Francia, si apre il dibattito sullo ius soli: destra e centristi vogliono più restrizioni e chiedono una riforma costituzionale

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Riformare le condizioni dello ius soli. Il dibattito si apre in Francia dopo che, ieri sera, in una caotica seduta in Parlamento, i deputati hanno approvato il progetto di legge che restringe le condizioni di accesso alla nazionalità in Mayotte, l’isola francese nell’Oceano Indiano in tensione per la pressione migratoria dal vicino arcipelago delle Comore. Una legge ad hoc per il territorio oltremarino, schiacciato dalla povertà e devastato di recente dal ciclone Chido, per la quale ormai potranno essere francesi solo i bambini nati a Mayotte da due genitori (e non più uno solo) residenti sul territorio con regolare permesso di soggiorno da almeno tre anni (e non più tre mesi).

Il testo è difeso dalla destra Les Républicains, alleata del governo macronista, ed è passato con i voti del Rassemblement national di Marine Le Pen. Per i suoi sostenitori, la legge servirà a rendere “meno attrattiva ai flussi migratori” l’isola francese, dove circa un terzo della popolazione è in situazione irregolare. Per il Nuovo Fronte Popolare di sinistra, che si è opposto alla misura, si tratta invece di una “legge discriminatoria che non risponde ai reali problemi dell’isola”. Adesso il testo dovrà essere esaminato in Senato.

Il voto per Mayotte rappresenta in qualche modo ora un precedente che potrebbe aprire la via ad una riforma dell’accesso alla nazionalità per diritto di nascita in Francia. L’occasione per Gérard Darmanin, ministro della Giustizia, di andare subito più lontano: “Sono favorevole ad un dibattito nazionale sullo ius soli – ha detto, al termine del voto di ieri sera -. Lo ius soli non mi sembra più sufficiente per assicurarsi che le persone che arrivano sul nostro territorio e chiedono la nazionalità lo facciano per delle buone ragioni. Ci vuole una riforma costituzionale e penso che stia ai francesi decidere, in occasione delle presidenziali del 2027 o di un referendum”. E Darmanin, già ex ministro dell’Interno di Macron, che si è visto sfuggire più volte la poltrona da premier, ha ambizioni chiare sul 2027. La sua posizione su Mayotte era ancora più radicale: per Darmanin il diritto allo ius soli andava semplicemente abolito sull’isola. Da parte sua, il ministro dell’Interno, Bruno Retailleau, un repubblicano il cui ingresso nell’esecutivo “centrista” di Macron è stato avallato da Marine Le Pen, si è detto già più volte favorevole alla generalizzazione delle restrizioni introdotte a Mayotte a tutto il territorio.

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E i maggiori esponenti della destra LR condividono le sue idee. Per l’eurodeputato LR Xavier Bellamy il diritto allo ius soli così come previsto dalla legge oggi in Francia “non è più tenibile. L’immigrazione ha destabilizzato il nostro Paese”, ha detto. In Francia, il diritto alla nazionalità per nascita non è automatico come negli Stati Uniti per chiunque sia nato in territorio statunitense, stranieri inclusi, principio costituzionale contro il quale Donald Trump ha dichiarato guerra. In Francia l’accesso alla nazionalità per ius soli prevede delle condizioni: vale per i bambini nati in Francia da almeno un genitore a sua volta nato in Francia e che ne fanno richiesta, a partire dai 13 anni se la richiesta è avanzata dai genitori, o tra i 16 e i 18 anni se è il giovane stesso a farne richiesta, ma deve dimostrare di aver vissuto in Francia almeno cinque anni. Il dibattito a venire si annuncia teso.

La questione divide gli stessi macronisti. Élisabeth Borne, ministra dell’Educazione, è tra quelli che sono in disaccordo con Darmanin: “Penso che i francesi si aspettano da noi delle azioni – ha detto Borne -. Abbiamo già molte disposizioni e decreti presi nel 2023 ancora da applicare”. Il premier François Bayrou ha del resto respinto stamattina la proposta di Darmanin, giudicandola troppo “limitata”. Bayrou ha quindi proposto di aprire e subito, senza aspettare il 2027, un dibattito “più largo”, che vada oltre lo ius soli e si interroghi su “cosa significa essere francesi”: sui “diritti e i doveri che implica essere membro di una comunità nazionale”. Per La France insoumise, l’ala più radicale dell’alleanza di sinistra, questa nuova virata a destra del governo è un motivo supplementare per censurare Bayrou. Sopravvissuto al voto di sfiducia del Parlamento dopo l’adozione della controversa Legge do Bilancio per il 2025, il premier centrista dovrà far fronte ad una nuova “mozione di censura”, questa volta presentata dai socialisti in nome della “difesa dei valori”, dopo che Bayrou ha parlato di “sommersione migratoria” in Francia. Proprio come fa da tempo Marine Le Pen.



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