Analisi – Le recenti dichiarazioni di Donald Trump circa la Groenlandia hanno contribuito a ricordare la sua rilevanza in termini geografici e politici. Anche se i due aspetti chiave sono spesso mal riportati.
Il neoeletto Presidente degli USA Donald Trump nelle scorse settimane ha citato più volte la propria intenzione di impedire alla Cina e alla Russia di mettere le mani su territori considerati vitali per gli interessi strategici USA, in particolare quelli geograficamente più vicini come il Canale di Panama e la Groenlandia. Al di là di ogni commento sulle ripercussioni diplomatiche di tali dichiarazioni, le due zone risultano effettivamente strategicamente rilevanti. La Groenlandia in particolare costituisce una massa emersa geograficamente posta nel passaggio tra Oceano Atlantico e Oceano Artico: durante gran parte della Guerra Fredda, la NATO ha potuto controllare tale passaggio proprio grazie alle basi poste qui, in Islanda, Scozia e Canada. In aggiunta, è una terra ricca di risorse naturali sia onshore che offshore. Molte testate specialistiche in questi giorni hanno riportato le principali questioni relative a tali aspetti (citiamo ad esempio l’articolo di The War Zone). Tuttavia crediamo ci siano due aspetti che non sono stati sufficientemente sottolineati.
LA PORTA DEL CONSIGLIO ARTICO
Il primo aspetto riguarda il fatto che la Groenlandia è un Paese membro del Consiglio Artico (Arctic Council). La maggior parte delle questioni che coinvolgono lo sviluppo e la tutela della zona artica sono infatti gestite da una comunità di Paesi riuniti nel Consiglio Artico. I Paesi Membri, quelli che hanno diritto di voto e decidono davvero, sono 8 e sono i Paesi che effettivamente sono geograficamente adiacenti all’area artica: USA (tramite l’Alaska), Canada, Russia, Norvegia, Finlandia, Islanda, Svezia… e Danimarca. Quest’ultima ne fa parte proprio perché controlla (anche se con statuto speciale) la Groenlandia. Esistono poi 6 rappresentanti permanenti relativi a popoli nativi della zona artica e attualmente ben 38 Paesi osservatori. Questi ultimi sono sostanzialmente interessati a quello che avviene e alle decisioni prese, ma non hanno i diritti dei Paesi membri (tra gli osservatori è inclusa anche l’Italia). I Paesi membri tuttavia sono molto gelosi del proprio ruolo e non consentono ad altri di diventare membri, preferendo rimanere di fatto una sorta di “club chiuso”. Per questo motivo molti Stati si sono autodefiniti “Paesi Artici”, perché interessati alle risorse o alla governance dell’area, ma non tutti sono stati ammessi, nemmeno come osservatori.
Fig. 1 – Il Consiglio Artico in un pannello della mostra “Artico: Viaggio Interattivo al Polo Nord” curata dal CNR | Foto dell’autore
La Cina è un Paese osservatore tra i più interessati a diventare membro. Tuttavia, come sopra indicato, finché i Paesi membri fanno blocco contrario tale evenienza appare improbabile. Un modo con cui la Cina potrebbe chiedere con più forza e maggior ragione di diventare membro però è tramite il controllo diretto di aree adiacenti o dentro la zona artica. Tra queste, la possibilità di “comprare” più o meno temporaneamente parti di Groenlandia (qualcuno pensa anche alle Svalbard norvegesi), perché la Cina offre denaro ad aree che sono costantemente alla caccia di risorse. Il problema era molto acuto soprattutto in tempi di bassi prezzi del petrolio, dato che la Groenlandia vive di sussidi dalla madrepatria e solo le risorse naturali possono, in prospettiva futura, assicurare una possibilità di indipendenza.
Per questo motivo, il primo problema è costituito da una Cina che voglia “comprare” anche solo una piccola parte o diritti di stazionamento su una piccola parte di Groenlandia. Questo infatti aprirebbe scenari non solo di sicurezza, ma di espansione sensibile delle proprie pretese anche sulle risorse dell’area.
Difficile però che questo possa estromettere completamente gli USA dalle loro basi (ad esempio quella di Thule).
LA BATIMETRIA DEL GIUK GAP
Il secondo aspetto chiave circa il ruolo della Groenlandia per la sicurezza dell’Atlantico dipende anche dalla cosiddetta GIUK Gap (cioè spazio tra Groenlandia, Islanda e United Kingdom, o Regno Unito)
Fig. 2 – La GIUK Gap | Immagine di pubblico dominio
La GIUK Gap è sostanzialmente una strettoia geografica marittima tra questi tre Paesi, tale da rendere più semplice il controllo del passaggio navale attraverso di essa. Durante la Guerra Fredda essa costituiva una delle principali linee di difesa contro un’eventuale azione navale sovietica dalle sue basi nell’Artico verso il Nord Atlantico (e quindi verso le linee di comunicazione marittime tra USA ed Europa). Per quanto questo aspetto rimanga corretto anche oggi nei confronti della Russia, il vero elemento che rende così fondamentale tale area non è la semplice strettoia geografica, bensì la sua batimetria. Se guardiamo infatti una rappresentazione batimetrica dell’area si nota infatti che in corrispondenza della GIUK Gap il mare ha anche la profondità minore e questo obbliga i sottomarini (che comunque non possono andare troppo in profondità, esistono limiti) a rotte più prevedibili e meno profonde.
Fig. 3 – Batimetria della GIUK Gap | Fonte: Università di Oslo
Sul fondo della GIUK Gap è posizionato il sistema SOSUS (Sound Surveillance System) che consiste in una serie di strumenti di sonar passivo capaci di captare i rumori dei sottomarini e le navi di passaggio. La combinazione di questi due aspetti (batimetria e sistemi sonar) rende più efficiente la sorveglianza nel suo complesso. Durante la Guerra Fredda, combinato al sistema SURTASS di sistemi sonar trainati da navi, costituiva l’Integrated Undersea Surveillance System (IUSS) che permetteva di monitorare i (generalmente più) rumorosi sottomarini diesel e nucleari sovietici.
La linea SOSUS è ancora fondamentale per la protezione dell’Atlantico dalla flotta russa di sottomarini, che però sono, nei modelli più recenti, molto più silenziosi, e questo richiederà soluzioni anche più elaborate. Ma la questione della batimetria, poco citata sui media, è altrettanto importante per la rilevanza del GIUK gap della semplice strettoia geografica in superficie.
Lorenzo Nannetti
Fonti:
- Captain Brian Taddiken, U.S. Navy and Lieutenant Kirsten Krock, U.S. Navy, “66 Years of Undersea Surveillance”, Naval History, Vol.35, N.1, Febbraio 2021, US Naval Institute, https://www.usni.org/…/66-years-undersea-surveillance
- Il sito dell’Arctic Council, https://arctic-council.org
Immagine in evidenza: “Northern Lights, Greenland” by nick_russill is licensed under CC BY 2.0.
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