Francesco in video-collegamento con gruppi di ragazzi e ragazze a Kyiv e in altre città di Europa e America per un evento online organizzato dal nunzio Kulbokas e dall’arcivescovo Ševčuk. Il Pontefice risponde alle domande ed esorta a perdonare anche se “è difficile” e l’istinto è di “rispondere a un pugno con un altro pugno”. Invita anche ad “amare la Patria”, ricordando Oleksandr, il soldato che portava al fronte un piccolo Vangelo: “Ricordate sempre gli eroi”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Essere “patrioti”, cioè “amare la Patria” ora “ferita” dalla guerra che uccide e porta alla fame. Poi “perdonare”, perché “è vero che dobbiamo difenderci” ma bisogna essere sempre pronti a perdonare anche se “è molto difficile” e l’istinto è piuttosto di “rispondere a un pugno con un altro pugno”. Infine dialogare: “Sempre”, “fra noi”, anche con chi “è contrario” e nonostante “la testardaggine di alcuni”, nella certezza che “la pace si costruisce con il dialogo”. Per un’ora Papa Francesco si collega da Casa Santa Marta con 250 giovani ucraini per un evento on-line fatto di testimonianze, preghiere, domande e risposte. Sono ragazzi e ragazze cattolici di rito latino e greco-cattolici collegati da Kyiv, dalla Diocesi di Lutsk e dall’esarcato di Donetsk o da Varsavia, Monaco, Londra, Chicago, Toronto, dove sono emigrati con le loro famiglie.
I saluti di Ševčuk e Kulbokas
“È uno storico incontro, il primo incontro nella storia tra il Papa di Roma e i giovani ucraini”, esordisce l’Arcivescovo maggiore Svjatoslav Ševčuk, nel saluto iniziale. Il capo della Chiesa greco-cattolica ucraina accompagna il gruppo riunito nella Cattedrale della Resurrezione di Kyiv, dove il Papa appare da un maxischermo. “Se suonerà l’allarme anti aereo dovremmo interrompere il collegamento e scendere nei sotterranei”, dice Shevchuk. “È un miracolo che abbiamo luce ed elettricità, stanotte abbiamo subito un altro attacco aereo ma qualcuno ha ricollegato i cavi: abbiamo luce e connessione internet!”. Collegato è anche il Vescovo latino Jan Sobilo, Ausiliare della Diocesi Kharkiv-Zaporizhzhia, tra quelle maggiormente colpite dai bombardamenti, e soprattutto è collegato il nunzio apostolico Visvaldas Kulbokas, tra gli artefici di questo evento che presenta gli ospiti a Francesco (“È bravo questo!”, commenta Lui vedendo il nunzio apparire sullo schermo).
Speranza e tribolazioni
Il Papa – accompagnato da un traduttore – è seduto a una scrivania nel salone di Casa Santa Marta dove campeggia il quadro della Madonna che scioglie i nodi. Prepara un foglio bianco e una penna per appuntarsi le domande. Saluta i diversi volti che appaiono tra le caselle e si dice colpito in particolare da una mamma con in braccio la sua bambina, Esther: “È bella!”. Il segno della Croce e la preghiera del Padre Nostro recitata da tutti aprono l’incontro. L’arcivescovo Kulbokas legge una lettura tratta dalla Lettera di San Paolo ai Romani, in cui si legge: “… ci vantiamo nella speranza della gloria di Dio… ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza…”.
La speranza, così come le “tribolazioni” intese come l’orrore subito da circa tre anni dal popolo ucraino con l’aggressione russa, fanno da traccia al botta e risposta di Papa Francesco con i suoi interlocutori ucraini: “Fate le domande che volete!”, dice con una battuta.
Le testimonianze dei giovani
Prima, però, ci sono tre testimonianze. Una è quella di una 17 enne, proveniente da una famiglia molto numerosa e devota, che racconta del fratello mandato al fronte e ferito più volte. È rimasto per settimane da solo, circondato “dai nemici”: “Pregavo la notte l’angelo custode di proteggere lui e tutti i militari”. Il ragazzo è stato poi liberato. La seconda è una giovane del Donetsk, perseguitata sin da piccola dalle violenze: “Sono nata con uno senso di ingiustizia ma con un desiderio futuro. La fede mi dà la forza per andare avanti”. La forza, cioè, di assistere e resistere a paura, lacrime, città distrutte, profughi. “Mi rivolgo a lei – dice al Papa – a nome di tutti i giovani di Donetsk. Noi vogliamo la pace, una pace giusta e duratura, che ci permetterà di tornare alle nostre città e ai nostri sogni. Crediamo che il bene è più forte del male”. Un 18 enne di Kharkiv prende la parola per ultimo; ricorda i suoi coetanei sulla linea dei combattimenti: “Molti muoiono…. Il nemico cerca di distruggere le città ma anche la fede nel futuro”. Muore anche la gente semplice, racconta; come Maria, 12 anni, uccisa da un missile su un supermercato insieme alla mamma: “Ci aiutava a preparare gli aiuti per i bisognosi. Nonostante il dolore straziante crediamo che Maria e sua mamma si trovino presso Dio, sono i nostri angeli”.
Dialogare sempre
Iliana Dobra, 21 anni, insegnante di inglese in una scuola parrocchiale a Uzhhorod, è la prima, invece, a porre una domanda al Papa: “Vale la pena morire per la Patria? Come possiamo nutrire la nostra fede nella lotta per la vita quando la vita stessa viene svalutata nel mondo?”. Francesco si riaggancia a questo concetto: “La vita oggi è svalutata. Sono più importanti i soldi, è più importante prendere posizione di guerra. La vita non è al primo posto”, scandisce. Ricorda un viaggio in un Paese centro-europeo in cui la gente usciva dalle case per salutarlo: c’erano giovani e bambini e qualche vecchietta. Gli uomini più grandi, tutti morti in guerra. “La guerra distrugge sempre”. L’antidoto è dialogare: “Dialogare sempre, dialogare fra noi, anche con quello che è contrario da noi. Per favore, non stancatevi di dialogare. La pace si costruisce col dialogo. È vero che alcune volte non è possibile, per la testardaggine di alcuni, ma fare sempre lo sforzo”.
Nostalgia della Patria
Con Anastasia, da Varsavia, città che ha accolto milioni di ucraini in fuga e che chiede come non perdere la fede in mezzo a questi drammi, Papa Francesco condivide un’espressione: “Nostalgia della patria”. “La nostalgia è una forza. A voi, ucraini all’estero, vi chiedo per favore non perdere la nostalgia per la Patria. Tante volte è una sofferenza, ma andiamo avanti!”. Anastasia sorride dallo schermo; il Papa lo nota e dice: “Pensa alla Patria e sorridi alla Patria”.
La fame, una delle cose più brutte della guerra
Julia, 27 anni, si fa portavoce di tanti giovani, a cominciare da quelli di Kharkiv e Poltava che hanno visto bombardare le loro città proprio qualche sera fa mentre si riunivano per preparare l’incontro. “Intere città sono state distrutte dai proiettili e razzi nemici. C’è un genocidio del nostro popolo”, denuncia la ragazza. “Come vedere la pace in tutto questo?”. Papa Francesco, visibilmente commosso, punta il dito anche lui contro la guerra che “sempre distrugge” e contro la fame, tra le prime conseguenze dei conflitti: “È terribile! È una delle cose più brutte della guerra”. Il Papa ricorda che tutti i giorni telefona di sera alla parrocchia di Gaza: “Mi raccontano come tante volte fanno la fame. Perché la guerra fa quello… e la guerra non solo fa la fame, ma la guerra uccide”.
Il piccolo Vangelo di Oleksandr
In mano il Papa prende poi una piccola copia del Vangelo dalla copertina mimetica. È quello di Oleksandr, il giovane soldato ucraino di cui ha parlato in diverse udienze generali. Il ragazzo portava con sé al fronte, dov’è morto, il Nuovo Testamento e i Salmi e aveva sottolineato il Salmo 129: “Nel profondo a te grido Signore, Signore ascolta la mia voce…”. Oleksandr “è uno di voi”, sottolinea Francesco. Mostra ai ragazzi on-line anche il Rosario con cui il soldato pregava: “Per me questa è una reliquia, di un ragazzo vostro, che ha dato la vita per la pace. Io questo lo ho sulla mia scrivania e tutti i giorni prego. Dobbiamo avere memoria di questi eroi nostri che hanno difeso la patria. Il popolo ucraino soffre, soffre la fame. Apriamo gli occhi! Vediamo cosa fa una guerra!”.
La mistica della Patria
Come Oleksandr, il Papa chiede ai ragazzi di avere sempre con sé un piccolo Vangelo tascabile: “Leggete un pezzettino durante la giornata. Questo è vita!”. E come Oleksandr, i giovani ucraini sono chiamati ad essere patrioti: “Tutti i giovani hanno una missione – afferma Francesco, in risposta a un’altra domanda -. Quando c’è difficoltà in un Paese, in una Patria, i giovani hanno il dovere di portare avanti ‘la mistica della Patria’. Oggi la missione dei giovani ucraini, è essere patrioti. E voi non dovete nascondervi da tutti i problemi che avete con la guerra. Patrioti, amare la Patria! In questo momento la vostra Patria è ferita per le guerre… Ma amare la Patria. È una cosa molto bella”.
Perdonare, la cosa più difficile
Sempre ai giovani, “presente e futuro” di un Paese, il Pontefice chiede di sognare: “Un giovane che non è capace di sognare, è invecchiato”. A proposito di “vecchi”, insiste nell’invito a non trascurare i nonni per alimentare la “memoria”. Lo sguardo va anche ai bambini, grazie a Tatiana, 35 anni, collegata da Chicago, che ricorda i tanti piccoli fuggiti dagli “Erode di oggi”. “Come possiamo perdonare e insegnare ai bambini a perdonare quando il dolore e l’ingiustizia della guerra lasciano ferite profonde nei nostri cuori?”, domanda. “Una delle cose più difficili è perdonare e questo costa a tutti, anche a me”, confida Papa Bergoglio. “Ma a me aiuta questa frase: io devo perdonare come io sono stato perdonato. Ognuno di noi deve cercare nella propria vita come è stato perdonato. Il perdono è molto difficile. Noi sempre cerchiamo di fare la guerra e di rispondere a un pugno con un altro pugno”. “A me – aggiunge Francesco – aiuta pensare: io sono stato perdonato e devo perdonare. E non è facile… L’arte del perdono non è facile, dobbiamo andare avanti. Dobbiamo perdonarci l’un l’altro. Sempre”.
Avanti, anche se si sbaglia
A conclusione, l’invito ad andare avanti anche se si sbaglia: “Tutti noi abbiamo sbagliato nella vita, ma quando uno sbaglia deve riprendersi, alzarsi e continuare ad andare avanti. Non avere paura! Rischiare e, se tu cadi, non rimanere caduto”. Da qui, dopo il canto dell’Inno spirituale dell’Ucraina, prima della benedizione e in mezzo ad applausi e cori di W il Papa, un’ultima raccomandazione: “Per favore non dimenticate i vostri giovani eroi, come Oleksandr, i giovani che hanno dato la vita per la Patria”.
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