Cure palliative nelle Regioni, avanti (molto) adagio

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Sulle cure palliative il cantiere è aperto: lentamente, ma procede. Lo dimostrano i dati regionali che l’Agenas ha analizzato in ottemperanza alla Legge di Bilancio 2023, che obbliga ogni Regione e Provincia autonoma a raggiungere il 90% della popolazione bisognosa di cure palliative entro il 31 dicembre 2028. E per far questo tutti gli anni ogni Regione/Provincia autonoma deve presentare un piano del loro potenziamento sul proprio territorio. Della verifica dei piani regionali di potenziamento è stata incaricata l’Agenas (Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali) la quale ha istituito un osservatorio di specialisti ed esperti. Questo osservatorio ha quindi esaminato i piani presentati dalle Regioni, sia nel 2023 sia nel 2024, e ha prodotto valutazioni che sono state inviate alle direzioni generali della Sanità di ogni Regione e Provincia autonoma per indicare punti di forza e di debolezza dei loro piani e suggerire i correttivi necessari.

Nel primo anno Basilicata, Calabria, Campania, Marche e Sardegna non hanno presentato il proprio piano. Lo stesso è avvenuto nel 2024 per Campania, Emilia-Romagna, Piemonte e Sicilia, mentre Calabria e Valle d’Aosta hanno fatto pervenire i loro piani a fine anno, in extremis, e devono essere ancora valutati. Il documento di Agenas con tutte le valutazioni è stato infine inviato dall’allora direttore generale di Agenas, Domenico Mantoan, alle commissioni dedicate alla sanità del Parlamento (X del Senato e XII della Camera). Da questa relazione emerge che non basta presentare il piano, occorre che sia adeguato: e le criticità individuate dall’osservatorio di Agenas non sono poche. Sette i parametri utilizzati per valutare la qualità del piano regionale: riferimenti normativi, obiettivi/identificazione dei bisogni, analisi dell’esistente e criticità, interventi e azioni di miglioramento, costi, finanziamenti, monitoraggio.

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Per quanto riguarda il 2023, ottiene una piena promozione solo il piano della provincia di Bolzano. Giudizio favorevole, con alcuni consigli, per altre Regioni: Friuli-Venezia Giulia («implementare gli aspetti gestionali e la descrizione di fabbisogno del personale»), Liguria («evidenzia una rete ben organizzata con azioni chiare e dettagliate»), Toscana («la rete appare ben definita, la Regione stessa sottolinea l’intenzione di potenziarne la governance. Da dettagliare l’impiego delle risorse per le azioni previste»), Veneto («manca una migliore definizione della destinazione delle risorse e utilizzo dei finanziamenti»). Valutazione interlocutoria per la Lombardia («il piano non è esclusivamente dedicato, è inserito all’interno del Piano operativo del Servizio sanitario regionale. Ciò rende più difficile una valutazione analitica») e per il Molise («il piano segue una logica di sviluppo progressivo evidente e impegna la Regione su obiettivi che andranno verificati nel tempo»). Discreta la valutazione di altri territori: Abruzzo («necessario dettagliare meglio l’impiego dei finanziamenti e la governance della rete») e Valle d’Aosta («discreto piano nella definizione delle azioni, manca la descrizione dell’allocazione delle risorse e l’impiego dei finanziamenti »).

Alcune Regioni ottengono consigli per piani che appaiono ancora da migliorare o implementare: Emilia-Romagna («piano sintetico e non analitico, privo di azioni attuative. Da sviluppare»), Puglia («piano da implementare, notevole difficoltà a considerare le reti, non descrive la governance »), Sicilia («piano da implementare, notevole difficoltà a considerare la rete, mancano le tempistiche attuative delle azioni proposte»), Umbria («il piano contiene le macroaree previste ma senza particolari approfondimenti, meglio dettagliare governance, ruoli dei nodi e allocazione delle risorse»). Infine altre Regioni ricevono qualche strigliata in più: Lazio («piano ancora largamente incompleto, esclusivamente incentrato sugli hospice rispetto alle finalità e agli obblighi normativi»), Piemonte («il piano tratta la maggior parte dei temi senza approfondimenti specifici su tempi, azioni e risorse»), Provincia di Trento («piano troppo sintetico, l’analisi dell’esistente spiega solo le funzioni dell’organismo di coordinamento, importante dettagliare analisi dei costi e impiego dei finanziamenti»).

Molte Regioni hanno comunque fatto tesoro delle indicazioni dell’Osservatorio di Agenas e nell’esame dei piani della prima metà del 2024 le valutazioni sono generalmente migliori rispetto all’anno precedente. Infatti a livello di eccellenza si conferma la Provincia di Bolzano, affiancata da quella di Trento, dalla Liguria, dalla Toscana e dal Veneto («il piano appare completo ed esaustivo in tutte le componenti richieste»). Ottengono una valutazione positiva anche Abruzzo («buono nel complesso, deficitario il cronoprogramma e il dettaglio sulle azioni di miglioramento»), Basilicata («bene nel complesso»), Friuli-Venezia Giulia («bene nel complesso, implementare gli aspetti gestionali e la descrizione del fabbisogno del personale »), Lazio («bene nel complesso»). Ancora interlocutoria la valutazione di Lombardia («il piano non è esclusivamente dedicato, è inserito all’interno del Piano operativo del Servizio sanitario regionale.

Ciò rende più difficile una valutazione analitica») e Umbria («il piano contiene le macroaree previste ma senza particolari approfondimenti, meglio dettagliare governance, ruoli dei nodi e allocazioni di risorse»). Correzioni e incoraggiamenti per Marche («ancora molti gli obiettivi da programmare e da raggiungere»), Molise («si nota uno sforzo nella giusta direzione, ancora molti gli obiettivi da programmare e da raggiungere »), Puglia («focalizzati solo sulla istituzione della rete»), Sardegna («piano da strutturare con azioni mirate sul territorio»). Gianpaolo Fortini, direttore della Struttura complessa di Cure palliative integrate della Asst Sette Laghi di Varese e presidente della Società italiana di cure palliative (Sicp), spiega: «L’at-tenzione alle cure palliative è indubbiamente cresciuta, ma con molte disomogeneità.

Il punto focale è l’identificazione del bisogno di cure palliative in quanto espressione di una evoluzione sfavorevole e attesa di una malattia end stage (alla fase finale, ndr) che richiede cure e assistenza diverse da quelle a cui il malato e la famiglia sono stati fino a quel momento abituati, in quanto cure inutili se non dannose. Quando questo bisogno viene riconosciuto tardivamente o, peggio, non viene riconosciuto affatto, il malato e le famiglie si rivolgono alle strutture per acuti, in modo inappropriato, cagionando spesso inutili sofferenze». Il bisogno di cure palliative è stato valutato (dalla sezione O del Comitato tecnico scientifico del Ministero della Salute) in 335 persone su 100mila abitanti per l’adulto, e in 18 bambini su 100mila per le cure palliative pediatriche: «Purtroppo questo indicatore fa riferimento solo alla dimensione numerica – puntualizza Fortini – ma non tiene in alcun modo conto del tempo, cioè della durata di presa in carico.

A parità di risorse, un sistema di cura riesce a farsi carico di tanti pazienti per poco tempo o di pochi pazienti per molto tempo. Per questo diventa imperativo oggi considerare di immettere nuove risorse economiche ». «Le cure palliative – conclude Fortini – contribuiscono all’obiettivo del Pnrr di presa in carico del 10% della popolazione over65. Il che significa che i fondi erogati dal Pnrr sono accessibili anche per sviluppare piani di cure palliative domiciliari», notoriamente uno dei punti deboli dell’assistenza sul territorio. È quanto mai necessario quindi non perdere le opportunità di questo momento storico per potenziare una attività assistenziale riconosciuta di estremo valore per garantire qualità della vita ai malati e risposte ai bisogni dei pazienti inguaribili nei momenti più difficili.





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