La nuova destra di Fiuggi vista dalla Puglia: «Tutto nacque da una intuizione di Tatarella»

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Nella storica federazione missina barese di Via Piccinni, qualcuno ancora si chiede chi nascose il manifesto di presentazione della mozione di minoranza promossa da Pino Rauti, che aspirava ad avere un suo spazio nella sede schierata a larghissima maggioranza con il nuovo corso di Gianfranco Fini. Erano le giornate infuocate che precedettero nei vari territori il congresso nazionale di Fiuggi, in cui si fondò Alleanza nazionale. Allora i congressi erano passione, discussioni e qualche volte anche sediate tra militanti. A distanza di anni, il passaggio della Fiamma da partito di testimonianza a forza trainante del centrodestra è oggetto di riflessioni e convegni nazionali. La Gazzetta ha chiesto ad alcuni protagonisti del tempo di raccontare quella irripetibile stagione.

«Alle politiche del marzo 1994 il Msi, con il simbolo azzurro e la scritta Alleanza nazionale, raccolse alle politiche per la Camera oltre il 27%, affermandosi come prima forza politica, distanziando di oltre sette punti il Pds»: a parlare è l’ex senatore barese Ettore Bucciero, che fu eletto per la destra in quella tornata nel collegio una volta di Araldo di Crollalanza. Il presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, diede l’incarico a Silvio Berlusconi e nacque così il governo del Polo della libertà, con il pugliese Giuseppe Tatarella vicepremier. Pochi mesi dopo, a gennaio del 1995, a Fiuggi, si completò l’evoluzione della destra da forza antisistema a partito di governo con il congresso fondativo di An, intuizione politica di Giuseppe Tatarella, anche grazie alle tesi culturali scritte da Gennaro Malgieri e Domenico Fisichella.

Il trentennale della fondazione di An è ricordato però tra passione e distacco in questi giorni in Puglia: gli eredi della Fiamma, ora in Fdi, non amano rivangare il passato per non evocare il ruolo di Gianfranco Fini (segretario e leader al quale contestano soprattutto l’ultima fase di dialogo con la sinistra), mentre i reduci di quella stagione non nascondono l’emozione.

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Carmelo Patarino, storico parlamentare ionico: «La trasformazione del Msi in An fu un momento magico. Giuseppe Tatarella, quando eravamo alla Camera, mi segnalò un articolo di un professore su Il Tempo: era Domenico Fisichella che indicava la rotta della nascita di una destra fuori dai confini del neofascismo». «Vivemmo giornate elettrizzanti. A Fiuggi abbandonammo “la Casa del padre”, ma la fiamma restò sempre la nostra anima». Aderirono tanti esterni al percorso del Msi: «Si avvicinarono intellettuali, parte della società civile, imprenditori. Ci fu anche una nota stonata: facemmo poco filtro perché trovarono rifugio da noi figure poco brillanti. Assistemmo alla corsa a salire sul carro del vincitore, come adesso in Fdi. L’idea di Tatarella era stata testata nelle comunali pugliesi del 1993: aprì le nostre liste a personalità della società attiva e vincemmo anche a Cerignola, città di Di Vittorio, raccogliendo voti di socialisti e moderati di destra». Qualcuno dice che lo sdoganatore fu Silvio Berlusconi. Patarino concorda: «Dobbiamo riconoscere che il suo endorsement pro Fini alle comunali di Roma funzionò: fu un invito ad andare oltre. Poi con il 1994 i leader trovarono l’alchimia: al Sud accordo Fi-Msi, al Nord i forzisti con la Lega. Arrivò una vittoria storica». La destra attuale di Giorgia Meloni? «E’ la continuazione di An. Vengono quasi tutti da lì. L’errore da non ripetere? Quello di dare spazio a politicanti, estranei alla politica-milizia come servizio per la comunità, vero elemento caratterizzante del Msi-An».

Ettore Bucciero, senatore di Bari, era sempre stato un missino vicino alla corrente di Pino Rauti, ex segretario che lasciò il partito proprio a Fiuggi. Nella sua segreteria aveva l’intera collezione della rivista Diorama letterario e un poster di Ezra Pound: «Allora grazie all’intuizione di Tatarella riuscimmo a dare una nuova casa non solo ai missini ma anche alla maggioranza silenziosa che condivideva gran parte delle idee della Fiamma ma chiedeva un contenitore arioso». Poi l’elogio del ruolo svolto allora dal giornalista Marcello Veneziani: «Sulle pagine della rivista che dirigeva, l’Italia settimanale, si avvicinarono al centrodestra personalità come Carlo Nordio e Vittorio Sgarbi, che firmavano commenti accanto a icone della destra come Giano Accame e Gianfranco de Turris. Questo lavoro fu fondamentale per rompere l’arco costituzionale».

«Il percorso cominciò molto prima di Fiuggi. Andando a una manifestazione in Molise con Pinuccio, arrivò la telefonata di Fisichella e si decise per telefono il nome del nuovo partito: “Alleanza nazionale”»: la testimonianza è di Francesco Amoruso, allora «federale» di Bari del Msi, poi a lungo parlamentare e leader pugliese di An e Pdl. «L’evoluzione riuscì benissimo, portando la destra in un contesto moderno ed europeo, con grandi capacità aggregative. Tatarella immaginò la svolta molti anni prima, con riviste, eventi, convegni, dibattiti sul presidenzialismo e sull’elezione diretta…». Amoruso però critica il diretto collegamento tra An e Fdi: «Il progetto nato a Fiuggi fu un esperimento riuscito di aggregazione della destra con tanti mondi un tempo distanti. I meloniani si muovono ora su un sentiero tracciato 30 anni fa, realizzato da Tatarella e Fini, scelto da Giorgio Almirante nel 1977. Io allora votai Marco Tarchi. Il partito meloniano? Ha tra i fondatori pure un non missino come Guido Crosetto…».



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