Bianca Censori ai Grammy e il gioco di Kanye West sull’indignazione

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Ogni apparizione pubblica di Censori scatena le polemiche: il suo sguardo vitreo, le sue forme lette in sostanza solo attraverso le lenti del desiderio maschile, l’indifferenza ieratica (e completamente vestita, talvolta mascherata) di West al suo fianco fanno preoccupare per la sua indipendenza, per la sua capacità di scegliere e discernere. Si grida all’ennesima mercificazione del corpo femminile, si fanno appelli perché qualcuno faccia qualcosa per lei. Dal canto suo, la diretta interessata non commenta, non rilascia dichiarazioni, mai un’intervista. Lui invece continua a celebrarla nei propri post (nelle finestre di tempo in cui non viene bannato da Instagram): sempre foto in cui è seminuda, espressioni assente, ma celebrata come musa, donna più bella del mondo, icona assoluta. Il dibattito si scalda sempre: alcune femministe vorrebbero salvarla, altre invocano la sua libertà di farsi modellare dal proprio Pigmalione voyeurista (Kim Kardashian e Julia Fox prima di lei avevano subito il medesimo trattamento, la medesima decostruzione e ricostruzione estetica, ma in pochi avevano invocato l’intervento delle autorità).

Voyeurismo per voyeurismo anche i nostri slanci in soccorso di Bianca Censori rispondono ai medesimi meccanismi pavloviani. Nessuno si è chiesto cosa pensasse veramente Censori sulla vicenda: è stata obbligata? Si vergogna? Si piace così? Li legge i nostri commenti? Una donna nuda o seducente accanto a un uomo (di potere?) deve per forza essere stata costretta (si fanno gli stessi discorsi su Melania Trump, del resto: per molto tempo la si è dipinta come una prigioniera in attesa della prima occasione per fuggire, ora si gode il secondo mandato da First Lady sempre più in stile House of Cards). Non è anche questo un automatismo maschilista? Dove sta la libertà e la sex o body positivity? Del resto si fa fatica a pensare Kanye West come un artista disinteressato, un genio modellatore, un esaltatore del femmineo ancestrale. È certo un comunicatore, ma soprattutto un polemista, un incendiario, uno disposto a far saltare in aria il palazzo pur di dimostrare quanto fragili siano le sue fondamenta (e quanto sia grande il suo ego).

L’ha dimostrato anche nelle ultime ore, nel suo solito uso caotico dei social: nel giro di 24 ore ha caricato e cancellato un post che esaltava Kendrick Lamar, delle stories in cui mostrava il body nero in vendita ma anche il mini-dress dello scandalo, e anche numerose foto in cui polemizzava contro una art director italiana che aveva osato commentare un suo post con la frase «Easy win» (ti piace vincere facile in sostanza). Al momento in cui scriviamo (4 febbraio alle ore 17.15) le sue stories sono una serie di grafici che mostrano la viralità della sua operazione, concludendo: «For Clarity. February 4th 2025. My wife is the most Googled person on the planet called Earth». Esaltazione del corpo femminile? Cortocircuito della moda? Dimostrazione d’amore? Polemica con i Grammy? Tutto ciò e niente di tutto ciò: quello che emerge più lampante è lo scheletro della nostra indignazione, delle nostre conversazioni polarizzate, del nostro esserci per commentare, Homini socialis che non siamo altro.

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Bianca Censori ai Grammy e il gioco di Kanye West sull'indignazione

Del resto Kanye West ha inventato il nude look sul red carpet? Jane Birkin negli anni Settanta, Cher in Bob Mackie all’inaugurazione del Met nel 1974, Rose McGowan tutta frangiata agli Mtv VMAs 1998, Rihanna in Adam Selman ai Council of Fashion Designers of America Awards del 2024, Doja Cat all’ultimo Met Gala avrebbero forse qualcosa da ridire (per essere precisi: avevano tutte le mutande). Kanye West ha solo affinato un metodo esplosivo totalizzante, che funziona attraverso le armi della sorpresa e della sottrazione: vengo, spoglio mia moglie, scompaio e guardo compiaciuto mentre tutto l’Impero brucia. Novello Nerone digitale, West tocca i nostri nervi e scappa (lo stesso fece con le dichiarazioni su Hitler); noi, invece di proteggerci i nervi, sbraitiamo su quanto sia ingiusto che lui ce li tocchi.

Cher e lo stilista Bob Mackie a un'inaugurazione al Met nel 1974

Cher e lo stilista Bob Mackie a un’inaugurazione al Met nel 1974Ron Galella/Getty Images

Marilyn Manson e Rose McGowan agli Mtv VMAs 1998

Marilyn Manson e Rose McGowan agli Mtv VMAs 1998Barry King/WireImage/Getty

Rihanna ai Council of Designer of America Awards 2014

Rihanna ai Council of Designer of America Awards 2014TIMOTHY A. CLARY/Getty Images

Doja Cat al Met Gala 2024

Doja Cat al Met Gala 2024Dia Dipasupil/Getty Images

In mezzo rimane Bianca Censori: musa di creta, arma di distrazione di massa, agent provocateur segreto e indecifrabile (mia speranza: è lì che se la ride pure lei e a un certo punto mollerà il caro Ye portandogli via pure le mutande: allora sarà nudo pure lui). In un certo perverso modo, è il riassunto più puro della potenza deflagrante del corpo e dell’identità femminile. Ma mentre ci facciamo avvelenare i pozzi da Kanye West, evidenti rimangono ancora i nodi scoperti di una contemporaneità nei confronti della quale non riusciamo ad abbandonare certe rigidità moralistiche: la nudità, il corpo, l’inaspettato, l’equilibrio tra i sessi. È il momento giusto per fare pace con ciò che ci turba di più, una specie di anestetico d’affetto rispetto alle facili polemiche del web. (Per la cronaca: la Best Rap Song l’ha vinta Kendrick Lamar con Not Like Us, ma nella stessa categoria era candidato anche Kanye. Nessuno per fortuna se ne ricordava.)

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