in crisi missione ad Haiti. Fondi congelati e caos sul campo

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Con lo stop dei finanziamenti americani da parte dell’amministrazione Trump e un’efficacia operativa quasi nulla, il nuovo format di missione internazionale sembra destinato al fallimento. Le gang criminali continuano a controllare vaste aree del territorio, mentre la popolazione locale vede il personale della MSS come “turisti in vacanza”

Il 19 gennaio è arrivato ad Haiti il terzo contingente  kenyano, formato da 217 dei mille uomini promessi alla missione nel paese caraibico devastato da bande criminali. In tutto ne sono stati dispiegati finora poco più di 600. Gli altri 400 saranno inviati «in due time», cioè a tempo debito, si legge nel comunicato stampa della polizia kenyana. Una formula decisamente ambigua, soprattutto se scritta in un comunicato ufficiale, che dice parecchio delle difficoltà dell’operazione.

L’incognita del sostegno americano

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Difficoltà che potrebbero aumentare, e di molto, dopo la decisione dell’amministrazione Trump di congelare i fondi promessi. Il provvedimento, in linea con la nuova direzione della politica estera degli Stati Uniti, è stato confermato dall’Onu martedì 4 febbraio.

Missione ibrida

La missione Multilaterale di supporto alla sicurezza (MSS, Multinational Security Support) ad Haiti stata richiesta dal governo del paese nel 2022 e approvata dal Consiglio di sicurezza dell’Onu il 2 ottobre 2023.

Per questioni legate soprattutto alle performance, criticabili e controverse, di precedenti operazioni delle Nazioni Unite nell’isola caraibica, la missione ha uno status diverso. Si configura, infatti, come risposta all’appello di un governo in difficoltà da parte di esecutivi amici e solidali. L’operazione appoggiata e autorizzata dall’Onu, che però non ne è titolare.

La MSS è un’operazione di polizia a sostegno del corrispettivo corpo per la sicurezza di Haiti, in collegamento con il quale è previsto che agisca. È autorizzata a dispiegare 2.500 uomini, coordinati dal Kenya, che si è impegnato a contribuire con mille agenti – poliziotti, non militari – anche di corpi speciali. Altri paesi, in particolare quelli caraibici, hanno promesso la propria partecipazione. Finora sono operativi sul campo circa 900 uomini provenienti da Kenya, El Salvador, Giamaica, Guatemala e Belize.

Fondi a rischio e tensioni politiche

Anche per i finanziamenti la MSS conta su contributi di singoli paesi che finiscono in un trust fund gestito dall’Onu. L’impegno più rilevante, pari a circa 300 milioni di dollari, era stato promesso dagli Stati Uniti, amministrazione Biden. I timori per il proseguimento del sostegno americano con la la nuova amministrazione si sono concretizzati nei giorni scorsi, con il congelamento dei fondi pattuiti, nonostante le assicurazioni sul sostegno alla missione del nuovo segretario di stato, Marco Rubio.

Ma un cambiamento era nell’aria, considerate le politiche Usa nei confronti sia dei rifugiati haitiani, minacciati di deportazione, sia degli aiuti umanitari, per ora congelati anche per il paese caraibico. Politiche considerate catastrofiche dal presidente del Consiglio transitorio del paese.

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Un’operazione già in affanno

Sul piano operativo, la MSS ha avuto un inizio molto lento. È stata attivata nel giugno 2024, ben nove mesi dopo l’approvazione del Consiglio di sicurezza, quando il Kenya ha inviato un primo contingente di 200 uomini, seguito da un altro, equivalente, alla metà di luglio. A Nairobi l’iter legislativo per l’approvazione dell’operazione è stato contrastato. Il voto favorevole del parlamento  kenyano, che si espresso il 16 novembre 2023 – decisamente contraria l’opposizione – ha di fatto bypassato un ordine del tribunale che stava valutando la legittimità costituzionale della missione stessa. Era la prima volta, infatti, che il contingente da dispiegare all’estero era composto da poliziotti e non da militari.

Dubbi sull’idoneità della polizia kenyiana

Le associazioni per la protezione dei diritti umani hanno invece osservato che la polizia kenyana, considerata tra le peggiori al mondo per il rapporto con la popolazione civile, non sembrava adatta a ricostruire un clima di fiducia in un contesto così degradato, come quello di Haiti.

Nel paese si è discusso a lungo anche della sua opportunità, visto il difficilissimo, sconosciuto e lontano contesto di azione. Ma l’aver accettato di coordinare la missione ad Haiti, con ogni probabilità ha fatto guadagnare al Kenya lo status di alleato privilegiato degli Stati Uniti in Africa e tra i maggiori alleati al di fuori della Nato.

Si vedrà prossimamente se la posizione, che implica numerosi vantaggi soprattutto sul piano della sicurezza e delle forniture militari, sarà confermata dall’amministrazione Trump.

Gang più forti e missione inefficace

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La MSS ha come obiettivo principale quello di sostenere le forze di polizia locali a ristabilire l’ordine in un paese devastato dalla violenza di bande criminali che ne controllano una parte del territorio, e in particolare vaste aree della capitale, Port-au-Price. Dovrebbe inoltre facilitare l’arrivo degli aiuti umanitari alla popolazione ormai allo stremo.

Ma gli obiettivi sono ben lontani dall’essere non solo raggiunti, ma addirittura raggiungibili, stante il contesto e il quadro di riferimento in cui la missione si muove.

Lo afferma un’inchiesta congiunta dell’agenzia di stampa indipendente The New Humanitarian, specializzata in informazioni dalle e sulle crisi internazionali, e del Daily Nation, il più diffuso giornale kenyano. Vi si dice che la missione «in questo momento, è inadeguata per l’obiettivo che si pone. Dopo più di sei mesi dal dispiegamento sul campo per aiutare la polizia a riprendere il controllo, le gang dilaganti hanno guadagnato ancor più territorio e potere mentre si è ridotto l’accesso all’aiuto umanitario, vitale per i civili disperati».

Scarsa preparazione e morale basso

Le cause sono molteplici e stanno nel modo stesso in cui la missione è stata concepita. Secondo l’inchiesta, sarebbe gravemente insufficiente dal punto di vista del personale e dei fondi stanziati, per di più resi disponibili in ritardo. Per mesi i kenyani in missione si sono lamentati di non ricevere la paga pattuita mentre le famiglie avevano perso anche le poche risorse di cui disponevano quando erano a casa. Una situazione critica, dunque.

Inoltre, il contingente sarebbe dotato di un equipaggiamento inadeguato al contesto, nel quale sarebbero necessari armi pesanti, disponibili solo per l’esercito. «I kenyani sono stati mandati al macello», sostiene un alto ufficiale dell’esercito haitiano in pensione. (…) «Sono stati indotti ad accettare il comando in una situazione che nessuna forza di polizia può risolvere».

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Percezione negativa della missione tra la popolazione

Secondo Clarens Renois, coordinatore di una coalizione di partiti che siede nel Consiglio presidenziale di transizione (Transitional Presidential Council), manca ancora il quadro di riferimento politico locale che possa garantire linee di intervento coordinate ed efficaci. Infatti, le loro azioni sono generalmente ben poco efficaci. La gente percepisce gli uomini della missione come “in vacanza”, rinchiusi nei confortevoli hotel vicino all’aeroporto. Un giovane intervistato precisa: «Non sono ancora entrati nella realtà haitiana… Con loro, la situazione non è migliorata per niente. Anzi, è peggiorata».

Verso una nuova missione Onu?

La MSS – nata come un nuovo modo, più snello e meno burocratico, di concepire le missioni internazionali – avrebbe già evidenziato molti limiti. Primi fra tutti un’evidente debolezza politica e una costante incertezza finanziaria, tanto che il 22 gennaio il Consiglio di Sicurezza ha discusso la richiesta del governo di transizione di Haiti di trasformarla in una missione di pace dell’Onu a tutti gli effetti.

Ma, con le recenti decisioni dell’amministrazione Trump sul congelamento dei finanziamenti, forse ora il problema non è più il suo status. Ma la sua stessa continuazione.

 

 

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