Sport e donazione: i consigli da seguire

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Se pratico attività sportiva posso donare? Cosa è meglio mangiare per mantenermi in forma? Cosa rischio se prima di una gara dono sangue o plasma? Sono alcune delle domande a cui abbiamo cercato di fornire una risposta in questa intervista effettuata con due professionisti del settore. Il binomio sport e donazione, infatti, caratterizza da sempre le attività associative e ne sono la dimostrazione i tanti accordi di collaborazione che AVIS ha in essere con diverse realtà sportive. Dal CONI alla Federazione italiana rugby, fino al CISM, il Comitato italiano scienze motorie. Proprio nell’ambito di quest’ultimo protocollo d’intesa, la nostra associazione ha voluto fare chiarezza e fornire quante più informazioni possibili realizzando una sorta di “intervista doppia”: da un lato la professoressa Angela Di Baldassare, presidente della Società italiana delle scienze motorie e sportive (SISMeS), dall’altro il dottor Giovanni Garozzo, specialista in Ematologia generale, clinica e laboratorio, già direttore sanitario di Avis Provinciale Ragusa e già direttore del SIMT (Servizi di Immunoematologia e medicina trasfusionale) dell’Asp di Ragusa. 

 

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AVIS è da sempre attenta a promuovere stili di vita sani. La corretta alimentazione è al centro di gruppi di lavoro della SISMES: quanto conta questo aspetto per uno sportivo? 

«La nutrizione è uno dei pilastri nella vita di un atleta e anche la ricerca ha prodotto interi percorsi dedicati proprio a questo. In generale, chi pratica sport ad alto livello deve stare attento a cosa assume, sia in ambito quantitativo che qualitativo. Deve esserci sempre un corretto equilibrio tra macro e micronutrienti. Consumando molto, infatti, l’atleta deve reintegrare in maniera corretta, così come il muscolo che deve aumentare la sua capacità di risposta durante la performance: tutto questo passa proprio dall’alimentazione». 

 

Quindi chi pratica sport può donare? 

«Assolutamente sì, anzi: per tutte le cose dette potremmo dire che l’atleta rappresenta probabilmente il prototipo del donatore ideale, in quanto attento alla sua salute e desideroso di stare costantemente bene». 

 

La professoressa Angela Di Baldassarre

Esiste una procedura corretta per fare sport dopo la donazione? 

«In realtà non esistono linee guida specifiche che indichino il corretto comportamento da seguire per la donazione. Al di là della letteratura scientifica, che comunque è importante, deve essere il buonsenso a guidare in queste situazioni. Mi riferisco, ovviamente, agli atleti professionisti. Diciamo che esistono, allo stesso tempo, consigli precisi da seguire come fa la stessa AVIS. È opportuno astenersi da attività fisiche impegnative nelle 48 ore successive alla donazione: nonostante la quantità di sangue prelevata sia ridotta (450 ml), il fisico deve affrontare un lieve stress, ecco perché serve un po’ di tempo per recuperare. Niente di strano, lo stesso avviene anche per l’influenza». 

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E fare sport prima di donare? 

«È possibile, ma vale lo stesso principio seppur al contrario. Se è stata fatta una performance impegnativa, nel nostro organismo possono verificarsi variazioni metaboliche che potrebbero influire sulla qualità di sangue ed emocomponenti. Ecco perché, anche in questo caso, deve essere il buonsenso a guidarci e a farci astenere nelle 48 ore precedenti la donazione». 

 

Quali sono i valori ematici a cui uno sportivo deve prestare attenzione? 

«A chi iniziava l’attività in palestra, veniva consigliato di aspettare a donare per la variazione di alcuni valori come ad esempio le transaminasi: questo però avveniva diversi anni fa, quando proprio le transaminasi venivano considerate un marker specifico dell’epatite. Emoglobina e ferro sono importanti per tutti: le cellule funzionano con l’ossigeno, quindi, se ne viene ridotta la distribuzione ai tessuti, la performance ne risente. In generale l’attenzione va prestata da tutti, ma anche in questo caso è bene distinguere tra chi è atleta professionista e chi no. Zuccheri e lipidi, ad esempio, dovrebbero essere ottimali in chi pratica sport ad alto livello, mentre possono non esserlo negli altri». 

 

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I valori nel sangue possono variare in base allo sport praticato? 

«Gli sport estremi, in soggetti non adeguatamente preparati, possono indurre danni miocardici aumentando le troponine, che sono un segno di danno cardiaco. Pensiamo ad esempio alla maratona. Gli eccessi non vanno mai bene, ecco perché il buonsenso è fondamentale. Abbiamo avuto una dimostrazione di questo discorso durante le Olimpiadi, quando fece notizia l’estrema magrezza di Gianmarco Tamberi: sicuramente sarà stata funzionale alla sua disciplina (il salto in alto, ndr), ma non può rappresentare un riferimento per la società. Un atleta professionista deve rispettare determinati standard, chi esce solo per la tradizionale corsetta della domenica anche no. Il senso è questo». 

 

Esistono patologie legate all’attività sportiva o discipline che possono condizionare la possibilità di donare? 

«Tutte le discipline di endurance, come la maratona, nella fase agonistica e tutti gli sport di impatto non sono consigliabili (alcuni generano anche ipotromie cardiache). In generale, non ci sono pratiche sportive controindicate, ma rimane il consiglio delle 48 ore di astensione che abbiamo citato».  

 

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Assumere integratori può avere conseguenze o rischiare di compromettere la qualità del sangue donato? 

«L’aumento della creatinina, su tutti, è uno degli effetti. I ragazzi che vanno in palestra si fanno spesso condizionare dagli istruttori. Non sono gli integratori che fanno crescere i muscoli, bensì l’esercizio. Molte volte vengono acquistati online senza attenzioni particolari e in diversi casi non siamo in condizione nemmeno di dire con chiarezza di che sostanze parliamo. Mai esagerare, il consiglio è questo». 

 

Il dottor Giovanni Garozzo

Su quali sport incidono di più queste sostanze? 

«Nelle discipline di potenza l’incremento della massa muscolare è importante e questo avviene assumendo proprio integratori che contengono proteine e amminoacidi. Sono state messe a punto anche diete specifiche, come quella chetogenica, che da un lato consente di eliminare rapidamente la massa grassa, ma dall’altro attacca i muscoli. Ecco allora che in molti gruppi di sportivi si verificano dei veri e propri mix di questi componenti. Si tratta di procedure che di volta in volta vanno valutate e monitorate da un team di professionisti, senza affidarsi al fai da te, compresa la valutazione di ciò che si compra. Che si tratti di un atleta professionista o meno, nell’eventualità in cui si vogliano assumere integratori, prima di farlo è importante rivolgersi agli specialisti: a maggior ragione se si tratta di una persona che dona». 

 

Per chi pratica sport è preferibile donare il sangue intero o il plasma? 

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«La differenza sta nel valore dell’emoglobina che si riduce di un grammo dopo la donazione di sangue intero, tutto lì, ma nulla di più. Possiamo tuttavia dire che la donazione di plasma produce un impatto inferiore a livello midollare». 

 

Le aferesi di piastrine sono una procedura praticabile? 

«Assolutamente sì, la donazione di plasma e piastrine è preziosissima, anzi potrebbe essere un’occasione utile per incentivarla». 

 

Esistono benefici per chi fa sport e decide di donare? 

«Nel momento in cui si ha un salasso di 450 ml di sangue, il nostro corpo risponde in maniera fisiologica producendo cellule nuove e, in quanto tali, più efficaci nel trasporto di ossigeno. Come se fossero loro stesse più performanti. Ovviamente ci vuole un po’ prima che tutto questo avvenga, di certo non vale la regola delle 48 ore. Pian piano, nell’arco di tre settimane circa, avremo ripristinato il quadro». 

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Possiamo indicare l’alimentazione più adatta per uno sportivo che dona? 

«L’idratazione è fondamentale, così come il supporto di ferro e vitamine contenute dai vegetali e dalle proteine animali. Tutto contenuto nella sana dieta mediterranea, negli ultimi anni caduta un po’ troppo nel dimenticatoio».

 

A cosa si rischia di andare incontro seguendo un regime alimentare sbagliato? 

«Ci troviamo in un’epoca contraddistinta da una vera e propria epidemia di obesità. E la cosa drammatica è che, in gran parte, si tratta di bambini: gli obesi di oggi diventeranno i cardiopatici di domani. A livello alimentare abbiamo la fortuna di avere a disposizione una varietà di alimenti e materie prime che il resto del mondo ci invidia: di questa fortuna a livello qualitativo dobbiamo approfittare. Dai vegetali alle micro-vitamine, siamo supportati a 360°: non è solo un successo in ambito gastronomico, ma è il livello altissimo della materia prima che ci pone davanti agli altri Paesi. Se il donatore mangiasse il quantitativo giusto con l’attenzione più corretta, in primis l’idratazione, sarebbe perfetto e questo lo accomunerebbe allo sportivo».

 

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L’intervista completa è pubblicata sul numero di AVIS SOS scaricabile a questo link.

 

Qui di seguito è possibile ascoltare le puntate del podcast “PositivaMente” con gli estratti dell’intervista alla professoressa Angela Di Baldassarre e al dottor Giovanni Garozzo.

 

Puntata del 16 gennaio 2025

 

Puntata del 23 gennaio 2025





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