Quando la Sinistra è debole: il governo Starmer

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Il governo guidato da Keir Starmer, la cui vittoria elettorale nel Luglio 2024 ha interrotto una stagione di 14 anni di governi monocolore Conservatori (con l’ unica eccezione del governo di David Cameron, in coalizione con i Lib Dems di Nick Clegg) rappresenta sulla carta, insieme al governo di Pedro Sànchez, l’eccezione in Europa, un governo progressista in una Europa ancorata largamente a Destra e all’estrema Destra.

Questa eccezione tuttavia, resta in parte sulla carta, in quanto il governo di Keir Starmer, dopo sette mesi dalle elezioni appare sempre più arroccato in un pavido centrismo, ben lontano da lidi progressisti, ancor più da lidi socialdemocratici e socialisti.

Questo arroccamento cozza fortemente con l’ampia maggioranza vinta dal Labour, che dovrebbe fornire una certa dose di coraggio politico, specialmente in un sistema politico dove le maggioranze di governo possono anche sopravvivere alla caduta di un Primo o di una Prima Ministra, come provato dal quintetto al governo tra il 2010 e il 2024 (David Cameron, Theresa May, Boris Johnson, Liz Truss e Rishi Sunak).

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Da Corbyn a Starmer, dalle proposte di cambiamento alle inversioni politiche a U

Sotto la guida di Jeremy Corbyn, il Partito Laburista era divenuto il primo partito in Europa per membri, arrivando a contarne 550,000; molti di questi erano giovani che si iscrissero al partito per la prima volta grazie all’ispirazione di Corbyn e dei suoi alleati come John McDonnell e a una visione diversa del Paese, dopo anni di austerità e tagli alla spesa pubblica per mano dei Tories.

Keir Starmer fu eletto nuovo leader dagli iscritti e dalle iscritte al partito nell’ Aprile 2020, dopo la tremenda sconfitta elettorale del Dicembre 2019 (il peggior risultato per il Labour dal 1935), battendo le rivali Rebecca Long-Bailey, vicina a Corbyn e Lisa Nandy, attuale Ministra della Cultura, Media e Sport.

L’ex Direttore della pubblica accusa per l’Inghilterra e il Galles ed ex Ministro per la Brexit nel Governo Ombra di Corbyn vinse con un manifesto politico di 10 punti e l’ impegno di mantenere i valori radicali del corso precedente.

I punti in questione includevano il rafforzamento dei sindacati e dei diritti dei lavoratori (bandendo ad esempio gli zero hour contracts, i contratti senza un limite minimo di ore previste), la difesa dei diritti dei migranti e la nazionalizzazione delle ferrovie, Poste, compagnie energetiche e compagnie dell’acqua (queste ultime al centro di mala gestione e inquinamento nel caso di Thames Water) e un ambizioso piano per contrastare il cambiamento climatico.

Questi punti, e altri impegni sono stati progressivamente abbandonati in una vorticosa serie di inversioni a U politiche; a Febbraio 2024, POLITICO Europe aveva indicato ben 27 cambi di passo di Starmer (dall’ambiente alle nazionalizzazioni, dalle patrimoniali all’aumento delle tasse per i giganti Big Tech), una lista preoccupante per un Primo Ministro in pectore che dovrebbe ispirare fiducia.

Un fattore certamente correlato all’annacquamento della agenda politica laburista lo si vede nella guerra aperta portata avanti dentro al partito, dalla corrente di maggioranza centrista contro la sinistra del partito, con l’espulsione dell’ex leader Jeremy Corbyn e una costante ostilità verso esponenti di spicco come John McDonnell, Diane Abbott e Zarah Sultana.

A dispetto delle visioni che presentano Starmer come un novello Tony Blair vi sono numerose differenze che squalificano i paragoni: il quadro economico (l’entusiasmo incauto degli albori della globalizzazione contro il pessimismo di quelli che ne sono stati abbandonati oggi), il carisma personale (inesistente in Starmer) e infine la mancanza di una visione politica.

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L’idea di Regno Unito di Starmer invece si è persa, sul sentiero delle promesse rinnegate, se vi è poi mai stata, oltre a una forma blasonata di neoliberismo.

Brexit, crisi sociale ed economica e la minaccia di Trump 

Il Regno Unito si trova incagliato in una crisi profonda, scatenata da diversi elementi. Vi è la Brexit, che pur non avendo scatenato scenari apocalittici non ha portato nessuno dei vantaggi economici e commerciali promessi dai Tories e dal suo ideatore, Nigel Farage, come ammesso dallo stesso leader di Reform nel Maggio 2023.

Vi sono gli effetti di quattordici anni di austerità e tagli alla spesa pubblica a cura dei Conservatori che hanno messo in ginocchio i servizi pubblici, in particolare l’NHS, il Sistema Sanitario Nazionale e i colpi di coda della pandemia, che continuano ad attanagliare tutti i Paesi; la Cancelliera Rachel Reeves tuttavia, non diversamente da Starmer, manca di coraggio e visione.

Infine, vi sono una crisi del carovita e una inflazione galoppante; le aspettative di crescita economica del Regno Unito sono viste all’1,7% da KPMG, ma allo stesso tempo si sottolinea che questo dipenderà da fattori geopolitici e non solo da scelte politiche; Donald Trump ha fatto intendere la volontà di introdurre dazi contro l’Unione Europea, ma ha dichiarato che anche Londra è potenzialmente nel mirino, con buona pace della famosa special relationship transatlantica.

Gaza, lotta al razzismo, il ritorno con forza di Nigel Farage e l’incognita Musk

Sul fronte del contrasto all’odio, Starmer aveva invece presentato l’intenzione di non voler tollerare l’antisemitismo, un’intenzione che tuttavia è stata seguita anche con intenti fortemente strumentali e volti a colpire la sinistra interna e donne non bianche della corrente, come Diane Abbott, prima parlamentare nera nella storia britannica (sospesa dalla possibilità di votare nella House of Commons per un articolo controverso sulle gerarchie di razzismo per il quale si era peraltro scusata) o la candidata Faiza Shaheen, sospesa prima delle elezioni di Luglio 2024 per aver condiviso tweets anni prima, incluso uno sketch del Daily Show critico di Israele, ad opera del comico ebreo statunitense Jon Stewart. 

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Su Gaza, sia Starmer che il Ministro degli Esteri David Lammy hanno mantenuto poi un appoggio incondizionato e quasi per nulla critico del governo Netanyahu, gettando dubbi sul rispetto del mandato d’arresto internazionale per il primo ministro e per Yoav Gallant e ombre più cupe per quanto riguarda la vendita di armi e i voli di sorveglianza e spionaggio dalla base della RAF (Royal Air Force) a Cipro.

Starmer su questo fronte giustificò poi, nel corso di una intervista su LBC, l’assedio di Gaza da parte dell’esercito israeliano (una flagrante violazione del diritto internazionale); queste scelte e dichiarazioni sono in totale contrasto con uno dei dieci impegni di Starmer nella sua corsa alla leadership del partito, ovvero la promozione di pace e diritti umani.

Sul piano nazionale, Nigel Farage è tornato ad essere un protagonista del dibattito, come una eterna Fenice di estrema destra. Secondo l’ultimo sondaggio di You Gov, pubblicato tra il 2 e il 3 di Febbraio, Reform UK è ora il primo partito per intenzioni di voto nel Paese, al 25%, seguito dal Labour al 24% con i Tories ad inseguire al 21%; uno scenario simile sarebbe stato impensabile solo pochi mesi fa.

Come se non bastasse, vi è poi l’incognita di Elon Musk che ha mostrato una attitudine apertamente ostile a Starmer (con una dichiarata intenzione di far cadere il suo governo) e una ingerenza negli affari britannici, sdoganando teorie del complotto razziste e promuovendo estremisti di destra come Tommy Robinson, ora in carcere.

In sintesi, su quasi ogni fronte il governo Starmer rappresenta un problematico esempio di come vincere non sia abbastanza (specie poi in un sistema elettorale maggioratorio “dopato” come quello britannico) e che senza una visione coraggiosa, socialista, socialdemocratica e un intento di trasformazione della società, il rischio è quello di spalancare le porte all’ascesa della estrema destra, anche in un sistema bipartitico.

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