Serbia. Gli studenti contro affari e corruzione  * MPS

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La mobilitazione contro le pratiche clientelari e corrotte del partito al potere di Vucic e il crollo alla stazione di Novi Sad scoperchiano i legami dei paesi dei Balcani con centrali affaristiche occidentali e cinesi

Poco dopo il crollo del tetto della stazione ferroviaria centrale di Novi Sad, avvenuto il 1° novembre scorso, che ha causato la morte di quindici persone, un reporter televisivo ha chiesto al giornalista locale Igor Mihaljević di spiegare quanto accaduto. Tramite giudizi taglienti e sconvolgenti questi ha offerto il contesto che, nella copertura mediatica occidentale dell’incidente e delle proteste degli ultimi mesi, ancora mancava.

Per prima cosa, ha osservato Mihaljević, si è trattato solo di un’ultima disgrazia nella storia tragica della seconda città più grande della Serbia. Novi Sad ha sofferto nel passato la campagna genocida dell’esercito ungherese che ha massacrato ebrei, serbi e rom in tutta la regione. Ciò è avvenuto nello stesso periodo in cui si verificava la tragica occupazione militare della Jugoslavia da parte della Germania nazista e dei suoi stati vassalli. Più di recente, c’è stata l’ondata di bombardamenti Nato durata settantotto giorni nel 1999, che ha ucciso 527 jugoslavi e ha annientato grandi città come Novi Sad distruggendo infrastrutture chiave. Questa volta però, ha sostenuto Mihaljević, è diverso: stavolta è lo stesso Stato serbo a uccidere il proprio popolo.

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Il crollo della stazione ferroviaria ha lasciato sia la città che la nazione sotto shock. Molti serbi, soprattutto a Novi Sad, guardano ora con sospetto le strutture sopraelevate, e alcuni evitano persino la recente ferrovia ad alta velocità finanziata dalla Cina. Tuttavia, le conseguenze hanno scatenato anche una potente ondata di proteste, così intense da minacciare di rovesciare il presidente Aleksandar Vučić e propagate anche dentro il suo corrotto Partito progressista serbo (Sns).

Proteste studentesche

Guidato da studenti provenienti da oltre trenta università e facoltà, in particolare quella di Arti drammatiche di Belgrado, da dove è partito l’appello di fine novembre, il movimento si è radunato attorno a quattro richieste chiave. La pubblicazione di tutti i documenti interni relativi ai lavori di ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad, eseguiti da Serbian Railway Infrastructure, dallo Stato serbo, da China Railway International Co. Ltd. e da China Communications Construction Company Ltd., che ha avviato la costruzione della stazione nel 2021. L’archiviazione di tutte le accuse contro studenti e giovani manifestanti arrestati e detenuti che hanno manifestato dopo il crollo della pensilina; la presentazione di accuse penali e l’incriminazione dei responsabili degli attacchi a studenti e professori; e un aumento del 20 per cento degli stanziamenti per gli istituti di istruzione superiore pubblici.

Da novembre, gli studenti hanno organizzato scioperi massicci, con proteste come la manifestazione di 100.000 persone che si è svolta in piazza Slavija a Belgrado il 22 dicembre. Le proteste sono continuate nel nuovo anno, con i dimostranti che hanno dichiarato che non c’era nulla da «festeggiare» finché non fosse stata fatta giustizia. Le dimostrazioni sono ancora in corso, avendo recentemente costretto alle dimissioni il primo ministro Milos Vučević e il sindaco di Novi Sad Milan Đurić il 28 gennaio.

Gli studenti hanno tenuto assemblee e trasmesso efficacemente il loro messaggio ai media. Con un acuto senso per i «momenti Instagram», hanno guidato intelligentemente le campagne sui social media, spesso con riprese aeree delle proteste tramite droni e con immagini efficaci. Le loro azioni non hanno solo sfidato il potere dello Stato, ma le loro richieste, in particolare le accuse penali e i procedimenti giudiziari, esprimono un’evidente critica per il marciume più profondo di un sistema giudiziario corrotto che sostiene uno Stato mafioso e un governo che non solo delude il suo popolo ma è complice della sua morte.

La risposta iniziale in diverse città serbe si è ora tramutata in un movimento nazionale, che si è diffuso anche nelle città più piccole. Come ha notato l’attivista e studioso di Novi Sad Aleksandar Matković su X/Twitter, una mappa della Serbia con le proteste in corso in quasi tutti i comuni dice che la situazione potrebbe degenerare in una crisi di governo o in un conflitto più grave.

Gli eventi hanno anche scatenato profonde ansie culturali legate all’identità nazionale. Lunedì scorso, la Chiesa ortodossa serba ha pubblicato un articolo che condannava le proteste studentesche, affermando che stavano promuovendo una «narrazione e uno stile di vita anti-San Sava, anti-cristiani e anti-serbi». L’affermazione secondo cui gli studenti vivono in un «universo parallelo» è stata però smentita il martedì seguente con una dichiarazione che ha chiarito che il testo non rifletteva la posizione del massimo rappresentante della Chiesa, il patriarca Porfirije.

Di recente, le proteste si sono intensificate fino a diventare violente, con i dimostranti coinvolti in duri scontri con i sostenitori del partito al governo. Martedì notte un gruppo di sostenitori dell’Sns ha lanciato un attacco contro gli studenti a Novi Sad. Molti serbi sono rimasti particolarmente scioccati da una serie di interviste ampiamente riportate dai media in cui i sostenitori dell’Sns della città di Jagodina hanno denunciato gli studenti. Un uomo anziano ha persino affermato che avrebbe accolto con favore le aggressioni a sua figlia, se avesse protestato.

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Nazionalisti e multinazionali

Viviamo un momento in cui la capacità dei movimenti di massa di guidare il cambiamento politico desta notevole interesse. Seguendo il ritorno di Donald Trump alla presidenza degli Stati uniti, la copertura ossessiva dei mass media inquadra la corruzione e la venalità dell’uomo come se fosse stata redenta dalla cerimonia di inaugurazione. I parallelismi con Vučić sono sorprendenti, in particolare da quando Trump e suo genero Jared Kushner hanno concluso un accordo commerciale per costruire un hotel di lusso con il marchio Trump sul sito dell’ex Ministero della Difesa jugoslavo a Belgrado. Il sito, bombardato dalla Nato nel 1999, è stato a lungo un simbolo delle bombe e dei pericoli rappresentati da questa alleanza.

Oggi l’accordo Kushner, mediato con agenti immobiliari ad Abu Dhabi, riflette una situazione ampiamente diffusa nei Balcani: affari immobiliari trattati come mega-accordi tra leader di Stato e dirigenti aziendali degli Stati uniti, dell’Unione europea, della Cina e altri ancora. Tali accordi avvantaggiano solo pochissimi, ma sono coperti da tutela giudiziaria. In netto contrasto, invece, con le richieste degli studenti, incentrate sul rafforzamento dell’istruzione e sulla creazione di istituzioni che servano realmente le persone, nonché sul ripristino della legittimità del pubblico ministero, sfidando direttamente gli interessi degli autocrati e dei capitalisti che loro proteggono.

Gran parte della copertura mediatica occidentale sulle morti di Novi Sad e sulle conseguenti proteste è stata imprecisa, sottolineando i forti legami della Serbia con la Russia e sottintendendo che le proteste studentesche abbiano seguito una tradizione anti-russa simile a quelle ucraine di Maidan. Sebbene questa attenzione potrebbe comunque aver contribuito ad aumentare la visibilità delle proteste, è fuorviante. Qui non si tratta di interferenza straniera negli affari di un altro Stato, piuttosto di corruzione interna, criminalità e, fondamentalmente, di cosa e chi lo Stato stia realmente servendo.

Analisti come lo scienziato politico Florian Bieber, che sottolineano la necessità di allineare la resistenza ai partiti di opposizione serbi, trascurano il fatto che tali sfide non sono esclusive della Serbia, ma fanno parte di una più ampia crisi globale di governance in cui conquistare la vittoria elettorale non può essere l’unico obiettivo. Come ha osservato il defunto Fredric Jameson, stiamo assistendo a un’erosione globale del potere statale. Jameson ha invece invocato un «doppio potere» in cui emergono strutture alternative per soddisfare funzioni essenziali che lo Stato non è riuscito a fornire. Le proteste studentesche riflettono quest’idea nella pratica, attraverso mense popolari, reti di autodifesa e altre forme di supporto collettivo. Non stanno solo chiedendo un cambiamento, ma stanno attivamente dimostrando come potrebbe apparire un’alternativa autosufficiente e guidata dalla comunità.

Crollo

Questo incidente poteva avere differenti esiti. La presenza di rapporti commerciali tra lo Stato serbo e la Cina avrebbero potuto alimentare la xenofobia nei confronti della consistente popolazione cinese della Serbia. Il crollo avrebbe potuto essere dimenticato come una tragedia isolata. Invece, gli studenti serbi hanno dimostrato che è possibile sfidare i sistemi corrotti. Il successo dipenderà però dalla nostra capacità di sfruttare il potenziale di nuove e incipienti forme di coesione sociale.

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 

I movimenti studenteschi serbi hanno già guidato il cambiamento in passato. Nel 1968, hanno ottenuto delle concessioni da Josip Broz Tito, che ha riconosciuto la validità di molte delle loro richieste economiche e politiche. Il presidente Vučić può talvolta presentarsi come il successore di Tito, ma offre solo promesse vuote, non riuscendo a determinare veri cambiamenti. Nel 2000, il presidente Slobodan Milosević è stato rovesciato dopo una lotta interna durata tre anni, innescata dal movimento studentesco Otpor!.

Più di recente, le proteste contro il sostegno del governo serbo al progetto di estrazione di litio della multinazionale britannica Rio Tinto, ignorando i ben documentati rischi ambientali, hanno evidenziato una crescente resistenza alle pratiche di sfruttamento aziendale sostenute dallo Stato. Nel 2022, la diffusa pressione pubblica ha poi costretto a un’inversione a U nel consentire all’azienda di entrare nel paese. Questo incidente sottolinea ulteriormente come la retorica nazionalista spesso mascheri la collusione con gli interessi aziendali stranieri, dando priorità agli accordi economici rispetto al benessere pubblico. Le attuali proteste studentesche hanno fatto leva su questo slancio, scavando più a fondo in queste contraddizioni e sfidando le reti radicate di potere politico ed economico.

La pensilina della stazione di Novi Sad è una metafora grottesca dell’incertezza che sta attraversando la Serbia. Creata per la prima volta nel 1964, simboleggia un periodo in cui lo Stato jugoslavo prosperava e si modernizzava, un’era di ambiziosi progetti infrastrutturali e progresso sociale. Ma la sua negligente manutenzione e il crollo che alla fine ne è seguito rappresentano dei duri promemoria dell’incapacità di Vučić di portare avanti nella sostanza quella eredità. Mentre si atteggia a leader forte, il suo governo si è distinto per la crescita delle disuguaglianze economiche, per la repressione politica e nel fallimento nell’investire in istituzioni e beni pubblici che un tempo definivano la visione di progresso della Jugoslavia.

Gli studenti in piazza non stanno solo protestando per un incidente isolato; stanno affrontando un sistema che da molto tempo privilegia la sopravvivenza politica del potere rispetto al benessere pubblico. Se ci riusciranno, potrebbero finalmente spezzare un ciclo e spingere la Serbia verso un futuro in cui lo Stato lavora davvero per il popolo. Se falliranno, il crollo della pensilina sarà stato un’agghiacciante metafora del decadimento che ci aspetta. Possiamo solo sperare che ci riescano.

*Tamara Kamatović è docente presso lo Yehuda Elkana Center alla Central European University di Vienna. Scrive regolarmente di istruzione e politica. La sua famiglia è originaria di Novi Sad. Questo articolo è uscito su Jacobin Mag. La traduzione è a cura della redazione di Jacobin Italia.



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