l’Ue ha le idee confuse sul Green Deal

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La complessità delle procedure Ue rende difficili i cambi in corsa. Inoltre a gennaio si è verificato un balzo delle vendite di auto elettriche, dopo la flessione del 2024. E va anche detto che, sul fronte dazi, quelli che l’Europa ha posto sulle auto a batterie made in Pechino mettono in crisi anche gli europei che producono in Cina

Il 5 marzo la commissione UE presenterà il suo “Piano di transizione” per il settore auto in vista della progressiva decarbonizzazione. La nuova commissione, sempre guidata da Ursula Von der Leyen, ha avviato a fine gennaio un tavolo con i rappresentanti del settore per rispondere alle richieste su due fronti: la scadenza del 2035, quando in base al Green Deal scatterà l’obbligo di vendere solo auto a emissioni zero di CO2; e quella ben più vicina del 2025, con l’entrata in vigore dei limiti più bassi alle emissioni stesse.

Le ibride

La lobby dell’auto si batte da anni per un rinvio della scadenza del 2035, o almeno per un allentamento delle regole e, secondo un recente articolo del settimanale Der Spiegel inizia ad avere successo a Bruxelles: «Per la prima volta i rappresentanti dell’UE non hanno escluso la vendita di veicoli ibridi ricaricabili dopo il 2035».

Microcredito

per le aziende

 

Più urgente per i costruttori è eliminare il rischio delle multe previste già quest’anno per chi sforerà i limiti alle emissioni: la loro associazione Acea chiede di «garantire che non vengano inflitte sanzioni». Secondo lo Spiegel «l’UE potrebbe differire le sanzioni o permettere alle aziende di compensare i superamenti dei valori medi di CO2 di un anno con valori più bassi negli anni successivi».

Elettrico in ripresa

Acea chiede aiuto a Bruxelles sulle potenziali multe per la CO2 «alla luce del calo della domanda per le auto elettriche». Le vendite di auto a batterie sono effettivamente scese del 6 per cento per una serie di motivi, primo fra tutti il calo in Germania. Hanno però già segnato un forte rimbalzo a gennaio (più 122 per cento in Italia, più 50 per cento in Germania e Spagna) anche perché i costruttori, proprio in vista delle multe, hanno volontariamente spostato una parte delle immatricolazioni e dei lanci di nuovi prodotti a quest’anno. Acea chiede misure di sostegno alla domanda come un piano di incentivi su scala europea.

Le previsioni che l’associazione fa sulle possibili multe 2025 (fino a 16 miliardi, dicono) sono superiori a quelle degli analisti finanziari e anche contraddette dalle prime stime delle aziende stesse: Volkswagen, che pesa per il 25 per cento del mercato UE, ha stimato un impatto di 1,5 miliardi; la cifra per l’insieme dei costruttori europei, che hanno quota complessiva del 70 per cento, sarebbe di poco più di 4 miliardi. L’auto europea chiuderà il 2024 con un calo degli utili ma viene da anni di profitti record: quasi 190 miliardi di euro nei tre anni dal 2021 al 2023, di cui quasi 50 miliardi la sola Stellantis.

Modifiche in corsa

Difficile fare previsioni sull’esito del tavolo. Come ricorda Der Spiegel, le modifiche in corsa sono rese più difficili dal complesso meccanismo decisionale dell’Unione. Ursula Von der Leyen ha comunque già iniziato ad adeguare i toni al nuovo clima politico dopo le elezioni europee; non dimentichiamo che il suo partito, la CDU tedesca, si era opposto alle scadenze del Green Deal fin da principio. La presidente ha promesso all’industria dell’auto «più flessibilità».

Quale potrà esserne l’impatto? Molte concessioni alle richieste dei costruttori implicherebbero un rallentamento della decarbonizzazione; un segnale politico negativo che si aggiungerebbe a quelli in arrivo dagli Usa di Trump. A complicare il dossier c’è anche il tema delle importazioni di auto dalla Cina. La UE ha imposto l’anno scorso dazi addizionali sulle auto elettriche cinesi, proprio per “difendere” la produzione locale da una concorrenza sostenuta da rilevanti aiuti di stato; in compenso, alla faccia del Green Deal, non penalizza le proprie auto a benzina ad alte emissioni di CO2. A importare auto elettriche dalla Cina sono però anche molti gruppi europei come Volkswagen, Renault, BMW e Volvo, che contano su quelle importazioni per “centrare” i target di CO2. Queste aziende devono ora accollarsi i dazi o farli pagare ai clienti se vogliono evitare le multe; proprio ieri il numero uno dei marchi spagnoli Seat e Cupra (gruppo VW) ha minacciato 1.500 tagli in Spagna se non verranno eliminati i dazi, che pesano sulla sua Cupra Tavascan made in China.

Il bando al 2035

La scadenza del 2035, con il bando totale ai motori endotermici, è più lontana e una sua verifica era prevista fin dall’inizio nel 2026. La soluzione di ammettere dopo il 2035 anche gli ibridi ricaricabili (plug-in) sarebbe simile a quella scelta nel Regno Unito. Questi ibridi permettono di percorrere qualche decina di chilometri a emissioni zero e di fare lunghi viaggi a benzina. Dal punto di vista ambientale, però, riducono molto la CO2 solo se vengono caricati spesso, cosa che secondo le indagini a livello UE non avviene. Come ha sintetizzato l’Economist «il vantaggio degli ibridi potrebbe avere vita breve. Man mano che il prezzo delle batterie scende e l’infrastruttura di ricarica migliora, le auto completamente elettriche diventeranno più economiche rispetto alle ibride o a benzina».

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