Il segretario di Stato americano Marco Rubio ha dato il via al suo viaggio in America Latina, arrivando a Panama nella giornata di ieri. Al centro della sua missione i dossier del Canale di Panama, con l’intrusione della Cina nella zona, e la questione migratoria con la gestione dei flussi e dei rimpatri.
L’agenda di Rubio è fitta
Le tappe di Rubio sono Panama, El Salvador, Costa Rica, Guatemala e Repubblica Dominicana. Quello relativo alla via d’acqua che collega il Mar dei Caraibi e l’Oceano Pacifico è un nodo cruciale. Il presidente Donald Trump ha suggerito di riprenderne il controllo per mettere fine all’egemonia cinese.
L’obiettivo è la cooperazione regionale
Oltre alla questione del Canale, il capo della diplomazia americana mira anche a promuovere la cooperazione regionale su interessi ritenuti fondamentali e condivisi: “fermare la migrazione illegale e su larga scala, combattere la piaga delle organizzazioni criminali transnazionali e dei trafficanti di droga, contrastare la Cina e approfondire le partnership economiche per migliorare la prosperità nel nostro emisfero”, come si legge in una nota del Dipartimento di Stato.
Il Canale di Panama usato come leva da Pechino
Marco Rubio ha affrontato la delicata questione del coinvolgimento cinese nel Canale di Panama durante un’intervista del 30 gennaio con Megyn Kelly di “The Megyn Kelly Show”.
“Uno dei principali investimenti che hanno in mano è in queste due strutture portuali su entrambi i lati del canale, all’ingresso. E tutti i tipi di altre infrastrutture, gru e simili”, ha detto l’uomo di Trump. Sebbene la società impegnata in queste attività sia di Hong Kong, è ancora sotto il controllo di Pechino.
Il timore statunitense è fondato. Se il governo cinese dovesse intimare alle autorità panamensi di chiudere il Canale, queste dovrebbero farlo. Il segretario di Stato non ha dubbi rispetto al fatto che i cinesi abbiano un piano di emergenza per procedere in questa direzione.
Tale rapporto di forza viola l’accordo del Trattato di Panama con gli Stati Uniti. “Questa dinamica non può continuare, non solo perché l’abbiamo costruita a caro prezzo in vite umane e denaro, ma perché è contraria al nostro interesse nazionale. Non è nell’interesse nazionale degli Stati Uniti avere un canale che abbiamo pagato e che abbiamo costruito, usato ora come leva e arma contro di noi. Questo non può succedere”, ha ribadito il politico statunitense.
Tuttavia, il presidente di Panama Jos Raul Mulino ha recentemente affermato che non si impegnerà in alcun negoziato sulla proprietà del canale, perché “appartiene a Panama”.
Quello che molti media non scrivono
Il corso d’acqua di 51 miglia che collega il Mar dei Caraibi con l’Oceano Pacifico rende il commercio molto più agevole ed efficiente. “Circa il 72% delle navi in transito va o proviene dai porti degli Stati Uniti”, secondo il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti.
Utilizzando il Canale di Panama, le navi possono risparmiare tempo e costi di carburante in misura considerevole. Qualsiasi interruzione della navigazione può avere un effetto negativo significativo.
Il canale è stato concesso a Panama dal presidente Jimmy Carter sulla base di accordo firmato nel 1977, articolato in due distinti patti tra le parti: il Trattato di Neutralità e il Trattato del Canale di Panama. Il Trattato di Neutralità stabilisce che gli Stati Uniti possono usare la loro potenza militare per proteggere il canale da qualsiasi minaccia alla sua neutralità.
La tesi del presidente Donald Trump
Trump sostiene che l’accordo di neutralità sia stato infranto poiché le aziende cinesi hanno posto in essere man mano a una presenza dominante nella regione. Ha criticato inoltre i “prezzi esorbitanti e le tariffe di passaggio” addebitate per il transito delle navi della Marina degli Stati Uniti e delle imbarcazioni commerciali.
“È gestito dalla Cina. Abbiamo dato il Canale di Panama a Panama. Non l’abbiamo dato alla Cina, e ne hanno abusato. Hanno abusato di quel dono”, ha denunciato più volte il tycoon.
Rubio affronterà anche la questione immigrazione
In El Salvador, Rubio cercherà di garantire la cooperazione del Paese relativamente agli sforzi degli Stati Uniti per i rimpatri dei migranti illegali. Il 31 gennaio, l’inviato speciale per l’America Latina Mauricio Claver-Carone ha riferito che gli Stati Uniti sperano di arrivare a un’intesa con El Salvador per farne un “Paese terzo sicuro”.
Se tutto dovesse andare a buon fine, agli immigrati illegali espulsi dagli Stati Uniti che non vengono rimpatriati dalle loro nazioni d’origine sarà concesso asilo in El Salvador. “Durante la prima amministrazione Trump, El Salvador era uno dei tre paesi che avevano un accordo di ‘terzo sicuro’ con gli Stati Uniti”, ha ricordato Claver-Carone.
La nuova amministrazione americana sta cercando di scoraggiare e prevenire l’ingresso di stranieri illegali negli Usa. Il segretario alla sicurezza interna Kristi Noem ha recentemente fatto sapere che per impulso dell’inquilino della Casa Bianca sono stati fermati tutti i finanziamenti intascati dalle ONG “utilizzati per facilitare l’immigrazione illegale”.
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