Cosa c’è dietro e dove erano dirette le armi sequestrate in Calabria? La ‘ndrangheta fa il doppio gioco e spedisce gli arsenali in Ucraina e Palestina? I servizi segreti sono coinvolti? E l’ipotesi di Klaus Davi… – MOW

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Con due guerre in corso, in Ucraina e in Palestina, non si può escludere che le armi ritrovate a Gioia Tauro e ad Arghillà (nord di Reggio Calabria) non fossero dirette proprio là. Questo è il pensiero del giornalista Klaus Davi. Ma quegli arsenali erano in mano alla ‘ndrangheta? Poi l’esperto di mafia ha parlato del caso ultras e dell’infiltrazione della criminalità organizzata a Milano. E sui Comuni che vengono sciolti al sud…

I carabinieri di Gioia Tauro, guidati dal comandante Nicola De Maio, hanno sequestrato un arsenale nascosto in un’azienda agricola. Il proprietario è accusato di traffico di armi e stupefacenti. Il materiale è stato ritrovato all’interno di alcuni bidoni metallici sotterrati a più di due metri di profondità, raggiunti grazie all’utilizzo di un’escavatrice. L’operazione, tra il tempo dedicato all’individuazione del deposito e il recupero, è durata circa tre giorni. Sono state ritrovate duemila munizioni, alcune pistole e venti fucili, tra cui alcuni M4 e Ak-47, oltre a sette bombe e sei chili di cocaina. Il comandante De Maio ha dichiarato che “le armi provenivano dal mercato nero o erano state oggetto di furto o di smarrimento” e che “erano immediatamente disponibili e, per le condizioni in cui si trovavano, erano subito pronte all’uso”. I particolari dell’operazione non sono ancora disponibili, dato che permane il segreto d’indagine. Klaus Davi è intervenuto nel merito al Tg regionale della Calabria: “I ritrovamenti sono frutto di una soffiata, di uno smottamento interno alla cosca. Le armi potrebbero essere destinate sia per il mercato interno italiano, magari vendute ad altre mafie, sia, come scrivono i giornali, per essere spedite all’estero”. Con due guerre in corso, in Ucraina e in Medioriente, per il giornalista questo secondo scenario non può essere escluso, seppur si debbano attendere ulteriori aggiornamenti. Inoltre, pochi giorni fa erano state sequestrate altre armi ad Arghillà, nel nord di Reggio Calabria, in un’operazione coordinata dall’ufficio del procuratore Giuseppe Lombardo. Il materiale era stato murato all’ultimo piano di un edificio, nascosto in barili contenenti vari panetti di tritolo con detonatore innescato e alcune componenti elettriche, utilizzate per la realizzazione di esplosivi telecomandati.

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Per quanto riguarda l’arsenale di Gioia Tauro, gli investigatori stanno passando al vaglio le relazioni e le frequentazioni del titolare dell’azienda agricola (che per ora non è stato arrestata) per risalire ad eventuali legami con la criminalità organizzata. Già in passato sul territorio italiano erano passati arsenali da spedire verso Stati stranieri in conflitto, grazie alla mediazione dei Servizi segreti, magari in cambio della garanzia di sicurezza rispetto ad attentati terroristici. Ovviamente dei ritrovamenti degli arsenali in Calabria sappiamo ancora troppo poco per fare analogie con il passato. Ma di certo “l’economia di guerra” può essere un’opportunità di business per la ‘ndrangheta e la mafia in generale. Qualche giorno fa, dice ancora Klaus Davi in trasmissione, Antonio Randisi del clan Molinetti si è pentito: “È una figura importante”, che avendo militato nel gruppo di uno dei più importanti esponenti della ‘ndrangheta “potrebbe aver sentito molte cose, potrebbe far luce su molti omicidi”. Però Davi rimane cauto, “i pentiti li giudico solo da quello che dicono veramente. Dietro Molinetti ci sono tanti segreti della Repubblica”, tra cui l’omicidio del magistrato Antonino Scopelliti. Nel frattempo è stato scarcerato l’ex sindaco di San Luca, Bruno Bartolo, che era stato arrestato lo scorso 25 gennaio per presunti illeciti nella gestione dello stadio: “Chiarirà nelle sedi opportune la sua posizione”, ha detto il giornalista, “È una buona notizia per San Luca che sia stato scarcerato. Non c’è mafia, mi pare evidente, altrimenti l’inchiesta sarebbe andata direttamente alla Direzione distrettuale antimafia. Non c’è nessun pretesto per sciogliere il Comune”. Del resto, lo stiamo vedendo con la vicenda degli ultras di Milano, la ‘ndrangheta è un fenomeno che non può essere circoscritto al sud. Anzi, sono stati due milanesi, Marco Ferdico e Andrea Beretta, a chiamare Antonio Bellocco al nord, come garante del loro dominio sulla curva rispetto a possibili pretese di altre famiglie malavitose. “Milano è infiltrata dalla ‘ndrangheta a tutti i livelli”, prosegue Davi, “dai mercatini allo stadio”. Ad essere sciolti, però, sono solo i comuni in Calabria, e per questo l’esperto di mafia si auspica un atteggiamento diverso da parte del ministero dell’Interno nei confronti delle istituzioni delle regioni del nord.





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