L’ex ministra dell’Istruzione del periodo del Covid ora è una dirigente scolastica a Biella.«Per la politica ho messo da parte la mia vita privata e ho sbagliato. I banchi a rotelle? Ne parlava anche Piero Angela»
È un po’ come se l’ex ct della nazionale allenasse la squadra del Paese. Come se l’amministratore delegato della banca diventasse il direttore della filiale numero duecentoqualcosa. O come il ministro dell’istruzione la preside della scuola di provincia. Anzi no. Proprio così. Perché per scoprire cosa fa adesso Lucia Azzolina, la ministra dell’Istruzione nell’anno più travagliato della storia della scuola italiana, bisogna andare nella provincia piemontese. Al piano terra dell’Istituto comprensivo Biella II. È lì infatti che l’ex deputata Cinque Stelle fa la preside di oltre 800 bambini che vanno dall’infanzia alla scuola secondaria di primo grado, dall’asilo alle medie per intenderci. Ma attenzione, guai a parlare di passo indietro. Perché lei, la dirigente, dopo aver provato fasti e nefasti della politica nella caotica viale Trastevere, nella sua scuola e nella sua nuova vita ci sta benissimo. «Posso essere sincera? Sono molto più felice di prima». Vediamo perché.
È un destino «circolare» quello di Azzolina, nasce a Siracusa «da una famiglia umile» e grazie alla scuola trova lavoro. Si trasferisce al Nord e insegna prima a La Spezia e poi a Biella. Grazie al Movimento 5 Stelle entra (da ripescata) in parlamento, diventa addirittura ministra per poi tornare nella sua Siracusa da preside e infine di nuovo a Biella, dove ora, a 42 anni, vive insieme al suo compagno, con il figlio Leonardo di un anno e mezzo e con un’altra bambina, Aurora, che nascerà a giugno. Giri immensi e felicità, dicevamo. «Ecco sì, non immaginavo di poter essere così felice con il mio bambino e con il mio compagno, con lui ci conoscevamo già da tempo». Un’amicizia diventata poi una relazione per la quale, ironia del destino, Azzolina sembra quasi dover «ringraziare» la sua predecessora Mariastella Gelmini. «Fu per i suoi tagli che chiesi il trasferimento a Biella nel 2012. Lì ho incontrato Giovanni, ex consigliere comunale del M5S e come me siciliano e disilluso dalla politica». «Ho creduto tanto in quello che ho fatto in parlamento e da ministra – ammette Azzolina -, ma ho messo da parte la mia vita privata, forse adesso me ne pento. Ecco perche ora ho deciso di dedicarmi a mio figlio e alla mia famiglia».
Di errori in quel primo anno difficile del Covid gliene attribuiscono tantissimi. Lei giura come ministra il 10 gennaio del 2020 e dopo un mese scoppia il putiferio. Il caso più rumoroso quello dei banchi a rotelle distribuiti nelle scuole. «Una grande fake news, Miozzo mi aveva avvertito del rischio di una pandemia anche delle false notizie – si difende a cinque anni di distanza -. Di quei banchi aveva parlato anche Piero Angela a Superquark. Ora sono nelle scuole di chi li ha chiesti, non è che li ha dati il ministero. Quella polemica fu solo propaganda». Attacchi e critiche, «coltelli alle spalle da cui doversi difendere» secondo lei. «Arrivano da tutte le parti. Non te li aspetteresti dal partito in cui stai, ma forse li hanno puntati più da lì che da altre parti».
E poi c’è quello che fa più male. «Avevo tutta una serie di caratteristiche che evidentemente non andavano bene per la politica». Quali? «Ero una donna giovane, del Sud con l’accento del Sud. E il rossetto rosso. Non si può giudicare una persona per il suo aspetto fisico, se sei carina o no, se hai il rossetto o se non lo indossi. Voglio essere giudicata per quello che ho fatto, per gli studi che ho condotto». E invece? «Speravo non succedesse, ma poi ho capito che alla fine fanno contare anche l’aspetto fisico. E questo mi ha penalizzata. Cosa avrei dovuto fare? Togliermi in rossetto?». Pregiudizi sessisti, ricorda Azzolina, in politica come in altri lavori. «C’è sempre stata quella domanda rivoltante che mi ha seguito, “Ma come c’è arrivata lì?”. Parole che ne sottintendono altre. L’ho letta sui social, l’ho intuita anche tra colleghi in parlamento. Nei confronti di tutte, e questo fa male. Tanto male».
Gli anni degli attacchi alle spalle, gli anni della scorta «per proteggermi». «L’istruzione in Italia è sempre stata vista come una spesa, finché non si capisce che investire nella scuola significa investire nel futuro di tutti noi, non andremo da nessuna parte. La scuola è un investimento e non è una spesa», conclude Azzolina. «Volevo concorsi seri e ho ricevuto minacce, ora mi sento libera». La campanella suona, si torna in classe.
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