Nomine in Regione, indaga la Digos ma la legge pugliese sarà cambiata

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Tutti i documenti sono nelle mani della Digos, gli investigatori ora dovranno verificare che la procedura seguita dall’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale sia legittima o se, come ipotizza il governatore Michele Emiliano, sia stato commesso un falso nella promulgazione della legge di Bilancio con l’inserimento dell’emendamento di Antonella Laricchia sul meccanismo delle nomine.

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Dopo l’esposto presentato nelle scorse settimane dal presidente della Regione, l’indagine entra nel vivo: la vicenda riguarda il caso della legge di Bilancio pubblicata con un emendamento che, in Aula, era stato bocciato per errore. Giovedì gli agenti della Digos si sono presentati negli uffici del Consiglio regionale per acquisire tutti gli atti che ricostruiscono l’iter legislativo e amministrativo. In particolare, la documentazione riguarda l’emendamento Laricchia sulle nomine negli enti regionali, che nella seduta del 18 dicembre scorso era stato inizialmente respinto in Aula sulla base di una interpretazione dello Statuto poi riconosciuta erronea dall’Ufficio di presidenza. Da quanto trapela, c’è «massima serenità» tra i componenti dell’Ufficio di presidenza, sicuri che nessun illecito sia stato commesso. «È stato soltanto un intervento per rimediare all’errore iniziale», dicono dal Consiglio. Anzi, ora che tutta la documentazione è a disposizione degli inquirenti c’è «massima fiducia» nel fatto che la questione possa concludersi rapidamente, confermando la regolarità della procedura.

In realtà, di questa vicenda non è il risvolto giudiziario a preoccupare, quanto quello politico: da ormai un mese il centrosinistra è alle prese con trattative interne per arrivare a modificare l’emendamento. In linea di massima, c’è una proposta Pd che potrebbe mettere tutti d’accordo ma si attende l’ok del M5s. Il 13 febbraio dovrebbe essere il giorno della verità, il Consiglio tornerà a riunirsi per discutere proprio dell’emendamento sulle nomine e della legge elettorale. Prima ci sarà un vertice di maggioranza, si attende soltanto che Emiliano venga dimesso dall’ospedale dove sta completando la riabilitazione ortopedica post intervento.

La legge sulle nomine, nelle intenzioni del Pd, non sarà cancellata ma modificata, seguendo il “modello Bari”. La bozza della proposta Pd è pronta, il testo prevede la parità di genere negli organismi collegiali di amministrazione delle società controllate dalla Regione e, per quanto possibile, il ricambio generazionale. E, soprattutto, viene eliminata la disposizione più contestata, quella che vieta di nominare coloro che sono stati candidati alle Regionali e non sono stati eletti. Una limitazione che potrebbe essere incostituzionale.

Per quanto riguarda, invece, la legge elettorale, il 13 febbraio potrebbe essere modificata soltanto la parte che riguarda i sindaci. Lo scorso dicembre, il Consiglio regionale ha portato da 45 giorni a sei mesi prima del voto il tempo limite entro il quale i primi cittadini che vorranno candidarsi alle Regionali dovranno rassegnare le proprie dimissioni. Una norma che, in pratica, ostacola la corsa dei sindaci per un posto in Consiglio regionale: ipotizzando che si vada alle urne a ottobre, le dimissioni dovrebbero essere presentate già entro aprile. Il Pd, come noto, preme per riportare a 45 giorni il limite ma con il centrodestra è stato quasi trovato un punto di accordo: 60 giorni. C’è ancora l’ipotesi anche dei 90 giorni, fortemente sostenuta dai civici e in particolare dal gruppo “Con”, ma alla fine le parti (Pd, FdI, FI e Lega) dovrebbero chiudere a due mesi.

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Questo dovrebbe essere l’unico aspetto nuovo rispetto al sistema elettorale, mentre non dovrebbe essere modificata la soglia di sbarramento. Il gruppo di Azione ha proposto di abbassarla dal 4 al 3%, ma è ampio il fronte contrario: il Partito democratico ha fatto sapere sin da subito che non se ne parla, cosi come Fratelli d’Italia. E senza i voti dei due gruppi più numerosi in Consiglio non ci sono speranze di spuntarla. Anzi, c’è stata una riflessione persino sul portare dal 4 al 5% la soglia, ma si tratta più di una provocazione che di una trattativa reale. Risultato: la soglia resterà al 4%, questa l’intesa di massima raggiunta.

V. Dam.

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