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Ursula von der Leyen non ne azzecca una. Questo, ormai, sembra un dato di fatto. E come se non bastasse, ora sull’Europa incombe anche il tifone Trump, che potrebbe travolgere definitivamente le fragili basi economiche e politiche su cui si regge l’Unione.
Il recente piano per la competitività, che avrebbe dovuto essere il primo grande provvedimento del suo secondo mandato, è la prova lampante di una gestione che oscilla tra l’inconsistenza e la sudditanza ai grandi poteri finanziari internazionali.
La Bussola della competitività: disastro von der Leyen
Il nuovo provvedimento della Commissione Europea, denominato “Bussola per la competitività”, nasce vecchio, sembra già arrugginito, altro che piano efficace. Von der Leyen si è ispirata alle raccomandazioni del Piano Draghi, ma il risultato è una serie di linee guida vaghe e inconcludenti che fanno sembrare il terzo mercato più grande del mondo una startup in cerca di finanziamenti.
L’uso del linguaggio tipico del mondo aziendale per descrivere le politiche economiche di un continente, operazione fumosa che può solo scaldare gli analfoliberali da tastiera, dimostra quanto l’Europa sia stata privata della sua sovranità.
La verità è che chi governa l’Unione Europea non governa niente: le regole del gioco vengono decise a Washington e a Wall Street, mentre Bruxelles si limita a eseguire gli ordini. L’unico margine di manovra rimasto è decidere a chi far pagare il conto, e von der Leyen ha già dimostrato che non intende certo colpire la sua classe sociale e i grandi capitali.
Il suo piano per la competitività non prevede incentivi reali né un serio piano di investimenti pubblici, ma solo deregolamentazione selvaggia. Si chiama “sburocratizzazione”, ma nella realtà significa solo smantellamento delle tutele sociali e ambientali.
L’Europa in ginocchio davanti agli USA
Mentre Trump chiede all’Europa di aumentare l’importazione di petrolio e gas liquido statunitense, Bruxelles esegue senza battere ciglio. Il risultato? A gennaio le importazioni di gas liquido dagli Stati Uniti hanno raggiunto il loro massimo storico, con l’Europa che paga il combustibile 4,5 volte il prezzo che dava a Gazprom. Un suicidio economico mascherato da strategia politica.
Anche i socialisti europei hanno espresso critiche sul piano di von der Leyen, ma si tratta solo di facciata. La verità è che l’Europa avrebbe bisogno di un piano di investimenti pubblici senza precedenti, finanziato con capitale europeo e con misure di protezione contro la fuga di capitali.
Ma tutto questo è impossibile all’interno dell’attuale impianto neoliberista, progettato apposta per mantenere l’Europa in una condizione di dipendenza dai grandi monopoli finanziari statunitensi.
Eurozona dai conti in rosso
Il 2024 si è aperto con dati economici disastrosi per l’Europa: stagnazione del PIL, calo della produzione industriale e una cassa integrazione che ha superato i livelli pre-pandemia. In Italia, la narrazione del “boom occupazionale” si scontra con la realtà di lavoretti sottopagati e precari, mentre Francia e Germania non se la passano meglio, con una crescita negativa.
La BCE si appresta a un nuovo taglio ai tassi di interesse, ma con la FED che mantiene i tassi invariati e non ha alcuna intenzione di assecondare Trump, l’Europa non può permettersi riduzioni significative. Il problema, ancora una volta, è la libera circolazione dei capitali: con gli USA che offrono interessi vicini al 5% sui loro titoli di Stato, chi mai investirebbe in un’Europa senza una strategia economica credibile?
Il declino dell’egemonia USA e le opportunità mancate
Nonostante la narrazione della propaganda neoliberista, l’economia statunitense è tutt’altro che solida. La FED ha mostrato tutti i limiti di un sistema che si regge su fondamenta fragili, e gli ultimi mesi hanno visto emergere le gravi debolezze strutturali degli Stati Uniti. Ma mentre la Cina ha saputo reagire all’embargo imposto dagli USA con una crescita esponenziale nel settore dell’intelligenza artificiale e della tecnologia, l’Europa continua a guardare dall’altra parte.
DeepSeek e altri modelli di intelligenza artificiale cinesi hanno superato i competitor americani, dimostrando che l’egemonia statunitense è tutt’altro che imbattibile. Tuttavia, invece di seguire l’esempio della Cina e sviluppare una propria indipendenza tecnologica, l’Europa resta ancorata a un sistema che la rende dipendente da Washington.
Von der Leyen si sta dimostrando il peggior leader possibile per un’Europa che avrebbe bisogno di visione e coraggio. La sua gestione è un misto di incompetenza e sudditanza ai poteri forti, che sta trascinando il continente in un declino sempre più evidente.
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