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Una notizia che rischia di passare inosservata, soprattutto da noi in Europa, e che invece ha, per così dire, un sapore epocale, checché ne pensino quegli imbroglioni dei media mainstream.

Parlo dell’annuncio, dato martedì 28 gennaio dalla portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, che l’amministrazione Trump sta lanciando una nuova politica che consente ai cosiddetti “nuovi media” (giornalisti indipendenti, blogger, podcaster, ecc.) di porre domande durante le conferenze stampa, segnando una svolta significativa nella storia del giornalismo.

“Diamo il benvenuto a giornalisti indipendenti, podcaster e influencer dei social media”, ha affermato.

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Milioni di americani, in particolare i giovani, si sono allontanati dalla televisione e dai giornali tradizionali per consumare notizie tramite podcast, blog, social media e altre piattaforme indipendenti. È fondamentale per il nostro team condividere ampiamente il messaggio del presidente Trump e adattare la Casa Bianca al panorama mediatico in evoluzione del 2025.

Citizen Journalism

Va detto, innanzitutto, che la decisione non è altro che il riconoscimento ufficiale di qualcosa che era già in atto da tempo: si chiama citizen journalism (“giornalismo dei cittadini”), un termine che si riferisce alla raccolta, alla segnalazione e alla diffusione di notizie e informazioni da parte di persone comuni piuttosto che di giornalisti professionisti. Il “fenomeno” consente alle persone di svolgere un ruolo attivo nel processo di raccolta di notizie, spesso utilizzando strumenti e piattaforme digitali come i social media, i blog e siti web di video-sharing (YouTube, ecc.).

Sebbene citizen journalism sia un termine relativamente moderno, il concetto esiste da secoli. Le persone comuni hanno sempre condiviso le notizie tramite passaparola, lettere o opuscoli. Ad esempio, durante la Rivoluzione americana, opuscoli come Common Sense di Thomas Paine erano una forma di comunicazione gestita dai cittadini.

Come tutti sappiamo, soprattutto coloro che non sono tanto giovani, l’avvento di Internet negli anni ‘90 e la proliferazione di strumenti digitali negli anni 2000 hanno rivoluzionato il “giornalismo dei cittadini”. Piattaforme come blog, forum e siti di social media come Twitter, Facebook, Instagram e YouTube hanno consentito alle persone di condividere ampiamente notizie e opinioni, diventando hub per il giornalismo dei cittadini, soprattutto durante crisi o proteste.

In sintesi, il citizen journalism ha trasformato il modo in cui le notizie vengono create e consumate, rendendo l’intero processo dell’informazione più partecipativo e decentralizzato e diventando una componente essenziale del panorama mediatico contemporaneo.

Il disprezzo della sinistra

Non sorprende che l’amministrazione Trump sia quella che inaugura questo cambiamento, dato che i Democratici e i “progressisti” in generale (non solo negli Stati Uniti, ma anche nel resto del mondo occidentale) sono molto diffidenti nei confronti dei nuovi media, se non addirittura terrorizzati. Chi non ricorda le parole di fuoco pronunciate da un’icona mondiale della cultura liberal come Umberto Eco, secondo il quale i social network, ad esempio l’allora Twitter, ora X, danno “diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo due o tre bicchieri di rosso, e quindi non danneggiavano la società”?

Vero che il professore riconosceva a Twitter, sia pure obtorto collo, qualche merito nel corso di talune gravi crisi politiche internazionali e umanitarie, ma la stroncatura fu memorabile e divenne proverbiale. Diciamo che Eco espresse a perfezione un atteggiamento mentale assai ben radicato nelle sinistre e nelle élite internazionali.

Un sussiego che esprime un profondo disprezzo per tutto ciò che “puzza di popolo”, un’incapacità inguaribile di riconoscere all’uomo della strada, ai “non affiliati” ai Palazzi del potere (politico, culturale e mediatico) non solo il diritto di esprimere la propria opinione ma anche una qualsivoglia adeguatezza intellettuale, culturale e perfino etica a comprendere le grandi questioni del nostro tempo.

Mille volte al giorno sperimentiamo questo gap tra élites (o presunte tali) e popolo, tra politici “progressisti” e semplici cittadini (ad eccezione di quelli ben indottrinati o completamente lobotomizzati dalle élites). In Italia e nel resto d’Europa non meno che in America. Oltretutto, diciamolo di passata, controllare questi nuovi attori è un po’ più complicato che controllare i media tradizionali (coloro che li finanziano e coloro che ci lavorano).

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Due approcci alla libertà d’espressione

I conservatori, dal canto loro, hanno dimostrato di essere molto più aperti alle innovazioni che hanno rivoluzionato il panorama mediatico. La differenza tra i due approcci alla questione dell’informazione risiede probabilmente nel peso dato alla libertà di espressione. Per i liberal – spesso in ragione della penetrazione in profondità nelle loro fila di quello che in America, pensando soprattutto ad Antonio Gramsci e alla Scuola di Francoforte, chiamano cultural marxism – essa deve rispettare innumerevoli limitazioni, mentre per i conservatori non dovrebbe avere limiti, tranne quelli imposti dalla coscienza individuale.

Due scuole di pensiero inconciliabili, la seconda delle quali è quella più “americana”, cioè figlia ed erede della Rivoluzione Americana, di Thomas Jefferson e degli altri Padri Fondatori, e che si è incarnata nella Dichiarazione d’Indipendenza e nella Costituzione degli Stati Uniti d’America.

I post di Musk

Da notare che la mossa dell’amministrazione Trump arriva poche settimane dopo i post di Elon Musk:

Il citizen journalism è la strada per un futuro migliore! Incoraggio vivamente le persone in tutto il mondo a pubblicare notizie sugli eventi mentre accadono, sia in formato testo che video.

Il giornalismo dei cittadini è l’unico modo per uscire dalla macchina della propaganda dei media tradizionali.

Un altro motivo per cui il giornalismo dei cittadini è così importante. Voi, le persone, dovete essere i media, perché è l’unico modo per i vostri concittadini di conoscere la verità.

Anche su questo punto, insomma (e per fortuna), l’allineamento tra The Donald e il multimiliardario ceo di SpaceX e Tesla è completo. Dopotutto, Trump deve molto probabilmente, almeno in parte, la sua vittoria ai nuovi media e al citizen journalism.

Personalmente, credo fermamente nel ruolo culturale e politico dei blog – in senso lato, cioè inclusivo dei social media – e nella loro capacità di spalancare le porte del dibattito politico e culturale a tutti i cittadini che avvertono l’urgenza e l’importanza di parteciparvi.

Il futuro dell’informazione

Di conseguenza, non solo apprezzo profondamente l’approccio adottato dall’amministrazione Trump, ma mi sento anche incoraggiato a perseverare in uno sforzo che occupa diverse ore della mia giornata (nel mio caso specifico su Facebook e X). Naturalmente, spero che un fenomeno così significativo, oserei dire decisivo, come il citizen journalism continui a essere all’altezza della situazione e ad affrontare le sfide storiche che non riguardano solo l’America, ma l’intero Occidente.

C’è un disperato bisogno di serietà, responsabilità, verità e integrità nell’informazione e nei meccanismi che la regolano. Ed è chiaro ed evidente a tutti che i media tradizionali non sono, e non potranno mai più essere, la risposta alla necessità di garantire ai cittadini informazioni minimamente accurate e affidabili. Sta a noi, blogger e utenti di X, Facebook e altre piattaforme di social media, dimostrare che c’è ancora motivo di guardare al futuro dell’informazione con ottimismo. Nel frattempo, Donald Trump – che Dio lo benedica – ci sta dando una mano.

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