Con evasione non irrisoria, pagamento del debito valutabile solo come indice di tenuità – La lente sul fisco

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Dilazione debiti

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Non è possibile riconoscere la causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) nel caso in cui un reato tributario abbia a oggetto un’evasione “non irrisoria”. In tali ipotesi il successivo pagamento del dovuto salvo i casi in cui integri esso stesso la diversa causa di non punibilità prevista dall’art. 13 del DLgs. 74/2000 potrà essere valutato solo come indice della tenuità e non come fattore dirimente.
Così la sentenza n. 4145, depositata ieri dalla Cassazione, motiva la decisione relativa al ricorso di un soggetto condannato per il reato di dichiarazione infedele (art. 4 del DLgs. 74/2000), che chiedeva di far valere la citata causa di non punibilità soprattutto alla luce delle modifiche introdotte dal DLgs. 150/2022.

Tale ultima norma ha inserito nel primo comma dell’art. 131-bis c.p. il riferimento espresso alla “condotta susseguente al reato” tra gli elementi che il giudice penale è chiamato a valutare per la concessione della non punibilità. Viene così ampliato l’ambito di operatività della disposizione “premiante” in modo tale da attribuire rilevanza a comportamenti quali – se si pensa proprio ai reati tributari – il successivo pagamento del debito fiscale.

La Cassazione aveva già avuto modo di precisare in proposito che, per effetto dell’indicata modifica, la condotta post factum è uno – ma non certamente l’unico, né il principale – degli elementi che il giudice è chiamato ad apprezzare ai fini del giudizio avente a oggetto l’offesa, tenuto conto altresì del fatto che, come si desume dalla Relazione illustrativa al citato DLgs. 150/2022, il legislatore delegato ha volutamente utilizzato un’espressione ampia e scarsamente selettiva – quale, appunto, “condotta susseguente al reato” – allo scopo di “non limitare la discrezionalità del giudice che, nel valorizzare le condotte post delictum, potrà […] fare affidamento su una locuzione elastica ben nota alla prassi giurisprudenziale, figurando tra i criteri di commisurazione della pena di cui all’art. 133 comma 2 n. 3 c.p.” (Cass. n. 28031/2023).

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Nel caso all’esame della sentenza in commento, il giudice di merito non aveva preso in considerazione il comportamento successivo al reato che, in astratto, avrebbe potuto rilevare anche con riguardo ai fatti commessi prima del 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della modifica normativa (come affermato, tra l’altro, da Cass. n. 30515/2023).
La pronuncia n. 4145 ribadisce quel principio già affermato proprio con riguardo ai reati tributari, per cui le condotte susseguenti al reato non possono, di per sé sole, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto.Queste piuttosto possono essere valorizzate nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133 comma 1 c.p.
Tra tali condotte vi è ovviamente – come detto – anche l’integrale o parziale adempimento del debito tributario con l’Erario, eventualmente attuato attraverso un piano rateale concordato con il Fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla c.d. rottamazione delle cartelle esattoriali (Cass. n. 14073/2024).

A rafforzare ulteriormente il rilievo che anche il legislatore oggi assegna al pagamento di quanto dovuto, sempre nell’ottica dell’art. 131-bis c.p., i giudici di legittimità richiamano l’art. 13 del DLgs. 74/2000, come novellato dal DLgs. 87/2024.
Nella disposizione dell’art. 13, infatti, è stato inserito il comma 3-ter, in forza del quale, ai fini della non punibilità per particolare tenuità del fatto, il giudice valuta, in modo prevalente, uno o più dei seguenti indici: l’entità dello scostamento dell’imposta evasa rispetto al valore soglia stabilito ai fini della punibilità; (salvo che non rilevi direttamente ai fini della non punibilità del reato tributario) l’avvenuto adempimento integrale dell’obbligo di pagamento secondo il piano di rateizzazione concordato con l’Amministrazione finanziaria; l’entità del debito tributario residuo, quando sia in fase di estinzione mediante rateizzazione; la situazione di crisi ai sensi dell’art. 2 comma 1 lett. a) del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (DLgs. 14/2019).

Alla luce di tali principi, nel caso di specie la condanna avrebbe dovuto dunque essere annullata con rinvio, affinché si procedesse a una nuova valutazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131-bis c.p. Nelle more di questa decisione, tuttavia, il reato si è estinto per prescrizione e dunque il tema nel caso concreto appare irrilevante, ma da esso possono trarsi interessanti spunti per il futuro.





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