il treno a idrogeno, ideologia contro efficienza

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Giorni fa, lo scorso 28 gennaio, il segretario della Lega nonché ministro dei trasporti Matteo Salvini ha scritto un post su X a metà strada tra il compiaciuto e il gongolante il cui testo recita testualmente:

È arrivato a Rovato (Brescia) il primo treno a idrogeno in Italia che, nel corso di quest’anno, inizierà i test in vista della sua entrata in servizio in Valcamonica, nell’ambito del progetto della Hydrogen Valley italiana. Il treno opererà sulla linea non elettrificata Brescia-Iseo-Edolo e sostituirà i veicoli a diesel. Un progetto promosso da FNM, Ferrovienord e Trenord di vera sostenibilità – non ideologica – al servizio delle comunità e del territorio.

L’annuncio avrà sicuramente suscitato un certo sconcerto tra le fila di coloro che, come chi vi scrive, hanno a ragion veduta una posizione critica sulle tematiche finto-ambientali. Ci si chiede infatti come possa il segretario del partito che a parole si è battuto e si sta battendo in Europa più di tutti per ridimensionare le follie green, che afferma giustamente da mesi in ogni sede la necessità di eliminare le assurde restrizioni sui motori a combustione interna a partire dal 2035, che è il più sinceramente impegnato a rimuovere per quanto possibile le assurdità ideologiche legate alla cosiddetta “transizione ecologica”, gongolare per un progetto che è invece proprio l’apoteosi delle assurdità dell’ideologia green.

Purtroppo, una risposta razionale a questa domanda non sembra esserci, di là dalla possibile generica soddisfazione per il varo di un progetto nell’ambito delle competenze di un ministro dei trasporti. Però, come sempre, cerchiamo di vederci chiaro e soprattutto di capire di cosa si tratta e se tutto ciò abbia un benché minimo senso: seguitemi in questo excursus.

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Il progetto H2iseO

Il progetto in questione, dell’importo stimato di 392,4 milioni di euro, è stato denominato “H2iseO” e, dal sito web istituzionale, leggiamo che esso ha lo scopo di “decarbonizzare” la linea ferroviaria Brescia-Iseo-Edolo lunga 103 km e prevede ad oggi:

  • Messa in servizio di 14 nuovi treni a idrogeno “Coradia Stream H” di Alstom in sostituzione della flotta diesel oggi circolante sulla tratta in questione, priva di elettrificazione.
  • Realizzazione di 3 impianti di produzione, stoccaggio e distribuzione di idrogeno verde (ottenuto, cioè, senza aggiunta di emissioni di CO2 in atmosfera). A Iseo esso sarà prodotto mediante la tecnologia dello “steam reforming” del biometano utilizzando energia elettrica da fonte rinnovabile e, in aggiunta, con cattura della CO2 prodotta; a Brescia e a Edolo mediante tecnologia a elettrolisi utilizzando energia elettrica da fonte rinnovabile.
  • Realizzazione di un impianto di rifornimento mobile a Rovato.
  • Realizzazione di un impianto di deposito e manutenzione dei treni a Rovato.
  • Adeguamento tecnico e infrastrutturale delle stazioni interessate.

Sempre leggendo testualmente dal sito web istituzionale, la cosiddetta “H2iseO Hydrogen Valley” è un progetto realizzato da FNM, Ferrovienord e Trenord e mirerebbe a “decarbonizzare” – parola sempre molto trendy da citare a destra e a manca, vero e proprio passepartout verso l’Elysium di un mondo green – “i servizi di trasporto pubblico e a favorire la transizione verso un sistema di trasporti più sostenibile”, nonché a sviluppare un distretto industriale economico-geografico basato sull’idrogeno verde che, partendo dalla mobilità, dovrebbe poi successivamente interessare la cosiddetta “conversione energetica” dell’intera Valcamonica.

Il progetto è interamente finanziato con fondi del Pnrr-Ipcei (Important Project of Common European Interest), ça va sans dire.

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Vaste programme, verrebbe proprio da dire, ma sarà proprio così? Ma, soprattutto, era questa l’unica soluzione possibile per “decarbonizzare” con la migliore efficienza energetica e al minor costo possibili?

In tal proposito, non ci stancheremo mai di ribadire che il rapporto di causalità tra incremento della concentrazione di CO2 in atmosfera e aumento della temperatura media globale è ben lungi dall’essere mai stato nemmeno lontanamente dimostrato – checché ne dicano schiere di narratori mainstream che si affannano diuturnamente a spergiurare il contrario.

Il che rende non solo inutile ma persino dannoso qualunque intento di “decarbonizzare” il pianeta, che equivale a “devitalizzare” il pianeta, dal momento che la CO2 è il gas precursore della vita sulla Terra per come noi la conosciamo, il trait d’union tra la materia inorganica e quella organica, concetto fondamentale che non dovremmo mai perdere di vista.

Ma fingiamo di restare comunque al gioco perverso del “riduci la CO2 purchessia” e torniamo alla domanda principale: è l’idrogeno verde la soluzione più economica ed energeticamente efficiente?

1. Costo dell’investimento

Leggendo l’elenco di attività previste nel progetto H2iseO, la prima domanda che nasce spontanea è perché, invece di architettare questo sistema così arzigogolato, non si sia pensato semplicemente di elettrificare la linea ferroviaria alimentandola con quella stessa energia elettrica da fonte rinnovabile che verrà impiegata per la produzione di idrogeno verde.

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Se infatti andiamo a guardare il costo presunto dell’investimento di 392,4 milioni di euro, esso è costituito da circa 15 milioni di euro per ciascuno dei 14 treni a idrogeno previsti e da 182,4 milioni di euro per le rimanenti opere infrastrutturali, inclusi gli impianti di idrolisi e di steam reforming.

Poiché la linea Brescia-Iseo-Edolo è a singolo binario, la sua elettrificazione avrebbe invece comportato un costo stimato mediante le tabelle standard RFI di circa 500.000 euro/km, cioè di 500.000 ∙ 103 = 51,5 milioni di euro.

La linea elettrificata avrebbe poi consentito l’utilizzo di materiale ferroviario già disponibile nel parco circolante delle compagnie ferroviarie coinvolte nel progetto. Tuttavia, per effettuare un’analisi comparata con termini equivalenti, l’acquisto di 14 nuovi elettrotreni per trasporto regionale, ad esempio i “Minuetto” della stessa Alstom dal costo unitario di circa 4 milioni di euro, avrebbe comportato una spesa aggiuntiva di 14 ∙ 4 = 56 milioni di euro.

Pertanto, la soluzione mediante elettrificazione della linea avrebbe comportato un costo complessivo di investimento di 107,5 milioni di euro, cioè poco più di un quarto della spesa preventivata per il progetto della mobilità a idrogeno e un risparmio quindi del 73 per cento di denaro pubblico.

2. Perché catturare la CO2 da biometano?

L’altra domanda che nasce spontanea è perché si sia scelto di inserire anche un impianto di cattura della CO2 a valle del sistema di produzione dell’idrogeno per steam reforming del biometano a Iseo, visto che quest’ultimo è già di per sé “carbon neutral” per definizione.

Scartando l’ipotesi che i soggetti proponenti siano come si suol dire “più realisti del re”, cioè che vogliano non solo raggiungere emissioni zero ma addirittura rimuoverne più del necessario, c’è da supporre che l’alternativa sottaciuta al biometano possa essere invece il normale metano fossile, il che tuttavia renderebbe a rigor di termini una parte dell’idrogeno prodotto non più verde bensì grigio o tuttalpiù blu. Questioni di lana caprina per quanto ci riguarda ma piuttosto fondamentali per quel mondo che vive proprio di questa fuffa green.

Comparazione rendimenti energetici

Oltre all’investimento di gran lunga inferiore (CAPEX – Capital Expenditure), l’elettrificazione avrebbe comportato una maggiore efficienza energetica, con costi quindi inferiori anche per ciò che riguarda l’esercizio della linea (OPEX – Operating Expenditure). Diamo infatti un’occhiata ai rendimenti delle due soluzioni: ne vedrete delle belle!

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Il motore di un moderno elettrotreno che operi su linee regionali assorbe vuoto per pieno circa 10 kWh/km. Questo è un consumo medio che tiene conto anche delle dissipazioni associate alle frenate e alle accelerazioni legate alle fermate e alle ripartenze alle varie stazioni intermedie.

1. Rendimento linea elettrica 3 kV DC

Se l’alimentazione elettrica al motore giunge attraverso una delle linee elettrificate 3 kV DC tipiche delle linee ferroviarie non ad alta velocità (per l’alta velocità l’alimentazione è invece una doppia linea alternata trifase a 25 kV, una in opposizione di fase rispetto all’altra), si avranno perdite di linea per effetto Joule che si aggirano intorno a 1 kWh/km. Pertanto, il fabbisogno effettivo di energia elettrica da iniettare in linea è di 11 kWh/km e il rendimento è quindi 10/11 = 91 per cento circa.

2. Rendimento catena dell’idrogeno

Supponiamo adesso che lo stesso motore elettrico a bordo di un locomotore a idrogeno debba essere alimentato traendo l’energia elettrica dall’idrogeno stoccato a bordo in serbatoi a 350 bar di pressione. Ricordando che l’idrogeno è ottenuto a monte per idrolisi o per steam reforming utilizzando energia elettrica da fonte rinnovabile, l’intera catena produttiva è la seguente:

  • Processo di idrolisi o di steam reforming che utilizza energia elettrica da fonte rinnovabile.
  • Processo di compressione dell’idrogeno a 350 bar in appositi serbatoi per stoccaggio a bordo del locomotore.
  • Processo di generazione dell’energia elettrica a bordo del locomotore per mezzo di celle a combustibile situate sulla parte superiore della carrozza detta “power-car” lunga 12 metri e dedicata completamente allo stoccaggio dell’idrogeno, alle stesse celle a combustibile e a un parco batterie di emergenza da utilizzare in caso di guasto al sistema di generazione.

I processi di elettrolisi e di steam reforming hanno rendimenti grosso modo comparabili e tipicamente del 60-65 per cento; il processo di compressione ad alta pressione (350 bar) ha rendimenti all’incirca del 70-80 per cento a seconda del tipo di compressori utilizzati. Infine, il processo di generazione elettrica nelle celle a combustibile ha un rendimento del 60-70 per cento a seconda del tipo di tecnologia delle membrane osmotiche utilizzata.

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Pertanto, il rendimento complessivo dell’intera catena varierà nell’intervallo:

ηmin = 0,60 ∙ 0,70 ∙ 0,60 = 0,252 = 25,2 per cento

ηmax = 0,65 ∙ 0,80 ∙ 0,70 = 0,364 = 36,4 per cento

Mettendoci salomonicamente a un po’ più del punto medio, possiamo dire che il rendimento complessivo della trazione a idrogeno sia del 31 per cento; vale a dire cioè che, di tutta l’energia elettrica spesa per far funzionare gli impianti in questione, solo il 31 per cento di essa verrà sprigionata nuovamente quando l’idrogeno andrà a ricombinarsi con l’ossigeno nelle celle a combustibile e darà luogo al vapore acqueo di scarico.

Il 69 per cento di quell’energia verrà invece perso sotto forma di calore, come prevede l’inesorabile I principio della termodinamica. Ecco spiegato perché l’idrogeno è in realtà un pessimo vettore energetico.

Ricordiamo infine che l’ultimo passaggio nelle celle a combustibile ha un rendimento medio del 65 per cento, il che ci tornerà utile per i calcoli successivi.

Pertanto, per ottenere i 10 kWh/km ai morsetti del nostro motore elettrico di bordo, dovremo impiegare 10/0,31 = 32 kWh/km circa, cioè circa tre volte l’energia elettrica richiesta nel caso elettrificazione della linea ferroviaria.

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In definitiva, non solo il CAPEX della soluzione a idrogeno è poco meno del quadruplo di quello relativo all’elettrificazione della linea ma anche l’OPEX sarà più alto, dal momento che, come abbiamo appena visto, oltre al fatto che la trazione a idrogeno richiede il triplo dell’energia elettrica necessaria per la trazione con linea elettrica, va ricordato che una parte dell’idrogeno è stata concepita per essere prodotta a partire da biometano con cattura della CO2 a valle.

Pertanto, nel computo dei costi operativi occorrerà considerare il costo del biometano e quello dell’energia elettrica necessaria per azionare l’impianto di cattura della CO2, nonché i costi di esercizio degli impianti stessi in termini di personale e manutenzione ordinaria e straordinaria che, nel caso di linea elettrificata, sono invece di gran lunga più contenuti.

Stima economica dei costi di esercizio

Occupiamoci adesso di calcolare stime realistiche e ragionevoli circa i costi operativi nelle due soluzioni di linea ferroviaria elettrificata e della trazione a idrogeno partendo dai dati disponibili in letteratura: vi prometto che ne vedrete delle belle!

1. Linea elettrica 3 kV DC

Nel caso di linea elettrificata a 3 kV DC, i costi operativi sono legati al costo dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, nonché ai costi di manutenzione della linea elettrica vera e propria e alla quadristica di comando e controllo. Da stime di RFI, si può desumere che questi ultimi costi si aggirino intorno a:

  • Manutenzione delle catenarie e delle sottostazioni: 10.000 euro/km/anno. Nel nostro caso, circa 1,03 milioni di euro l’anno.
  • Costo energia: consultando l’orario di Trenord, sulla tratta Brescia-Iseo-Edolo circolano attualmente 13 treni in andata e 14 treni al ritorno al giorno. I km percorsi in un anno sono quindi in totale:

(13 + 14) ∙ 103 ∙ 365 = 1.015.065 km/anno

Considerando il valore di 11 kWh/km trovato in precedenza, il fabbisogno annuo di energia elettrica sarà di 11 ∙ 1.015.065 = 11.165.715 kWh/anno

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Valorizzando in 20 cent/kWh l’energia da fonte rinnovabile, stima soggetta tuttavia alle fluttuazioni di mercato, il costo relativo all’energia elettrica sarà di 11.165.715 ∙ 0,20 = circa 2,23 milioni di euro/anno.

Il totale dell’OPEX nell’ipotesi di elettrificazione a mezzo linea 3 kV DC è quindi di 3,26 milioni di euro l’anno. Supponendo infine una durata di 30 anni dell’ammortamento dell’investimento, il costo chilometrico sarà in prima battuta di:

(107.500.000 / 30 + 3.260.000) / 1.015.065 = 6,74 euro/km percorso.

2. Catena dell’idrogeno

Nel caso di trazione a mezzo catena dell’idrogeno, la stima è alquanto più complessa perché, oltre al costo dell’energia elettrica da fonte rinnovabile, occorrerà stimare i costi operativi degli elettrolizzatori, dell’impianto di steam reforming e del sistema di cattura della CO2. Per stimare i costi di quest’ultimo dobbiamo a nostra volta fare una stima ragionevole dei volumi di idrogeno prodotti per steam reforming a Iseo e dei quantitativi del relativo rilascio di CO2.

Non essendo disponibile il dettaglio delle produzioni individuali dei tre impianti di generazione dell’idrogeno, possiamo tuttavia ragionevolmente supporre che ciascuno di essi contribuisca per 1/3 del volume totale necessario. Tenendo conto che il potere energetico dell’idrogeno è 0,0725 kWh/mole e che le reazioni di steam reforming sono le seguenti:

CH₄ + H₂O → CO + 3H₂                                   (reforming primario)

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CO + H₂O → CO₂ + H₂                                     (water gas shift)

Si desume che, stechiometricamente, ogni mole di CH4 dia luogo a 4 moli di H2 e una mole di CO2.

Per percorrere i 1.015.065 km/anno dei treni sulla tratta Brescia-Iseo-Edolo calcolati in precedenza, ricordando il rendimento medio del 65 per cento delle celle a combustibile, occorrerà che queste ultime utilizzino la seguente energia immagazzinata nell’idrogeno:

(10/0,65) ∙ 1.015.065 / 0,0725 ≈ 215.400.000 moli H2/anno

L’impianto di Iseo produrrà 1/3 di questo valore, cioè 71.800.000 moli H2/anno, cui farà seguito, per le formule stechiometriche viste più su, la produzione di ¼ di queste stesse moli di CO2, cioè circa 18 milioni di moli CO2/anno. Ricordando che il peso molare della CO2 è 44 g, ciò equivarrà a 792 tonCO2/anno.

Dai calcoli visti sopra, considerando che invece il peso molare di H2 è 2 g, deriva che i due elettrolizzatori di Brescia ed Edolo dovranno produrre almeno 143,6 ton H2/anno cadauno (1.608.320 m3/anno), così come l’impianto di steam reforming di Iseo.

Per quanto riguarda l’OPEX di ciascuno dei due elettrolizzatori da 143,6 ton H2/anno, desumendo i dati dalla letteratura, per impianti di questa capacità potremo ragionevolmente supporre che essi siano:

  • Manutenzione: 250.000 euro/anno
  • Personale e altri costi: 125.000 euro/anno

Per un totale di 375.000 euro/anno cadauno.

Per quanto riguarda invece l’OPEX dell’impianto di steam reforming di Iseo da 143,6 tonH2/anno, sempre attingendo dai dati dalla letteratura, per un impianto di questa capacità potremo ragionevolmente supporre che essi siano:

  • Manutenzione: 600.000 euro/anno
  • Costo biometano: 18 milioni di moli/anno = 288 ton/anno che, al costo orientativo di 1.000 euro/ton, equivarranno a 288.000 euro/anno
  • Personale e altri costi: 125.000 euro/anno

Per un totale di 1.013.000 euro/anno.

Infine, l’OPEX dell’impianto di cattura della CO2 di Iseo della capacità di cattura di 792 tonCO2/anno avrà ragionevolmente i seguenti costi desunti da dati in letteratura:

  • Energia elettrica necessaria: circa 5.000 kWh/tonCO2 che, per 792 tonCO2/anno, fanno 3.960.000 kWh/anno che, valorizzati a 20 cent/kWh, equivarranno a 792.000 euro/anno.
  • Manutenzione: 180.000 euro/anno.
  • Personale: 125.000 euro/anno

Per un totale di 1.097.000 euro/anno.

Adesso possiamo finalmente calcolare l’OPEX della soluzione a trazione a idrogeno:

  • OPEX elettrolizzatori: 2 ∙ 375.000 = 750.000 euro/anno
  • OPEX impianto di steam reforming: 1.013.000 euro/anno
  • OPEX impianto cattura CO2: 1.097.000 euro/anno
  • Costo energia: tenendo conto dei 1.015.065 km calcolati in precedenza e considerando il valore di 10/0,31 = 32 kWh/km trovato in precedenza, il fabbisogno annuo di energia elettrica sarà di 32 ∙ 1.015.065 = 32.482.080 kWh/anno che, valorizzati ai soliti 20 cent/kWh, equivarranno a un costo di energia di circa 6.500.000 euro/anno.

Il totale dell’OPEX nell’ipotesi di trazione a idrogeno è quindi di 9,36 milioni di euro l’anno.

Supponendo infine una durata di 30 anni dell’ammortamento dell’investimento, il costo chilometrico sarà in prima battuta di:

(392.400.000 / 30 + 9.360.000) / 1.015.065 = 22,11 euro/km percorso.

In definitiva, il costo chilometrico presunto per l’opzione a idrogeno è più del triplo di quello a mezzo elettrificazione della tratta ferroviaria.

Cui prodest?

A questo punto, vista la forza schiacciante dei numeri, non possiamo non chiederci il fatidico “cui prodest?”, cioè a chi giova aver messo in piedi un progetto dal contenuto così ideologico e dai dati così in perdita?

Certo, si tratta di fondi del Pnrr che qualcuno erroneamente ritiene siano soldi che ci cadono dal cielo (“graduidamende”!), e certo, pare anche che il treno a idrogeno sia stato sviluppato da Alstom con tecnologia interamente italiana, sicché un elemento sicuramente positivo.

Domande scomode

Ma bastano queste due sole motivazioni a giustificare un tale sperpero di denaro pubblico? Può un progetto sperimentale essere finanziato su così vasta scala (i 14 treni acquistati da Alstom) prima ancora che il prototipo abbia dato prova di buon funzionamento in tutte le condizioni operative, dal momento che, oltre ai test statici e a bassa velocità condotti presso lo stabilimento tedesco della Alstom, esso deve ancora effettuare il primo vero viaggio di prova a velocità di crociera?

Non solo, ma quali test distruttivi e non distruttivi sono stati condotti sul serbatoio dell’idrogeno a bordo – elemento chiave per la sicurezza dell’intero convoglio – per evitare che lo stesso si trasformi in un ordigno esplosivo in caso di rottura dovuta a incidente?

E dulcis in fundo: da dove deriva l’energia elettrica da fonte rinnovabile se l’intera Valcamonica è sacrosantamente sottoposta a vincolo ambientale perché sito dell’UNESCO? Non si tratterà mica di energia elettrica di rete garantita dai famosi “certificati di origine” al centro di truffe colossali in anni recenti?

Come vedete, interrogativi tutt’altro che di poco conto che gettano più di un’ombra su questo progetto su cui Matteo Salvini farebbe meglio a documentarsi in maniera più adeguata e ad evitare inutili trionfalismi che non giovano affatto alle giuste battaglie che esponenti di spicco del suo partito stanno conducendo in tema di follie green.



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