Spaccio a tutte le ore, ecco come i Di Silvio si erano riorganizzati

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Campo Boario ha continuato a essere una delle piazze di spaccio più attive e proficue della città, anche dopo le inchieste dell’Antimafia che avevano smantellato le famiglie criminali più feroci e radicate del quartiere. A gestire la vendita di cocaina in ogni ora del giorno e della notte negli ultimi anni è stato Ferdinando Di Silvio detto Gianni Zagaglia, grazie al supporto dei propri congiunti, a partire dalla moglie Laura De Rosa detta Puccia: lo ha svelato un’accurata indagine dei carabinieri del Nucleo Investigativo del Comando Provinciale diretto dal tenente colonnelo Antonio De Lise, supportati dal Nucleo Investigativo Regionale della Polizia Penitenziaria, che ha fatto scattare la custodia cautelare in carcere per i due coniugi di 50 e 55 anni, per decisione del giudice per le indagini preliminari Mara Mattioli, su richiesta del pubblico ministero Giuseppe Miliano, il sostituto procuratore che ha coordinato l’inchiesta.
“Gianni” Di Silvio non è nuovo a queste accuse, come alle estorsioni, anzi la misura restrittiva gli è stata notificata in carcere dove si trova ristretto proprio per un tentativo di ritorsione ricostruito nell’ambito di un’inchiesta che aveva portato al suo arresto nel luglio dello scorso anno. Oltretutto “Zagaglia” può godere di un certo rispetto negli ambienti della malavita latinense, essendo fratello di Armando detto Lallà, che abitava con la propria famiglia nella villetta comunicante, condannato in via definitiva a vent’anni di reclusione per avere avviato e gestito con i figli un’associazione con metodo mafioso finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e alle estorsioni. Insomma, se gli affari illeciti di Ferdinando Di Silvio un tempo poteva condurli all’ombra del fratello, dopo gli arresti dell’inchiesta Alba Pontina nel giugno del 2018, aveva potuto e dovuto assumere il predominio nella zona.
Gli investigatori hanno iniziato a indagare sulla piazza di spaccio di Campo Boario in seguito all’arresto, per evasione dagli arresti domiciliari, di un collaboratore di giustizia pugliese sottoposto a tutela in una casa nella zona di Sermoneta Scalo. Si tratta di Daniele Cilli, che già durante il suo accompagnamento verso il carcere di Sulmona, aveva raccontato agli investigatori del Reparto operativo di avere contravvenuto le prescrizioni previste dalla detenzione domiciliare con lo scopo di recarsi a Latina per l’acquisto di cocaina. Una circostanza, questa, che aveva successivamente confermato durante gli interrogatori sostenuti davanti ai magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari a partire dal luglio del 2021, quando aveva descritto in maniera dettagliata com’era entrato in contatto con i Di Silvio.
A portarlo da Gianni Zagaglia era stato un tossicodipendente del quale conosceva solo il nome. Quest’ultimo si era fatto dare da lui cento euro e aveva acquistato la dose, ma il pentito pugliese aveva avuto la sensazione che l’intermediario occasionale aveva lucrato sulla fornitura, quindi aveva finto di andarsene e poi era tornato successivamente a bussare alla porta di casa dei Di Silvio per acquistare autonomamente la droga. Daniele Cilli non conosce Latina, tantomeno la composizione familiare dei Di Silvio, ma era stato in grado di ricordare che l’abitazione della coppia di pusher si trova nella zona di via Milazzo e accanto alla porta d’ingresso ci sono due leoni dorati. Insomma, una descrizione inequivocabile. Da quel momento in poi è iniziata l’attività d’indagine dei Carabinieri con intercettazioni ambientali e telefoniche, ma anche appostamenti che hanno consentito di documentare l’attività di spaccio, fermando di volta in volta gli acquirenti, trovati puntualmente in possesso della dose di cocaina acquistata.
Dalle stesse dichiarazioni del pentito pugliese si evince chiaramente che Gianni e la moglie fossero in grado di assicurare forniture importanti di droga, collaborando tra loro per soddisfare i loro clienti a qualsiasi ora: pensavano così di aggirare le investigazioni, evitando che gli acquirenti dovessero telefonare per prenotare la dose. Bastava bussare per ottenere la cocaina. Anzi, Cilli ha rivelato che spesso era stata Laura De Rosa a fornirgli la droga e in alcuni casi l’aveva tirata fuori dal reggiseno, naturalmente già confezionata in dosi. «Sono andato e tornato circa dieci volte fino a consumare circa duemila euro – ha spiegato proprio il collaboratore di giustizia capitato a Latina per un certo periodo – Loro vedevano che avevo il portafogli pieno di soldi e mi proposero di spacciare per loro nella mia zona, ma io rifiutai…».



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