Lo scorso 20 gennaio la Corte aveva dichiarato l’inammissibilità . Zaia: Consulta conferma legittimità . Si acceleri
«Con la sentenza numero 10 pubblicata oggi, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la richiesta di referendum per l’abrogazione della legge numero 86 del 2024, contenente disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle regioni ordinarie ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. La Corte ha rilevato che l’oggetto e la finalità del quesito non risultano chiari»: ecco l’incipit delle motivazioni, pubblicate oggi, con cui la Consulta ha bocciato lo scorso 20 gennaio il referendum per l’autonomia differenziata. Il quesito aveva come oggetto l’abrogazione della legge numero 86, quale risultante in seguito alla sentenza numero 192 del 2024, che aveva già stravolto la norma, come rileva la stessa Corte costituzionale: «La Corte – si legge nelle motivazioni – ha osservato che tale sentenza ha profondamente inciso sull’architettura essenziale della predetta legge, dichiarando l’illegittimità costituzionale di molteplici disposizioni della stessa legge e l’illegittimità consequenziale di altre disposizioni, fornendo anche l’interpretazione costituzionalmente orientata di ulteriori disposizioni».
In particolare, la Corte ha sottolineato che «la sentenza numero 192 ha comportato il trasversale ridimensionamento dell’oggetto dei possibili trasferimenti alle regioni (solo specifiche funzioni e non già materie), nonché la paralisi dell’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep) concernenti diritti civili o sociali». Ne discende che attualmente non c’è modo di determinare i Lep. La conseguenza è che risulta obiettivamente «oscuro l’oggetto del quesito, che originariamente riguardava la legge numero 86 e ora riguarda quel che resta della stessa legge a seguito delle numerose e complesse modifiche apportate dalla sentenza numero 192». Ciò pregiudica la possibilità di una scelta libera e consapevole da parte dell’elettore, che la Costituzione garantisce.Â
Il quesito è inoltre privo di chiarezza quanto alla sua finalità : «La rilevata oscurità dell’oggetto del quesito porta con sé un’insuperabile incertezza sulla stessa finalità obiettiva del referendum– spiegano i giudici- Con il rischio che esso si risolva in altro: nel far esercitare un’opzione popolare non già su una legge ordinaria modificata da una sentenza di questa Corte, ma a favore o contro il regionalismo differenziato. La consultazione referendaria verrebbe ad avere una portata che trascende quel che i Costituenti ritennero fondamentale, cioè l’uso corretto – e ragionevole – di questo importante strumento di democrazia. Se si ammettesse la richiesta in esame, si avrebbe una radicale polarizzazione identitaria sull’autonomia differenziata come tale, e in definitiva sull’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che non può essere oggetto di referendum abrogativo, ma solo di revisione costituzionale», conclude la nota della Consulta.Â
I governatori del Nord-est, in prima fila di Veneto e Lombardia, avevano esultato per la decisione della Corte di non ammettere il referendum, come del resto la maggioranza, che ha sempre difeso la legge Calderoli. Il centro sinistra invece aveva ritenuto che la decisione fosse scontata, perché la legge sarebbe inattuabile. Contro l’autonomia differenziata si erano scagliati i governatori delle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania, che avevano presentato il ricorso da cui poi era derivata la prima sentenza della Consulta, quella che aveva modificato la legge: la Corte infatti aveva ritenuto «non fondata la questione di costituzionalità dell’intera legge sull’autonomia differenziata», considerando però «illegittime specifiche disposizioni dello stesso testo legislativo» e chiedendo al Parlamento di intervenire per colmare il vuoto che si era creato.Â
Il presidente del Veneto Luca Zaia anche oggi esulta: «La sentenza della Corte Costituzionale, pubblicata oggi, rappresenta un passaggio di assoluta chiarezza e rigore istituzionale. Ringrazio i giudici per aver difeso la Costituzione e, con essa, il percorso di attuazione dell’autonomia differenziata, riconoscendone la piena coerenza con la nostra Carta fondamentale». «È un pronunciamento netto – aggiunge – che smonta qualsiasi tentativo di strumentalizzazione politica e riafferma che le regole non si piegano a logiche di parte».
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