto che basta la forma esteriore dell’atto-fonte “legge”, affinché si radichi la sua competenza a sindacarne la legittimità costituzionale. La Corte costituzionale ha, quindi, impiegato un criterio formale per l’identificazione delle fonti del diritto che possono essere oggetto del suo sindacato di legittimità. Con la sent. n. 143 del 1989, infatti, il Giudice delle leggi ha affermato limpidamente che è «manifestazione di un principio costituzionale più generale» quello «secondo il quale regime delle impugnazioni segue la natura giuridica degli atti oggetto di contestazione»11; regime delle impugnazioni che, nel caso delle leggi-provvedimento, si concretizzerà nel sindacato di legittimità costituzionale, ai sensi dell’art. 134 Cost., avendo, per l’appunto, le leggi-provvedimento stesse forma (e forza) di legge. Una volta affermata, di conseguenza, la natura legislativa di queste, ne discende la loro sottoponibilità al giudizio di legittimità costituzionale, nonostante il loro contenuto provvedimentale12.
Venendo ora al grado di tutela offerto dal giudice costituzionale, la Corte costituzionale ha costantemente ribadito che «il diritto di difesa […] non risult[a] annullato, ma verrà a connotarsi secondo il regime tipico dell’atto legislativo adottato, trasferendosi dall’ambito della giustizia amministrativa a quello proprio della giustizia costituzionale»13. La Corte afferma, pertanto, che non vi è alcuna lesione del diritto di difesa, ma si ha solo un passaggio, un «mutamento del regime di tutela giurisdizionale, tutela che dal giudice comune passa alla giustizia costituzionale»14.
Quanto sostenuto dal Giudice delle leggi è stato fatto proprio dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale il trasferimento alla giustizia costituzionale, nei casi di leggi-provvedimento, assicurerebbe – finanche – un controllo «ancor più incisivo di quello giurisdizionale sull’eccesso di potere […] e riconoscer[ebbe] al privato, seppur nella forma indiretta della rimessione della questione da parte del giudice amministrativo, una forma di protezione ed un’occasione di difesa pari a (se non maggiore di) quella offerta dal sindacato giurisdizionale»15.
Quanto affermato dalla Corte costituzionale, sulla asserita equivalenza delle forme di tutela che i singoli riceverebbero dal giudizio di legittimità sulle leggi-provvedimento rispetto al sindacato del giudice amministrativo, però, non convince pienamente. Così come non convince – prim’ancora – che, così statuendo, venga rispettato il principio del giudice naturale precostituito per legge sancito, come noto, dal primo comma dell’art. 25 Cost. Per dimostrare ciò, basta una piccola considerazione e cioè che il giudice naturale degli interessi legittimi – e in determinate circostanze anche dei diritti soggettivi – lesi da atti o comportamenti dell’Amministrazione dovrebbe essere il giudice amministrativo, in ossequio a quanto previsto dall’art. 7 c.p.a., che illustra dettagliatamente che cosa si intende per “giurisdizione amministrativa”. Nell’ipotesi in cui il legislatore adotti una legge-provvedimento, ad es. una legge di approvazione di precedenti atti amministrativi o di sanatoria di quest’ultimi e lo faccia, magari, nel corso di un giudizio già instaurato, l’ambito della tutela dei diritti e degli interessi si trasferirebbe dal giudice amministrativo (giudice originariamente competente a sindacare gli atti che vengono poi recepiti dalla legge) al giudice costituzionale e ciò in base alla consolidata giurisprudenza della Corte. Ebbene, in questo modo verrebbe infranto proprio il principio del giudice naturale precostituito per legge, dal momento che sarebbe la legge (la legge-provvedimento in questo caso) a provocare lo “spostamento” dalla giurisdizione amministrativa a quella costituzionale, mentre l’art. 25, comma 1, Cost. richiede che il giudice sia pre-costituito per legge, e cioè determinato in un momento anteriore alla adozione della legge stessa, e non costituito attraverso la legge medesima.
Nonostante la consolidata giurisprudenza in materia della Corte, va rilevato che nel corso degli anni, vi sono stati, da parte della stessa Consulta, dei cambi di posizione rispetto ai suoi rigidi precedenti. Ad es., con la sent. n. 225 del 199916, la Corte costituzionale ha affermato che è necessario separare le due fasi, quella “amministrativa” da quella propriamente “legislativa”, che compongono il complesso procedimento di adozione di una cd. legge di approvazione, facendo sì che gli eventuali vizi della fase amministrativa di formazione, adozione e modifiche dell’atto amministrativo, non sono né sanati, né, comunque, coperti dall’approvazione con legge17, con conseguente possibile prospettazione di un sindacato di legittimità sugli eventuali vizi del provvedimento amministrativo intervenuti in tale fase da parte del giudice amministrativo.
Sulla stessa lunghezza d’onda, ad es., la Corte costituzionale si è espressa con la sent. n. 2 del 201818.
La Corte, quindi, ha ritenuto, in tali casi, la perdurante sindacabilità, da parte dei giudici amministrativi, di atti amministrativi, nonostante la loro “approvazione” successiva con una legge.
Ma si tratta, come ha chiarito la Corte stessa, di «precedenti isolati»19.
3.Una comparazione tra processo amministrativo e giudizio di legittimità costituzionale: quale dei due assicura una maggior tutela nei confronti delle leggi-provvedimento?
La Corte costituzionale, oltre ad aver affermato la sua competenza a sindacare la legittimità delle leggi-provvedimento, ha ritenuto che il passaggio dalla giustizia amministrativa a quella costituzionale non comporti affatto una riduzione della tutela che quest’ultima può offrire ai soggetti lesi da un atto legislativo a carattere provvedimentale. Al contrario, come alcune pronunce del giudice amministrativo hanno affermato, il sindacato effettuato dal Giudice delle leggi nei confronti delle leggi-provvedimento, ovvero quello sulla ragionevolezza, sarebbe «ancor più incisivo di quello giurisdizionale sull’eccesso di potere»20.
In realtà, quanto affermato dalla Corte costituzionale non sembra corrispondere al vero.
Come attenta dottrina ha messo in luce, infatti, nella maggior parte delle volte, il sindacato sulla ragionevolezza, finisce per essere «un mero annuncio seguito dal nulla»21 e, dunque, non sembra garantire affatto una effettiva tutela giurisdizionale avverso questi atti legislativi.
Asserire, come è stato fatto, l’equipollenza delle forme di tutela offerte, da un lato, dal giudice amministrativo e, dall’altro, dalla Corte costituzionale, non appare del tutto corretto soprattutto se si esaminano le ulteriori differenze che intercorrono tra questi due diversi giudizi.
Se è vero, difatti, che la situazione è migliorata grazie alla possibilità, introdotta nel giudizio costituzionale, di integrare il contraddittorio con la costituzione in giudizio anche dei cointeressati e dei controinteressati22, ciò che non deve essere mai dimenticato è che vi è una profonda differenza sulla natura giuridica di questi due giudizi. La Corte costituzionale, nel sindacare la legittimità costituzionale delle leggi (e degli atti aventi forza di legge), svolge un giudizio di tipo oggettivo23 (o, come si è anche definito, di diritto obiettivo)24. Compito della Corte è, infatti, quello di controllare la conformità della norma oggetto della questione di legittimità costituzionale rispetto alla Costituzione25. Oggetto del sindacato di legittimità costituzionale, pertanto, è la validità di una norma. Si tratta, come evidente, – e non può che esserlo – di un giudizio sull’atto.
Il giudizio amministrativo, invece, si è trasformato, nel tempo, da giudizio sull’atto a giudizio sul rapporto26. La giurisdizione amministrativa si caratterizza oggi per essere una giurisdizione piena volta alla cognizione del rapporto che origina dall’esercizio del potere amministrativo27, tanto è vero che oggi si parla, al riguardo, di un giudizio sulla funzione amministrativa e non più di giudizio sulla mera illegittimità dell’atto impugnato28. Riprova ne è che si è passati da una concezione di interesse legittimo, quale interesse occasionalmente protetto, ad una di interesse legittimo inteso come interesse sostanziale a un bene della vita oggetto di potere amministrativo29.
Questo ha comportato la piena affermazione del carattere soggettivo del giudizio amministrativo30.
Per di più, l’impossibilità per il Giudice delle leggi di sospendere l’efficacia delle leggi, nell’ambito di un giudizio incidentale31, e di adottare altre misure cautelari idonee a tutelare la situazione giuridica del soggetto leso, sono ulteriori indici della minore tutela che il giudice costituzionale può offrire rispetto al giudice amministrativo.
Parimenti l’assenza di una azione risarcitoria degli eventuali danni subìti da tali atti, l’assenza di un sindacato analogo a quello svolto dal giudice amministrativo sull’eccesso di potere e la mancanza sia di un doppio grado di giudizio32, sia di rimedi avverso gli errori giudiziari rappresentano, come è evidente, la minore tutela che il giudice costituzionale può offrire rispetto al giudice amministrativo33.
Va segnalato, inoltre, come il giudizio amministrativo sia ben dotato di mezzi istruttori (soprattutto a seguito della l. n. 205 del 2000 e dell’adozione del c.p.a.) dei quali il giudice amministrativo fa un gran uso, mentre – nonostante l’attuale quadro normativo34 – la Corte costituzionale non sembra fare un largo uso dei mezzi istruttori di cui essa dispone35.
Proprio per porre rimedio ai sopra individuati limiti del giudizio di costituzionalità a garantire una effettiva tutela dei diritti e degli interessi nei confronti delle leggi-provvedimento, una parte della dottrina ha proposto di assimilare, per quanto possibile, il giudizio della Corte costituzionale a quello del giudice amministrativo36, predisponendo un “ricco” armamentario di strumenti che possa permettere una verifica penetrante sulla sussistenza dei presupposti di diritto e sulle circostanze di fatto che hanno portato all’adozione di una legge-provvedimento, delegando – ad es. – al giudice a quo il compito di acquisire il materiale probatorio necessario ai fini della risoluzione del giudizio37.
Malgrado le varie proposte avanzate da questa parte della dottrina e i tentativi della Corte stessa di garantire un controllo più effettivo (e più efficace) sulle leggi-provvedimento, attraverso la “creazione” di sindacato, più o meno stretto, sulla ragionevolezza delle leggi, bisogna concordare con chi sostiene che «per quanti sforzi la Corte possa fare per assimilare il proprio giudizio sulle leggi-provvedimento a quello del giudice amministrativo, la garanzia che essa è in grado di offrire a quelle situazioni è strutturalmente e funzionalmente ben diversa [e inferiore, per chi scrive] da quella che offre il giudice amministrativo»38.
4. Un diverso approccio e un rimedio alternativo…
Alla luce di quanto si è finora detto, pertanto, non appare sostenibile, come però è stato fatto (anche dalla stessa Corte), affermare che la tutela offerta dal giudice costituzionale sia non solo pari, ma addirittura maggiore, rispetto a quella offerta del giudice amministrativo39. Anzi, ci si troverebbe di fronte ad un privilegio del legislatore, ma non certo del cittadino40.
Come si è cercato di dimostrare, le tutele offerte, da un canto, dal giudice amministrativo e, dall’altro, dal giudice costituzionale e la natura dei rispettivi giudizi, rendono imparagonabili, fra loro, tali giudizi. Da quanto si è detto, pertanto, solo il sindacato del giudice amministrativo è davvero effettivo e pieno, mentre quello costituzionale appare molto carente e privo di adeguata tutela per quanto concerne l’ambito delle leggi-provvedimento.
Per ovviare a questo deficit di tutela avverso tali atti, occorrerebbe allora considerare e sindacare questi per la loro natura intrinseca, piuttosto che per la loro veste formale, e – dunque – lasciare che sia il giudice amministrativo a valutare la legittimità o meno dell’atto stesso41. La possibilità di scindere il contenitore dal contenuto di un atto normativo, tra l’altro, non è una novità assoluta. Si pensi a quanto avviene, nell’ordinamento eurounitario, nel caso delle direttive self-executing42, le quali hanno sì la veste esteriore di direttiva – ossia un atto che, di regola, per esplicare i propri effetti ha bisogno dell’intervento delle autorità nazionali per il recepimento – ma, se hanno un contenuto sufficientemente chiaro e preciso, incondizionato, produttivo di diritti e obblighi ed è scaduto il termine di recepimento da parte dello Stato membro, queste sono in grado di produrre effetti diretti nei confronti del medesimo Stato inadempiente (cd. effetti verticali e unidirezionali).
Solo consentendo un sindacato pieno del giudice amministrativo sul contenuto provvedimentale dell’atto legislativo verrebbe rispettato effettivamente ed efficacemente il diritto dei soggetti lesi da una legge-provvedimento di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi sancito dall’art. 24 Cost., il cui contenuto essenziale, fra l’altro, come ha riconosciuto espressamente la Corte costituzionale nelle sentt. n. 18 del 198243 e n. 238 del 201444, costituisce uno dei princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale45. D’altronde se è vero che è la Repubblica ad essere in funzione della persona umana46, e non viceversa, ciò non può non riflettersi anche sul piano della tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi: solo riconoscendo una piena ed effettiva tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive si consente il pieno sviluppo della persona umana, la quale è principio e fondamento del nostro ordinamento costituzionale imperniato sul principio personalista e le sue esplicazioni costituzionali. Ciò varrebbe – si badi – fintantoché la Corte costituzionale, operando un revirement, non riconosca finalmente in capo alle Pubbliche Amministrazioni una vera e propria «riserva di amministrazione»47.
La possibilità di consentire, dunque, al giudice amministrativo di scindere il contenitore (forma di legge) dal contenuto (provvedimento amministrativo) sarebbe temporanea e opererebbe solo fino a quando la Corte non ritenga illegittima l’adozione di leggi-provvedimento da parte del Legislatore (e dell’Esecutivo-legislatore) in virtù dell’esistenza della predetta «riserva di amministrazione».
Conclusivamente la possibilità per il giudice amministrativo di sindacare direttamente il contenuto della legge-provvedimento potrebbe essere considerata una valida soluzione alternativa all’ammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale sollevate in giudizi di mero accertamento avanti al medesimo giudice amministrativo.
ABSTRACT: Il presente contributo, dopo aver analizzato le problematiche relative alle forme di tutela giurisdizionale avverso le leggi-provvedimento, si propone di mettere a confronto il giudizio costituzionale e il processo amministrativo, al fine di verificare se il primo sia in grado di tutelare efficacemente i diritti e gli interessi legittimi dei soggetti lesi come fa il secondo.
After analysing the problems relating to forms of judicial protection against laws and measures, this paper aims to compare constitutional judgment with administrative process, to verify whether the former is able to effectively protect the rights and legitimate interests of those affected, as does the latter.
*La prima parte del titolo richiama volutamente il titolo del celebre titolo dell’articolo di Sidney Sonnino, Torniamo allo Statuto, pubblicato il 1° gennaio 1897 sulla rivista Nuova Antologia.
1 Sulle leggi-provvedimento la letteratura è sterminata. Si v., fra i molti, C. MORTATI, Le leggi provvedimento, Milano, 1968; G.U. RESCIGNO, Rinasce la distinzione-opposizione tra legge in senso formale e legge in senso materiale?, in Giur. cost., 1999; R. DICKMANN, La legge in luogo di provvedimento, in Riv. trim. dir. pubbl., 1999; S. SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, Milano, 2007, e G. ARCONZO, Contributo allo studio della funzione legislativa provvedimentale, Milano, 2013.
Sulla legge-provvedimento e tutela giurisdizionale dei diritti, cfr. F. ZAMMARTINO, Leggi-provvedimento e tutela dei diritti, Napoli, 2023, passim, spec. pp. 103-109.
2 Vi sono stati, infatti, degli Autori che, studiando il fenomeno delle leggi-provvedimento nell’ordinamento liberale, si sono posti il problema di quali fossero i rimedi giurisdizionali idonei a garantire una effettiva tutela delle situazioni giuridiche soggettive. Così, ad es., A. MALGARINI, Della libertà civile nelle costituzioni moderne, in Arch. giur., 1884, pp. 159-160, afferma che «le nostre Corti non fanno alcuna difficoltà a sentenziare che gli atti amministrativi di competenza del Parlamento soggiacciono alla giurisdizione dei tribunali allo stesso effetto e negli stessi limiti che gli atti emanati dall’autorità amministrativa propriamente detta e cioè per la tutela dei diritti civili e politici» ed evidenzia come «colle provvisioni amministrative non si esercita la sovranità. È quindi troppo palese che cotesti atti comenchè posti dal re e dal Parlamento, non possono sfuggire alla giurisdizione dei tribunali». Su tali problematiche si v. anche F. FERRARA, Trattato di diritto civile, I, Roma, 1921, p. 101, sub nt. 1, e S. ROMANO, Saggio di una teoria sulle leggi di approvazione (1898), pubblicato in Scritti minori, Milano, 1950, pp. 49-50.
3 La Corte costituzionale ha interpretato l’art. 113 Cost. come “specificazione” dell’art. 24 Cost. nell’ambito della giustizia amministrativa. Tra le tante v., ad es., la sent. n. 346/1991.
4 Cfr. A.M. SANDULLI, Legge, forza di legge e valore di legge, in Riv. trim. dir. pubbl., 1957, p. 276, e, da ultimo, R. DICKMANN, La legge in luogo di provvedimento, cit., p. 956.
5 Cfr., ex multis, L.R. PERFETTI, Principi costituzionali, istituti del diritto amministrativo ed interpretazione delle norme, in AIPDA, Annuario 2004, Condizioni e limiti della funzione legislativa nella disciplina della pubblica amministrazione, Milano, 2005, p. 63.
6 Sulla distinzione tra il disporre e il provvedere non si può non rinviare a V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, vol. II, Padova, 1978, p. 24.
7 Così, ad es., l’ord. di rimessione della Corte di Appello di Bologna del 13 aprile del 1956.
8 Questa interpretazione dell’art. 113 Cost. si rinviene nella sent. n. 143/1989. In questo senso si v. anche le considerazioni di C. MORTATI, Sui limiti della delegazione legislativa, in Jus, 1952, p. 758, di F. MODUGNO, Poteri (divisione dei), in Nss. dig. it., vol. XIII, Torino, 1966, p. 488, e di E. CHELI, Potere regolamentare e struttura costituzionale, Milano, 1967, pp. 312-313, i quali sostengono che quando il Legislatore si sostituisce all’Amministrazione ciò non comporta affatto una violazione dell’art. 113 Cost., dal momento che la norma in questione si limita a garantire una tutela dei diritti e degli interessi di fronte all’azione delle Pubbliche Amministrazioni e non di altri poteri.
9 Così anche M. DOGLIANI, Il principio di legalità alla conquista del diritto all’ultima parola alla perdita del diritto alla prima, in Dir. pubbl., 2008, p. 11, e G. ARCONZO, Contributo allo studio della funzione legislativa provvedimentale, cit., p. 251.
Va anche considerato che, con la sent. n. 61/1958, la Corte sembrava essere ben consapevole che «la diversità delle garanzie offerte dall’ordinamento nei confronti degli atti amministrativi e degli atti legislativi rendono tutt’altro che irrilevante il fatto che un determinato provvedimento venga adottato nell’una piuttosto che nell’altra forma». Le affermazioni contenute in questa lontana pronuncia, però, sono rimaste un precedente isolato almeno sino alla sent. n. 66/2018, con la quale il Giudice delle leggi, ritornando in parte sui propri passi, ha riaffermato l’esistenza di una sostanziale diversità delle garanzie offerte dall’ordinamento per quanto concerne gli atti amministrativi e gli atti legislativi.
10 A cominciare dalla sent. n. 60/1957, la Corte costituzionale ha sempre rivendicato a sé la giurisdizione anche su atti che sostanzialmente erano da considerarsi amministrativi.
11 Cfr. il punto 2 del Considerato in diritto.
12 Si v., in particolare, Corte cost., sent. n. 59/1957, commentata da P. BARILE, Competenza della Corte costituzionale sulle leggi-provvedimento, in Giur. cost., 1957, p. 677 ss. Più di recente, si v. l’analisi S. SPUNTARELLI, L’amministrazione per legge, cit., p. 124.
13 Cfr., ex multis, Corte cost., sent. n. 62 /1993, sent. n. 85/2013 e sent. n. 231/ 2014.
14 Così Corte cost., sent. n. 20/2012 al punto 5.2 del Considerato in diritto.
15 V., fra le molte, Cons. St., sez. IV, sent. n. 6727 e n. 6734/2004.
16 Questa sentenza è stata duramente criticata dalla dottrina perché avrebbe, insieme con la sent. n. 226 dello stesso anno, prefigurato l’esistenza di una “legge senza valore di legge”. Si v. l’analisi di G.U. RESCIGNO, Rinasce la distinzione-opposizione tra legge in senso formale e legge in senso materiale?, cit., pp. 2019-2020; di A. SIMONCINI, La legge “senza valore” (ovvero, della necessità di un giudizio sulla ragionevolezza delle scelte normative), in Giur. cost., 1999, p. 2036, e di M. CECCHETTI, Il doppio regime giuridico delle leggi regionali di approvazione dei piani territoriali dei parchi: soluzione “problematica” a problemi antichi, in Le Regioni, 1999, p. 1039.
17 Si v. il punto 4 del Considerato in diritto.
18 Oggetto del giudizio di legittimità costituzionale era la l.r. Marche n. 15/2014, con cui si procedeva al distacco della frazione di Marotta dal Comune di Fano e l’incorporazione della stessa nel Comune di Mondolfo.
Su tale pronuncia si v. i commenti di A. CHIAPPETTA, I limiti al sindacato giurisdizionale amministrativo in tema di variazioni territoriali comunali: giudizio costituzionale e controllo sulla legge-provvedimento, in Forum di Quad. Cost., n. 4/2018, e di F. GUELLA, Le leggi-provvedimento come atti di non mera approvazione: dall’ipotizzata consequenzialità al referendum della legge di variazione delle circoscrizioni comunali alla riserva del sindacato alla giurisdizione di costituzionalità, in Oss. cost. AIC, n. 1/2018.
19 Cfr. Corte cost., sent. n. 241/2008.
20 Si tratta delle sentenze del Cons. St., n. 6727 e n. 6734/2004.
21 Così, emblematicamente, C. PINELLI, Cronaca di uno scrutinio stretto annunciato, in Giur. cost., 2010, p. 3739.
22 Cfr. l’art. 4, comma terzo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
23 Così A. QUARANTA, Il giudizio incidentale di legittimità costituzionale, in Rapporto per la Commissione di Venezia – Seminairé sur “l’Exception d’Inconstitutionnalité”, Rabat, 29-30 novembre 2012, p. 3, il quale rileva che «il carattere oggettivo del giudizio di costituzionalità risiede in ciò che esso persegue direttamente la finalità, non già di tutelare le situazioni giuridiche soggettive azionate nel processo a quo, bensì di verificare la conformità di una norma di legge».
24 Cfr., ex plurimis, P. VIRGA, Diritto costituzionale, Milano, 1979, p. 514; R. ROMBOLI, Il giudizio costituzionale incidentale come processo senza parti, Milano, 1985, p. 55, e L. PALADIN, Diritto costituzionale, Padova, 1998, p. 736.
25 Così, lucidamente, V. ANDRIOLI, L’intervento nei giudizi incidentali di legittimità costituzionale, in Giur. cost., 1957, p. 282. Per l’Autore, infatti, l’obiettivo della pronuncia della Corte «è non una volontà concreta di legge, ma la (validità costituzionale) di una norma di legge nella sua portata astratta».
26 Non è più un giudizio esclusivamente impugnativo-cassatorio. Sull’evoluzione “da giudizio sull’atto a giudizio sul rapporto” del processo amministrativo si v. quanto sostenuto da G. SORICELLI, Il processo amministrativo ovvero il problema del complesso equilibrio tra il potere dell’amministrazione e la tutela del privato, in Gazz. Amm., n. 1/2018, p. 6.
Di giudizio di tipo soggettivo nella giurisdizione di legittimità del g.a. ragionano, fra i tanti, D. PAPPANO, Il superamento della cd. pregiudiziale amministrativa tra vecchi e nuovi problemi, in Giur. it., 2012, p. 444, e A. POLICE, Le forme di giurisdizione, in F.G. SCOCA (a cura di), Giustizia amministrativa, Torino, 2014, p. 128.
27 Così G. ROSSI, Princìpi di diritto amministrativo, Torino, 2017, p. 473.
28 Si v. le pertinenti considerazioni di P. SCARLATTI, Leggi in luogo di provvedimento delle Regioni e potestà esclusiva dello Stato. Osservazioni a margine della sentenza n. 66 del 2018 della Corte costituzionale, in Diritti regionali, n. 3/2019, p. 34.
29 Questa concezione di interesse legittimo è di M. NIGRO, Giustizia amministrativa, Bologna, 2002, p. 237 ss.
30 Così D. PAPPANO, Il superamento della cd. pregiudiziale amministrativa tra vecchi e nuovi problemi, cit., p. 444, e G. ROSSI, Princìpi di diritto amministrativo, cit., p. 473.
31 A differenza di quanto, invece, può avvenire nei giudizi in via principale ai sensi dell’art. 35 della l. n. 87/1953, così come modificato dall’art. 9 della l. n. 131/2003.
32 Rileva F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, Padova, 2009, p. 122, che, sebbene dall’art. 125 Cost. non discenda, per il giudizio amministrativo, un doppio grado di giurisdizione, questo rappresenterebbe un principio generale cui il Legislatore può derogare solo per ragionevoli motivi.
33 Si tratta di considerazioni a cui perviene gran parte della dottrina che ha esaminato attentamente il giudizio costituzionale sulle leggi-provvedimento. Tra i molti, cfr. A. SARANDREA, op. loc. cit.; G. ARCONZO, op. ult. cit., p. 282; F. SORRENTINO, op. loc. cit., e P. SCARLATTI, Leggi in luogo di provvedimento delle Regioni e potestà esclusiva dello Stato, cit., p. 35 ss.
34 Il riferimento è all’art. 12 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
35 Così F. ZAMMARTINO, Le leggi provvedimento nelle giurisprudenze delle Corti nazionali e europee tra formalismo interpretativo e tutela dei diritti, in Riv. AIC, n. 4/2017, p. 33.
36 Si v. la proposta formulata da C. MORTATI, Le leggi provvedimento, cit., p. 166.
37 Ivi, pp. 165-176.
38 Così, mirabilmente, F. SORRENTINO, op. ult. cit., p. 122.
39 Cfr. anche G. ARCONZO, op. ult. cit., p. 282. Nel medesimo senso, v. M. LUCIANI, Ogni cosa al suo posto, Milano, 2023, parte II, pp. 132-133.
40 Come ha ben messo in evidenza N. ZANON, La legge di sanatoria non è onnipotente: un’ammissione importante in nome del principio del “giusto procedimento” e degli artt. 24 e 113 Cost., in Giur. cost., 1998, p. 1660.
41 Come sostenne Cons. St., Ad. Plen., sent. n. 6/1952 la quale, facendo leva, sul contenuto provvedimentale dei decreti di espropriazione fondiaria, ritenne che tali decreti potessero essere sindacati dal giudice amministrativo, nonostante la loro forma e forza di legge.
42 Sulle direttive self-executing (o anche definite particolareggiate), si v., tra i tanti, R. ADAM – A. TIZZANO, Manuale di diritto dell’Unione europea, Torino, 2014, pp. 172-175, e cfr. Corte giust., sent. 4 dicembre 1974, n. 41/74, Van Duyn, punto 12.
43 Corte cost., sent. n. 18/1982, punto 5 del Considerato in diritto.
44 Corte cost., sent. n. 238/2014, punto 3.4 del Considerato in diritto.
45 Sui princìpi supremi dell’ordinamento costituzionale, cfr., ex multis, P. FARAGUNA, Ai confini della Costituzione. Principi supremi e identità costituzionale, Milano, 2015, e A. APOSTOLI, L’art. 139 e il nucleo essenziale dei principi supremi e dei diritti inviolabili, in U. ADAMO – R. CARIDÀ – A. LOLLO – A. MORELLI – V. PUPO (a cura di), Alla prova della revisione. Settanta anni di rigidità costituzionale. Atti del Convegno annuale dell’Associazione “Gruppo di Pisa”. Catanzaro, 8-9 giugno 2018, Napoli, 2019, p. 191 ss.
46 Come non manca di sottolineare A. VIGNUDELLI, Diritto costituzionale, Torino, 2018, p. 134, spiegando il passaggio dallo Stato liberale di diritto allo Stato democratico di diritto.
47 Negano l’esistenza di un «riserva di amministrazione» nell’ordinamento costituzionale, ex plurimis, Corte cost., sentt. n. 95/1966, n. 331/1988, n. 143/1989 e n. 62/1993.
Sembrano contenere una timida apertura nei confronti di un rinvenimento della «riserva di amministrazione», invece, Corte cost., sentt. n. 116/2020, n. 216/2022 e n. 148/2023.
L’espressione «riserva di amministrazione» si deve, in particolare, a Mario Nigro, secondo il quale tale riserva è attributiva di una funzione di indirizzo politico-amministrativo al Governo: M. NIGRO, Studi sulla funzione organizzatrice della pubblica amministrazione, Milano, 1966, p. 175 ss.
Successivamente, si tentò di configurare la «riserva di amministrazione» come una riserva di provvedimento amministrativo.
Secondo una prima ricostruzione (N. ZANON, La legge di sanatoria non è onnipotente: un’ammissione importante in nome del principio del “giusto procedimento” e degli artt. 24 e 113 Cost., cit., p. 1657, nt. 17; D. VAIANO, La riserva di funzione amministrazione, Milano, 1996, p. 85, e V. CRISAFULLI, Atto normativo, in Enc. dir., vol. IV, Milano, 1959, p. 255), l’esistenza della «riserva di amministrazione» si fonderebbe nell’art. 113 Cost., il quale, garantendo il diritto di agire in giudizio contro gli atti della Pubblica Amministrazione, verrebbe leso ogni volta che il Legislatore adotti una legge in luogo di provvedimenti amministrativi. In senso parzialmente diverso, cfr. M. DOGLIANI, Riserva di amministrazione?, in Dir. pubbl., 2000, p. 686, secondo cui l’art. 113 Cost. imporrebbe una riserva amministrativa non per tutti gli atti della Pubblica Amministrazione, ma solo per quelli che potrebbero ledere le posizioni giuridiche soggettive.
In base alla seconda (V. CRISAFULLI, Principio di legalità e «giusto procedimento», in Giur. cost., 1962, p. 135, e G. MORBIDELLI, La riserva di atto amministrativo nella disciplina delle destinazioni d’uso senza opere, in Giur. cost., 1991, p. 2453 ss.) si ritiene che una riserva di provvedimento amministrativo potrebbe ricavarsi principalmente dall’art. 97 Cost. I princìpi da questo enunciato – come il principio del buon andamento e il principio dell’imparzialità della Pubblica Amministrazione – raggiungono il massimo livello nel principio del giusto procedimento, inteso come un insieme di regole volte ad assicurare una istruttoria preventiva all’adozione dell’atto amministrativo, una corretta ponderazione degli interessi in gioco, che svolge un ruolo di guida per l’intera funzione amministrativa. Rileva, inoltre, F. SORRENTINO, Le fonti del diritto italiano, cit., p. 119 che «sebbene manchi nel testo costituzionale un’esplicita riserva all’esecutivo della funzione amministrativa, è pur vero che […] dall’art. 97 della costituzione tende ad emergere almeno una riserva di procedimento amministrativo, suscettibile di impedire che determinate scelte, che non attengono all’indirizzo politico generale, siano effettuate con atto legislativo».
Negano che una «riserva di amministrazione» sia imposta da norme costituzionali, F. CUOCOLO, Forme di Stato e di governo, in Dig. disc. pubbl., vol. VI, Torino, 1991, p. 535, e V. ANGIOLINI, Giurisdizione (riserva di), ivi, vol. VII, p. 357.
Di recente, sul tema, si v. M. LUCIANI, op. ult. cit., parte II, p. 141 ss.
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