“Green gate grave attacco a Bruxelles. Ue difenda i suoi interessi come Trump”. Parla Tovaglieri (Lega)

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Il Green gate sembra un “gravissimo attacco al funzionamento delle istituzioni e alla trasparenza del processo legislativo”. Isabella Tovaglieri, Europarlamentare della Lega e membro del Gruppo “Patrioti per l’Europa”, chiede chiarezza sul presunto utilizzo di fondi pubblici per finanziare lobby green e accusa la Commissione Europea di fare politica invece di “servire l’interesse dell’Unione”

Il Green gate sembra un ”gravissimo attacco al funzionamento delle istituzioni e alla trasparenza del processo legislativo”. Isabella Tovaglieri, Europarlamentare della Lega e membro del Gruppo “Patrioti per l’Europa”, chiede chiarezza sul presunto utilizzo di fondi pubblici per finanziare lobby green e accusa la Commissione Europea di fare politica invece di “servire l’interesse dell’Unione”. “È tempo che anche l’Europa agisca per difendere gli interessi degli europei”, sottolinea l’Europarlamentare, prendendo esempio dalle politiche di Trump per contrastare delocalizzazione e globalizzazione selvagge. La modifica del Green Deal in una direzione più “realista” è un primo passo fondamentale per evitare la “desertificazione industriale proprio in un momento di massima competizione economica con giganti come la Cina”.

Quali sono gli ultimi sviluppi a proposito del cosiddetto Green gate? Pensa che esista un sistema fraudolento dietro all’elargizione di fondi europei?

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È una situazione ancora poco chiara ma che, se fosse vero quanto emerso, sarebbe di una gravità inaudita. Che l’Europa utilizzi soldi pubblici per finanziare lobby green che facciano pressione per fare accettare all’opinione pubblica e alla politica il Green Deal è un gravissimo attacco al funzionamento delle istituzioni e alla trasparenza del processo legislativo. Significherebbe che la Commissione agisce come un attore politico, con una sua agenda politica a spese dei contribuenti, invece che servire l’interesse dell’Unione. Al momento, dai palazzi europei è stato affermato che le attività di finanziamento non erano illegali e che l’utilizzo di tali fondi non avrebbe violato i contratti stipulati dall’UE – o al massimo sarebbe responsabilità delle associazioni green. In attesa che venga fatta chiarezza, voglio ribadire la mia totale contrarietà, sia etica che politica, all’uso di fondi pubblici per influenzare l’opinione pubblica, anche se queste azioni non fossero strettamente illecite.

Quante sono le speranze che le negoziazioni per convincere Trump a non introdurre sanzioni anche sulle importazioni di prodotti dai Paesi europei avranno successo secondo lei?

Il Presidente Trump, al momento, ha firmato ordini esecutivi per introdurre dazi con Canada e Messico, sulla linea di quanto promesso in campagna elettorale e già visto nel corso della sua prima amministrazione. Si tratta di un approccio al commercio internazionale radicalmente diverso rispetto al passato, che mira a porre un freno a fenomeni come la delocalizzazione e la globalizzazione sfrenata nel nome dell’interesse nazionale. Non si può non riconoscere che Trump voglia perseguire gli interessi del suo Paese: è tempo che anche l’Europa agisca per difendere gli interessi degli europei.

Quali settori dell’industria europea sarebbero più colpiti secondo lei?

Il Green Deal si è dimostrato dannoso per l’industria europea. Pur condividendo l’obiettivo finale del provvedimento, le normative imposte da Bruxelles hanno colpito duramente interi settori chiave per il nostro sviluppo, senza fornire alle aziende né le risorse né le tempistiche necessarie per una transizione equilibrata. Un contraccolpo che hanno subito soprattutto gli imprenditori e i lavoratori, e che ha avuto come risultato una perdita di posti di lavoro e competitività.

Rischia di rivelarsi un colpo mortale per l’automotive europeo?

L’automotive è uno dei settori che più è stato martoriato dal Green Deal, con il divieto di produrre qualsiasi auto alimentata a combustibili fossili entro il 2035 e sanzioni, che partiranno da quest’anno, per le case automobilistiche non rispetteranno rigidi standard di emissioni di CO2. La situazione in cui versa il settore è sotto gli occhi di tutti: per fare due esempi a noi vicini, Stellantis che ha ridotto la produzione di quasi il 40% nel 2024, Volskwagen che in Germania chiuderà degli stabilimenti e dovrà lasciare a casa migliaia di lavoratori. Purtroppo, se l’Unione Europea non provvederà a correggere la rotta, il Green Deal potrebbe essere la pietra tombale dell’automotive europeo e dell’enorme indotto economico che rappresenta. Stiamo parlando di un settore che dà lavoro a 13 milioni di europei e rappresenta il 7% del PIL dell’UE.

Da parte mia, mi sono attivata presentando un’interrogazione al Commissario Hoekstra per chiedere una sospensione momentanea delle multe alle case automobilistiche (si stima fino a 15 miliardi di euro il totale che dovranno pagare!) e di anticipare la revisione dello stop ai motori endotermici, prevista inizialmente al 2026, già quest’anno. Anche se al momento Bruxelles sembra intenzionata a procedere per la sua strada, confido che, di fronte ad una situazione sempre più grave ed alla pressione congiunta di sempre più attori chiave, si possa arrivare ad una seria ridiscussione di queste misure.

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Come dovrebbe cambiare il Green Deal secondo lei?

Il Green Deal non ha avuto forti ripercussioni solo sull’automotive, ma anche su svariati settori chiave. Penso a settori quali la metallurgia e la siderurgia duramente colpite dal CBAM e dalla fine delle quote gratuite di ETS, oppure all’aziende produttrici di plastica che dovranno far fronte al Regolamento sul packaging, per non parlare degli agricoltori, attaccati come “inquinatori” e che vedono la loro attività danneggiata da provvedimenti come la Legge sul ripristino della natura. Purtroppo, l’agenda verde di Bruxelles ha avuto un approccio miope ed ideologico, improntato su divieti, tasse, deadline ravvicinate e mancanza di sostegno economico: un mix che non sta dando il tempo sufficiente all’industria per adattarsi e rimanere competitiva.

Ciò che servirebbe è un approccio più realistico, che tenga in considerazione sia le esigenze ambientali che quelle industriali, e punti ad uno sviluppo che sia sostenibile e competitivo allo stesso tempo. Non possiamo permetterci la deindustrializzazione (o peggio la desertificazione industriale) sull’altare ambientalista proprio in un momento di massima competizione economica con giganti come la Cina: il rischio concreto è suicidarci economicamente e finire, obtorto collo, dipendenti dai nostri competitor.

Il caro gas rischia di danneggiare ulteriormente la competitività delle aziende europee. Quali misure sarebbero più efficaci per abbassare i prezzi?

Il gas è ancora oggi la fonte energetica più utilizzata in Italia, ed è la prima anche in numerosi paesi europei. Si tratta di un combustibile molto ben avviato e che gode di un’importante rete infrastrutturale, sebbene le tensioni geopolitiche degli ultimi anni ne abbiano reso più difficile e costoso il reperimento. Rendere l’energia economicamente accessibile e sostenibile per le imprese e per le famiglie italiane è fondamentale. A mio parere, sono due le strade che l’Europa deve percorrere. In primis un sostegno concreto, anche di natura finanziaria, all’aumento delle energie provenienti da fonti rinnovabili e all’installazione di impianti più efficienti quali le pompe di calore, ancora troppo costose per milioni di cittadini.

In secondo luogo, è opportuno lavorare perché l’Italia possa sviluppare e mantenere delle reti di approvvigionamento del gas sicure e non soggette ai turbamenti geopolitici, come è stato nel caso delle forniture russe. Serviranno in questo caso importanti azioni diplomatico-commerciali con i paesi vicini e per la stabilizzazione di regioni quali il Nord Africa e l’Europa orientale.

Parliamo di nucleare. L’ipotesi di scenario delineato nell’ultimo aggiornamento del PNIEC italiano al 2050 prevede una copertura dall’11 al 22% della richiesta energetica nazionale. Le sembrano stime realistiche? Potrà contribuire a ridurre realmente il prezzo dell’energia elettrica?

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È difficile dire se queste stime si riveleranno corrette. L’energia nucleare è una tecnologia sicura e pulita, a bassissime emissioni e che produce un’elevata quantità di energia. Come dimostrano altri paesi europei (da cui continuiamo ad importare energia), il nucleare ha permesso un’effettiva diminuzione dei costi energetici, a partire dalle famiglie. È tempo che anche in Italia si torni, non solo a parlare, ma anche ad investire concretamente in questa tecnologia. Se vogliamo un’Europa climaticamente neutra al 2050, il mix energetico del futuro non potrà prescindere da questa tecnologia.



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