Aumentano i morti sul lavoro in Emilia-Romagna: nel 2024 sono 96 le vittime, 8 nel Piacentino. Il dato regionale segnala un aumento del 5,5% rispetto all’anno precedente e il segno più riguarda anche le malattie professionali denunciate. A fornire il quadro dell’andamento i dati Inail – resi disponibili nella giornata di oggi – all’attenzione dell’Osservatorio permanente sugli infortuni e sulle malattie professionali della regione costituito dalla Camera del lavoro dell’Emilia-Romagna.
IL QUADRO IN EMILIA-ROMAGNA – Nel 2024, in Emilia-Romagna, sono statte registrate 75.868 denunce di infortunio, con una diminuzione dell’1,1% rispetto alle 76.687 dell’anno precedente. Le denunce di infortunio con esito mortale sono state 96, con un incremento del 5,5% rispetto alle 91 del 2023. Le malattie professionali denunciate hanno raggiunto quota 7.543, con un aumento del 15,8% rispetto alle 6.516 dell’anno precedente.
NEL TRASPORTO E MAGAZZINAGGIO I DATI PIÙ ALTI : I SETTORI – Tra i settori che hanno registrato il maggior numero di morti sul lavoro il trasporto e magazzinaggio ha riportato il dato più elevato con 23 infortuni mortali denunciati, seguito dall’agricoltura con 15 casi e dalle costruzioni con 11. Il settore del noleggio, delle agenzie di viaggio e dei servizi di supporto alle imprese ha registrato 5 morti sul lavoro, mentre la fabbricazione di macchinari e apparecchiature ne ha contati 4. I settori commercio e riparazione, metallurgia, industrie alimentari, servizi di alloggio e ristorazione, sanità e assistenza sociale hanno registrato ciascuno 3 infortuni mortali.
PIÙ INFORTUNI MORTALI PER LAVORATRICI, NATI ALL’ESTERO E OVER 65 – «In cinque anni, dal 2020 al 2024 – scrive l’osservatorio – in Emilia-Romagna hanno perso la vita sul lavoro 576 lavoratrici e lavoratori: 69 nell’agricoltura, 90 nell’edilizia e 117 nel trasporto e magazzinaggio. Nel 2024 crescono in Emilia-Romagna gli infortuni mortali delle lavoratrici donne (11, +57,1% rispetto al 2023), dei lavoratori nati all’estero (23, +21,1% rispetto al 2023) e dei lavoratori over 65 anni (15, +50% rispetto al 2023). Come dimostrato dai dati nazionali relativi al periodo 2002-2022, il 55,8% degli infortuni mortali riguarda lavoratrici e lavoratori con contratti non standard, il 54,7% si verifica in aziende con meno di 10 addetti. Esattamente come 60 anni fa, il 33% degli infortuni mortali è causato da cadute dall’alto, il 15,7% dallo schiacciamento dovuto alla caduta di oggetti».
«Negli ultimi anni –commenta il segretario generale della Cgil Emilia-Romagna, Massimo Bussandri – si sono moltiplicate vere e proprie stragi del lavoro: Brandizzo, Esselunga di Firenze, Suviana, Casteldaccia di Palermo, Toyota di Bologna, Eni di Calenzano, Ercolano. Fa impressione constatare come protagoniste siano spesso e volentieri grandi imprese e aziende partecipate dallo Stato. È inaccettabile che 3 lavoratrici e lavoratori al giorno in Italia siano vittime dell’esasperazione del profitto, del disinteresse per i diritti e la sicurezza di chi lavora. In un paese civile questa sarebbe la priorità di qualsiasi Governo: mettere in sicurezza i luoghi di lavoro, aumentare i controlli e sanzionare con durezza chi non rispetta le regole, sostenere il ruolo e il lavoro fondamentale dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, investire in formazione. Queste dovrebbero essere le priorità del Governo, che invece – seguendo la retorica del “nondisturbare chi produce” – appare assente e disinteressato».
«Dalle analisi del nostro Osservatorio (che saranno approfondite nel Rapporto annuale di prossima pubblicazione) – continua Paride Amanti della Segreteria regionale -, emerge una realtà chiara: c’è un fortissimo legame tra qualità del lavoro, sicurezza sul lavoro e legalità. Sono evidenti i fattori che incidono sul rischio di infortunarsi sul lavoro: i settori più esposti (a partire da agricoltura, logistica e edilizia) sono quelli caratterizzati da maggiore precarietà del lavoro, dalla frammentazione del sistema delle imprese e quindi da una minore dimensione aziendale, dalla maggior presenza di fenomeni di illegalità e sfruttamento fino alle vere e proprie infiltrazioni della criminalità organizzata. E poi, emerge con forza il tema degli appalti e dei subappalti che intreccia tutti questi fenomeni: più si allungano le filiere dei subappalti a cascata più crescono i rischi per lavoratrici e lavoratori. Bisogna cambiare il modo di fare impresa: massimo ribasso, subappalti a cascata, mancanza di controlli, precarietà del lavoro sono scelte ben precise, non sono una fatalità. Scelte che possono e devono essere cambiate e su questo serve che tutti si assumano le proprie responsabilità: Governo, Istituzioni, Associazioni di impresa e singole aziende».
«La sicurezza sul lavoro – conclude Bussandri – è al centro della battaglia referendaria della Cgil e chiediamo al Governo risposte sulle proposte chiare e concrete che abbiamo avanzato a tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. E la sicurezza sarà al centro anche delle nostre proposte per la manutenzione del Patto per il Lavoro e per il Clima regionale. Il Patto per la Tutela della Salute e della Sicurezza sul lavoro condiviso nello scorso mandato è stato un punto di partenza significativo ma deve essere attuato in tutte le sue parti: la priorità è estendere le tutele conquistate negli appalti pubblici a tutto il sistema degli appalti privati, consolidare i Tavoli provinciali, realizzare un maggior coinvolgimento degli organismi ispettivi, attuare la formazione obbligatoria prima di cominciare l’attività lavorativa, stabilire procedure da seguire per gli eventi estremi e allargare l’Ordinanza caldo, finanziare progetti per l’introduzione delle tecnologie salva-vita nei luoghi di lavoro. E poi, a partire dal 2025, anche con le Associazioni di impresa occorre fare un patto: almeno 1 ora di assemblea sindacale all’anno, anche aggiuntiva, deve essere dedicata in ogni luogo di lavoro ai temi della salute e della sicurezza sul lavoro».
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