mobilitazione contro gli impianti, nel mirino anche le Olimpiadi invernali

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“La montagna non si arrende”. Domenica prossima, 9 febbraio, in tutta Italia da Bormio a Potenza arriva la terza edizione della mobilitazione nazionale diffusa in montagna: dopo ‘Reimagine Winter’ e “’ibelliamoci alpeggio’, a un anno dalle Olimpiadi di Milano-Cortina, l‘Ape-Associazione proletari escursionisti (radicata a Bergamo, Bologna, Brescia, Lecco, Milano, Roma, Salerno) rilancia la “pervicace opposizione a progetti che devastano gli ecosistemi montani, producono dissesto idrogeologico, consumano acqua e suolo, cercando di aggirare la crisi climatica con ‘soluzioni’ che la aggravano sempre di più”. Slogan, ‘La montagna non si arrende’ appunto.

Le terre alte “bruciano. Non è una metafora. Lo zero termico a 4.200 metri in pieno autunno, i ghiacciai si sfaldano, il permafrost si scioglie, le alluvioni devastanti sono la realtà quotidiana delle nostre montagne. Una realtà che stride con l’ostinazione di chi, dalle Alpi agli Appennini, continua a proporre un modello di sviluppo anacronistico e predatorio, basato su pratiche estrattive e grandi-eventi come i Giochi olimpici invernali”, spiega Ape sul suo sito che mappa i luoghi dove domenica ci saranno le manifestazioni.

“A un anno dall’apertura dei Giochi di Milano-Cortina 2026, lanciamo un appello per una mobilitazione diffusa in montagna che attraversi l’intero arco alpino e la dorsale appenninica domenica 9 febbraio”. Sono state organizzate 13 manifestazioni. Tra cui, appunto, in chiave Olimpiadi invernali non manca Cortina e il tema della contestata pista da bob: ‘Non torneranno i larici’ sarà una “giornata di contropropaganda per demolire la reputazione delle Olimpiadi che sfruttano e violentano cittadinanze e montagne, per falsificare la narrazione e i dati che le istituzioni e il Comitato olimpico hanno costruito sopra gli impianti, i cantieri, i servizi delle future Olimpiadi”. Per la pista da bob a Cortina si sono abbattuti dei larici secolari con promessa di ri-piantarne molti di più. “Ad un anno dall’inaugurazione ufficiale pista da bob, vlilaggio olimpico, viabilità ordinaria e straordinaria, e le strutture olimpiche sono tutte incompiute, in ritardo rispetto al cronoprogramma”, con costi di “milioni e miliardi sottratti alle comunità locali”, segnala l’Ape

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. La giornata a Cortina prevede dunque un ritrovo a Socrepes, una salita sci-alpinistica (o anche a piedi) verso il Rifugio Dibona per arrivare alla pista olimpica Olimpia delle Tofane e qui fare una discesa collettiva (o più discese) con bandiere-magliette-gilet, volantinaggio e relazioni “gentili” di controinformazione tra sciatori e turisti. A fine giornata, banchetto in corso Italia e conferenza stampa.

Anche a Bormio ci si mobilita contro il modello Giochi. In Liguria è organizzato un trekking sull’Altavia dei monti liguri “per informare sull’esistenza della minaccia di una possibile apertura dela miniera di titanio piu grande d’Europa, a cielo aperto, ai piedi del Monte Tarinè” nel Parco del Beigua. Ci saranno dei trekking contro il nuovo comprensorio tra Lizzola e Colere (provincia di Bergamo), la nuova seggiovia al Corno alle Scale (Appennino bolognese), o contro gli impianti in Valtellina ma anche sul monte Bondone tra le Viote e Vason in nome “della salvaguardia ambientale come prerogativa necessaria anche per il mantenimento dell’attrattiva turistica del Trentino”.  Nel Parco nazionale di Abruzzo, Lazio e Molise si manifesta contro una maxicentrale.

“La monocoltura turistica sottrae risorse economiche pubbliche a beneficio di pochi, a scapito di modelli plurali e alternativi di contrasto allo spopolamento delle terre interne e di convivenza armonica in territori montani fragili e unici”, riassume Ape sulle ragioni della mobilitazione diffusa. Sul perché mobilitarsi, L’Ape risponde così: “Il tempo delle mediazioni è finito. Gli scienziati ci dicono che l’ultimo turista sugli sci arriverà nel 2040. Eppure si continuano a costruire nuovi impianti di risalita, a scavare bacini per l’innevamento artificiale, a devastare versanti per inutili collegamenti tra comprensori. Dalle Alpi agli Appennini, dalla Val di Susa alla Basilicata, assistiamo allo stesso copione: opere nocive e imposte dall’alto, trivellazioni, cementificazione, spopolamento”. In un momento in cui molte zone d’Italia “sono colpite da disastri ambientali, con infrastrutture idriche compromesse ed opere di mitigazione insufficienti a far fronte alle sempre più violente (e frequenti) onde di piena causate dagli eventi climatici estremi, le ingenti risorse economiche destinate ai Giochi Olimpici sulle Alpi e a nuovi impianti sugli Appennini, appaiono come sprechi ingiustificabili di fronte all’urgenza di interventi di tutela, manutenzione e riqualificazione ecologica dei territori”.

In questo contesto, i Giochi invernali di Milano-Cortina 2026 “appaiono come un evento lontano dalle necessità delle comunità, esponendo la montagna e i suoi abitanti a una pressione antropica non sostenibile”. Ma “la montagna non è un parco giochi da sfruttare fino all’ultimo respiro. È un ecosistema fragile, la nostra principale riserva d’acqua, un patrimonio di biodiversità e cultura insostituibile. Non c’è più tempo per rimandare: ogni nuova cava, ogni nuovo impianto, ogni colata di cemento, ogni bacino artificiale… peseranno per centinaia di anni sul futuro dei territori e delle comunità. Il ghiaccio che si scioglie oggi non tornerà domani. Il suolo che cementifichiamo oggi resterà ferito per secoli. Non torneranno i larici”, conclude l’Ape nel manifesto sul suo sito.



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