Youth in Action, il movimento di giovani attivisti che dice basta alle mutilazioni genitali femminili

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Il 6 febbraio, in occasione della Giornata mondiale della tolleranza zero contro le mutilazioni genitali femminili (Mgf), si riafferma l’impegno globale e quotidiano a contrastare una delle violazioni dei diritti umani più gravi e diffuse. Con oltre 230 milioni di donne che hanno subito questa pratica e 4 milioni di nuove ragazze sottoposte ogni anno, la lotta contro le Mgf richiede un impegno globale. Una chiave fondamentale di questo cambiamento è la mobilitazione dei giovani, sia in Africa che in qualsiasi comunità del mondo. Alcuni di quei giovani, dall’Italia, dall’Europa e dall’Africa, sono i protagonisti dell’evento “Speak Up” giovedì 6 febbraio al Parlamento Europeo di Bruxelles.

Le mutilazioni genitali femminili sono una pratica diffusa in diverse parti del mondo, con una forte presenza in Africa, Asia e in alcune comunità della diaspora in Europa. Regno Unito (137mila), Francia (125mila) e Italia sono i Paesi con il maggior numero di donne e ragazze che hanno subito questa violenza. In Italia, si stima che siano 87.600 le donne che hanno subito le Mgf, mentre 7.600 minorenni e 4.600 ragazze sono in pericolo.  

Dall’esperienza africana nasce in Italia il movimento Youth in Action (Y-ACT), una rete di 31 giovani attivisti con background migratorio che, in un anno, ha realizzato oltre 300 azioni tra Roma, Milano, Torino e Padova. Il Progetto Y-ACT, cofinanziato dall’Unione Europea (Cerv – Daphne), vede Amref come capofila e come partner l’Associazione Le Réseau, il Coordinamento Nazionale Nuove Generazioni Italiane e l’Università di Milano Bicocca. Questo percorso ha coinvolto più di 50 adulti e leader delle comunità, raggiungendo oltre 1.500 persone tra cittadini, istituzioni e operatori sociali.

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Jasmina El Shouraky – giovane attivista  di Milano per il progetto Y-ACT, presente il 6 febbraio  all’evento “Speak Up”Y-ACT, presso il Parlamento Europeo- spiega «essere attivista significa essere una voce per gli altri, soprattutto per le donne della mia comunità. Lo faccio con l’intenzione di creare uno spazio che avvantaggi tutti, senza chiedere il permesso a nessuno. Questa libertà di essere è quella che voglio continuare a costruire, per me e per gli altri».

Amref lavora da anni per eliminare le Mgf in diversi Paesi africani, tra cui Kenya, Tanzania, Etiopia, Uganda, Malawi e Senegal. Solo negli ultimi tre anni, oltre 500mila donne e ragazze hanno beneficiato dei programmi di sensibilizzazione, educazione e supporto alle sopravvissute. L’organizzazione collabora con istituzioni e comunità locali per promuovere percorsi di abbandono della pratica, migliorando l’accesso ai servizi sanitari e formando operatori sanitari e leader comunitari.

Sabina Lakaragiovane Maasai attivista contro le Mgf in Kenya, racconta la sua esperienza: «Da piccola ho visto tante ragazze soffrire per il taglio e poi essere costrette a sposare uomini più grandi. Questo mi ha terrorizzata! Grazie all’incontro con Amref, ho capito i rischi delle Mgf e ho deciso di oppormi. Mio padre ha reagito con rabbia e ha smesso di pagarmi la scuola. Ma io ho resistito. Oggi, grazie all’istruzione e al supporto della mia comunità, sono riuscita a salvare più di 10 ragazze dal taglio e dal matrimonio precoce. Il cambiamento è possibile, dobbiamo solo iniziare!».

«Pensavo fosse la cosa giusta da fare», dice Coumbanonna senegalese ed ex-tagliatrice, accanto a sua nipote Awa «era quello che mi avevano insegnato, credevo di proteggere l’onore delle famiglie». «Mia nonna era un muro», dice la nipote, che oggi guida il “parlamento” giovanile anti-Mgf. Poi quel muro è crollato, grazie al dialogo. «Non voglio che altre bambine soffrano».

«La lotta contro le Mgf non è solo una battaglia per il diritto alla salute e alla libertà, ma per un cambiamento culturale profondo», afferma Roberta Rughetti,vicedirettrice di Amref Italia, «i giovani sono i veri protagonisti di questa rivoluzione: la loro voce è nelle richieste del Manifesto Y-ACT, portato al Parlamento Europeo dopo un percorso che ha coinvolto quattro città italiane. In particolare, una delle istanze fondamentali riguarda il dialogo intergenerazionale, perché solo creando spazi di confronto tra generazioni possiamo abbattere i tabù e cambiare davvero il futuro delle donne”. Un Manifesto presentato nel cuore del Parlamento Europeo, che ribadisce l’essenza di un impegno che coinvolge tutte le generazioni, ma che vede nei giovani il motore di un cambiamento radicale e sostenibile».

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