Riforma della giustizia, Nordio avverte le toghe: “Scioperino pure, andremo avanti”

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Più ci attaccano e più cercano di intimidirci in vari modi e più la nostra volontà di portare a fondo la riforma aumenta con maggior forza, vigore e determinazione“. Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, mette le cose in chiaro: la direzione è tracciata e sulla separazione delle carriere il governo non intende indietreggiare. Intervenendo in videocollegamento all’inaugurazione dell’anno giudiziario dei penalisti italiani, in corso al Teatro Carcano di Milano, il guardasigilli ribadisce le intenzioni dell’esecutivo su una riforma considerata necessaria e richiesta anche da moltissimi addetti ai lavori.

Il nostro cronoprogramma è definito. In prima lettura dovrebbe la riforma essere approvata entro marzo ed entro l’estate dovrebbe avere l’approvazione definitiva“, ha prospettato Nordio, dando per scontato che l’iter parlamentare prosegua senza intoppi. “Ci sarà poi, penso sono certo, il referendum che io auspico perché una materia così complicata, complessa e di alta sensibilità civica è bene che venga sottoposta alla valutazione del popolo sovrano. Non abbiamo timore, non vogliamo nemmeno lusingarci dei sondaggi che conosciamo, ci affideremo alla volontà del popolo. Auspichiamo un dibattito che non sia di vuote e vane formule preconcette o preconfezionate e poi quello che sarà, sarà“, ha poi aggiunto il guardasigilli.

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L’esponente di governo ha poi fatto riferimento alle critiche più comuni mosse alla riforma, smontandole. “Questa famosa cultura della giurisdizione, che viene in un certo senso vantata per ostacolare la riforma sulla separazione delle carriere, ormai è una formula vuota, priva di significato. Ma se proprio volessimo darle un significato, dovremmo dire che o la giurisdizione viene considerata in senso ristretto e, quindi, limitata all’opera del giudice oppure è un tavolo a tre gambe, perché è la dialettica processuale che vede avvocato, pm e giudice. Cultura della giurisdizione limitata all’associazione tra pm e giudice è una non cultura della giurisdizione proprio perché manca una parte essenziale, che è quella dell’avvocatura“, ha affermato Nordio, ottenendo chiaramente il favore dei penalisti che lo ascoltavano.

Poi, replicando con nettezza all’accusa di voler porre il pubblico ministero sotto tutela dell’esecutivo, il ministro ha affermato: “Ne abbiamo abbastanza di questo processo alle intenzioni. Dicono che questo è il primo passo per portarlo sotto l’esecutivo. Invece no, nella riforma costituzionale sulla separazione della carriere è scritto chiarissimo che questo non è. E fare il processo alle intenzioni non è neanche un buon modo per argomentare, non è un modo logico e razionale“. E ancora: “Tolto di mezzo il processo alle intenzioni, la riforma della separazione delle carriere è consustanziale al processo accusatorio e noi su questo non esitiamo“.

Di seguito, il passaggio riferito ai giudici pronti a scioperare contro la riforma. “Voglio dirlo a chiare lettere: possono fare tutte le manifestazioni e tutti gli scioperi che vogliono ma noi su questo andremo avanti. E più si alimenta la polemica che noi non vogliamo e più la nostra determinazione aumenta, perché è un mandato elettorale che ci ha chiesto il popolo di attuare. E noi lo faremo“. La separazione delle carriere – ha osservato ancora l’ex magistrato – “è una riforma che non è perfetta, sarebbe anche stata perfettibile ma, poiché il meglio è nemico del buono, abbiamo preferito continuare su questa strada, consapevoli che però con le leggi ordinarie che ne seguiranno riusciremo a dare un’organica e definitiva sistemazione anche al ruolo del pm“.

Durante il proprio intervento, il guardasigilli ha anche fatto riferimento alla situazione nelle carceri esprimendo “rammarico per tante cose che non siamo riusciti a fare“. Quindi ha annunciato: “Abbiamo un piano carceri che consentirà di colmare questo gap. Entro due anni, con il commissario straordinario, abbiamo già in programma ottomila nuovi posti in carcere“.

Non è infine mancato un riferimento al caso Almasri, che per l’intera settimana ha tenuto banco in Parlamento (peraltro nel comprensibile disinteresse della gente comune).

L’altro giorno – ha affermato il ministro – “ho sentito crollare la cultura della giurisdizione“, infatti “le regole vanno rispettare sempre e comunque“, poichè “se volessimo trattenere una persona a dispetto delle regole, allora nemmeno la Corte internazionale ha ragion d’essere“.



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