Quella volta che Roberto Giacobbo rimase incastrato in un cunicolo in Sardegna: «Ci ho rimesso una costola»

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Il divulgatore scientifico e conduttore: «Una pietra sporgente mi si è infilata nel torace»

«A Morgongiori ci ho rimesso una costola. Ero entrato attraverso una strettissima fenditura nella montagna, larga non più di un palmo e tre dita, dopo aver sgonfiato l’aria dai polmoni, scendendo poi per 70 metri. Non avevo calcolato però che, dopo due ore di intensa attività fisica, il corpo si ingrossa. Avrei dovuto aspettare, invece sono tornato subito indietro. Procedevo schiacciandomi contro la roccia, quando una pietra sporgente mi si è infilata nel torace». Roberto Giacobbo, divulgatore scientifico e personaggio tv, racconta così quello che gli è successo in Sardegna qualche tempo fa. E ancora: «L’importante in certi momenti è non lasciarsi prendere dal panico. Nei sotterranei di Todi invece ero sceso indossando un’imbragatura. Ma il moschettone urtava contro la parete, impedendomi di passare, sono dovuto rientrare alla base e toglierlo. Una volta ho camminato piegato in due, quasi carponi, dentro un acquedotto romano lungo 4 chilometri, continuando a parlare, una fatica improba».

Un fisico bestiale

Insomma, spiega al Corriere della Sera, per fare il suo mestiere ci vuole un fisco bestiale: «Bisogna essere preparati. Ho fatto tanto sport, salto in alto, pallacanestro, ho il brevetto da sub». Da bambino si divertiva con la tecnologia: «A 15 anni riciclai una piccola trasmittente che papà aveva usato per sorvegliarci nella culla. Collegandola ai fili mi inventai una radio privata che trasmetteva nel raggio di 500 metri, per 5 palazzine».

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Ha frequentato l’istituto di Cecchi Paone: «Alla scuola Merelli di Roma nord, tutti e due col fiocco, eravamo bravi. A 600 metri da casa mia abitava pure Alberto Angela». Ricorda anche Fabrizio Frizzi: «Eccezionale. Ricordo quando arrivai trafelato alla presentazione dei palinsesti Rai a Castel Sant’Angelo. Ero appena scampato a un incidente aereo a Boston, al decollo aveva ceduto un motore. Ero ancora sconvolto. Fabrizio mi prese da parte. “Vieni, mangiamo qualcosa da soli, io e te, sotto quel portico”. E finalmente, parlando con lui, la tensione si allentò».

Fiorello e Costanzo

Ha scritto programmi anche per Fiorello, dice a Giovanna Cavalli: «Le nostre figlie frequentavano la stessa scuola, una sera abbiamo presentato insieme il saggio di fine anno, emozionatissimi. Lui il diavolo io l’acqua santa. Amici. Mi ha detto: “Se un giorno presento Sanremo ti voglio con me”». Mentre è diventato famoso da Maurizio Costanzo. «Mi aveva invitato per presentare il mio libro sulle origini dell’antico Egitto, scritto con Riccardo Luna. “Ha quattro minuti”. Pochi istanti prima mi fermai, ma lui mi fece cenno di continuare. Parlai per oltre 20».

Ricorda che ai tempi di Voyager «mi arrivò dalla Georgia un’armatura romana integra, di un collezionista privato. Una rarità, furono tutte fuse. Questa era sopravvissuta perché l’antico proprietario ci si era fatto seppellire. In studio c’erano cento persone, tra cui un non vedente. Gli diedi dei guanti bianchi e per dieci lunghi minuti potè toccare l’armatura, in silenzio. Fu un’emozione intensa. Molti avevano le lacrime agli occhi. Mi sono commosso io invece quando il papà di un bimbo autistico mi disse: “Sa, quando mio figlio guarda Freedom, è molto attento e si tranquillizza. Mi regala due ore di affetto e di condivisione con lui”».

La piramide di Cheope

La più grande paura l’ha provata «quando mi sono arrampicato all’esterno della piramide di Cheope, arrivando fino in cima. Ci avevo messo 7 anni solo per avere il permesso. E gli ultimi due che ci avevano provato erano morti cadendo durante la discesa». E ancora: «Per salire ci vogliono circa 40 minuti. Per scendere un paio d’ore. Sei più stanco e devi saltare, se sbagli un passo sei finito».

Un’altra volta in cui se l’è vista brutta è stata «in volo sul Triangolo delle Bermuda. Secondo una teoria, il momento più pericoloso è quando si viaggia a pelo d’acqua. Si possono formare delle bolle di metano in cui navi e aerei rischiano di affondare o di prendere fuoco. Ho voluto sperimentare di persona, sorvolando quel tratto di mare a bassa quota. Non dissi niente a mia moglie per non farla preoccupare. Solo: “Ti richiamo dopo, qui non prendono i cellulari”».

Il mistero

Dice che dove sta il Santo Graal «lo sapevano i Templari. Un segreto ben custodito. Non si sa nemmeno se sia un oggetto o una persona». Ma il mistero più grande che non ha risolto è un altro: «Perché ai miei sei bassotti regolarmente scappa la pipì a cento metri dal portone, dopo tre ore di passeggiata».



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