È passato un anno dal vertice Italia-Africa con cui il Governo Meloni lanciava a Roma il “Piano per l’Africa” davanti a 25 capi di Stato del continente, 11 ministri degli Esteri, rappresentanti della Ue, della Unione africana, dell’Onu e delle istituzioni finanziarie, con la prospettiva di “scrivere una pagina nuova” e promuovere “un ponte per la crescita condivisa tra l’Italia e le nazioni africane”.
Il summit ufficializzava le linee di intervento di questo Piano, intitolato al fondatore dell’Eni Enrico Mattei -istruzione e formazione, salute, agricoltura, acqua ed energia- e i progetti pilota in nove Paesi: Algeria, Costa d’Avorio, Egitto, Etiopia, Kenya, Marocco, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Tunisia.
Nella conferenza stampa di inizio anno Giorgia Meloni ha annunciato che Angola, Ghana, Mauritania, Tanzania e Senegal sono stati inseriti nel Piano Mattei nel 2025. I soldi sono pochi a fronte dell’ambizione dello slancio italiano. Perciò il governo ha coinvolto subito le istituzioni finanziarie internazionali, le Banche multilaterali di sviluppo, l’Unione europea e gli altri Stati donatori, in un’ottica di finanziamento allargato.
Ma il Piano Mattei resta un’incognita. Per alcuni è un’opportunità su cui è troppo presto per pronunciarsi, per altri è un re-branding di vecchi progetti della cooperazione italiana. Intanto le prime inchieste della stampa svelano le pieghe di un’iniziativa asservita agli affari di pochi grandi gruppi industriali, Eni e non solo. Attendiamo di conoscere chi si intesterà la partita della salute. Intanto possiamo dire che questa direttrice del Piano, avviata per ora solo in Costa D’Avorio, risente di un certo strabismo.
Con un occhio punta giustamente ai sistemi sanitari, alla formazione del personale e all’accessibilità e qualità dei servizi primari nel solco di una tradizione di cooperazione sanitaria italiana. Fondamentale e originale è anche la priorità all’accesso a sistemi di cottura più sicuri, efficienti e moderni, per contrastare un fenomeno che causa 3,7 milioni di morti premature ogni anno, principalmente donne e bambini nell’Africa subsahariana.
Con l’altro occhio, invece, la linea salute del Piano punta alla tecnologia digitale, allo sviluppo di piattaforme di telemedicina collegate con reti di specialisti in Italia e ambulatori mobili interconnessi via satellite, alla biosorveglianza spacciata come “One health”, allo sviluppo di strumenti di geo-informazione per individuare zone a rischio di virus. Dato lo stato di prostrazione del sistema sanitario nazionale, il collegamento satellitare e di telemedicina con reti di specialità mediche in Italia non può che tradursi nel ricorso alla sanità privata, con la creazione di corrispondenti presidi in Africa.
Il governo italiano si è impegnato a investire in Africa 5,5 i miliardi di euro, tra crediti, operazioni a dono e garanzie. Circa tre miliardi provengono dal Fondo italiano per il clima, mentre 2,5 miliardi dalla cooperazione allo sviluppo
Questa del resto è la strategia incentrata sui privati della Banca mondiale, impermeabile alle dure critiche dalla società civile. Si può prevedere che il Piano Mattei includerà progetti a finanza mista (blended finance), considerata innovativa. Peccato che le ricerche sul campo delle organizzazioni non governative dimostrano come queste forme di privatizzazione inducano uno sviluppo malato della sanità, con effetti drammatici sul diritto alla salute.
Un’altra contraddizione si rileva fra la direttrice salute e quella agricoltura. Quest’ultima somministra in Africa il paradigma industriale che ha già usurato il suolo e la biodiversità di altri continenti, con l’estensione di monocolture, l’uso massiccio di pesticidi dagli effetti dirompenti sulla salute umana e ambientale. Sostanze che avvelenano il futuro del continente, e non rispondono all’urgenza della sicurezza alimentare, in declino in Africa dal 2015. Dopo secoli di predazione occidentale, sarà da scoprire se il Piano Mattei lascerà agli interlocutori africani la possibilità di altri immaginari, di altre epistemologie. Difficile farsi troppe illusioni.
Nicoletta Dentico è giornalista ed esperta di diritto alla salute. Già direttrice di Medici senza frontiere, dirige il programma di salute globale di Society for International Development
© riproduzione riservata
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link