Riceviamo e pubblichiamo il messaggio del Vescovo Ciro Fanelli che ha prodotto in occasione della festa Sant’Alessandro che si terrà nella città di Melfi:
“Fratelli e sorelle nel Signore
1. la ricorrenza annuale della solennità di Sant’Alessandro, patrono della nostra Diocesi e della città di Melfi, è sempre un’occasione propizia che può aiutarci a riscoprire le nostre radici cristiane e a riflettere sulle modalità concrete con le quali oggi nella nostra terra siamo chiamati a testimoniare la fedeltà al Signore Gesù e al Vangelo.
Quest’anno celebriamo la festa di S. Alessandro nel contesto del Giubileo ordinario “Pellegrini di Speranza”, indetto da Papa Francesco.
Il Giubileo è sempre un tempo di grazia in quanto esso è proteso a raggiungere tutti con l’annuncio della perenne novità del “Vangelo della misericordia”, il solo che può spingerci ad agire da discepoli del Risorto per ridare speranza a quanti nelle nostre comunità si trovano vivere situazioni difficili, dolorose e di degrado sociale ed umano.
2. Tutti siamo consapevoli che il momento storico, nel quale ci troviamo a vivere, purtroppo, è segnato da notevoli criticità e da strane compromissioni; è un tempo complesso e drammatico: pensiamo alla precarietà del lavoro, alla crisi finanziaria, alle guerre, al disinteresse per il bene comune, ai migranti, ecc. Ma, proprio in quest’ora, così problematica, in quanto cristiani siamo chiamati ad affrontare l’esistenza con “il coraggio della speranza” e a testimoniare il Vangelo nella sua interezza, direbbe san Francesco, “sine glossa”.
Il nostro Patrono, il martire S. Alessandro, animato da questa intensa fedeltà a Cristo e alle esigenze del Vangelo, come i martiri di ogni tempo, è riuscito ad affrontare le atrocità del martirio lasciandoci un esempio indelebile che ha attraversato i secoli: in questo egli è stato un autentico “pellegrino di speranza”.
3. Papa Francesco, con l’Anno Santo ordinario, ci sta chiedendo con forza di assumere una postura da pellegrini di speranza, cioè di essere uomini e donne, che non si piegano, che camminano con la testa alta, che non accettano compromessi e che sanno di poter contare in ogni circostanza sull’assoluta fedeltà di Dio e sulla sua infinita misericordia.
Accogliendo l’invito del Papa dobbiamo essere pronti come singoli battezzati e comunità cristiana a stare accanto a quanti vivono in situazioni di marginalità sociale e spirituale, senza farci ricattare da nulla e da nessuno, per aiutarli con la forza del Vangelo, a non arrendersi a nessun sopruso e a nessuna tragedia esistenziale e sociale, ma rafforzando in essi la certezza che con la grazia di Cristo è sempre possibile cambiare e ricominciare.
4. Per la nostra comunità diocesana, nelle attuali circostanze locali e mondiali, guardare a S. Alessandro diventa uno sprone per essere persone che si lasciano guidare dalla virtù della Speranza così da essere instancabili tessitori di fraternità e operatori efficaci di solidarietà. Con questo messaggio desidero evidenziare alcuni tratti essenziali della figura del S. Alessandro, che attraverso il martirio ha mostrato l’autenticità della sua sequela di Cristo.
I tratti evidenziati della personalità di S. Alessandro sono atteggiamenti che possono aiutarci a vivere con maggior coerenza la nostra fedeltà a Cristo e all’uomo. Sottolineo sinteticamente tre atteggiamenti, che riassumo in tre parole: a) creatività, b) fraternità, c) lungimiranza.
a) Creatività. S. Alessandro, secondo l’espressione di Tertulliano, è tra quella moltitudine di donne e di uomini, il cui sangue versato per la fede è stato “seme” di nuovi cristiani.
Oggi il cristiano deve credere che non c’è situazione che egli con la forza derivante dal Vangelo vissuto non possa cambiare e che nella misericordia di Dio è sempre possibile ri-cominciare.
La fede, infatti, è sempre generativa: dal Vangelo nascono uomini nuovi: il servizio alla verità e la partica del “difficile amore”, vissuto con umiltà e fiducia, genera sempre vera coesione sociale, autentica alleanza generazionale e concreta solidarietà.
Questo è il modo per essere e vivere da “pellegrini di speranza”! Il cristiano, che guarda l’esistenza nella luce della Speranza derivante dalla fede, mentre afferma le implicanze sociali del Vangelo, ribadisce anche il valore del dialogo aperto e leale con tutti e promuove la corresponsabilità.
La creatività evangelica è a servizio di un mondo autenticamente umano, che non si piega ai ricatti, alle menzogne e alle umiliazioni dei più deboli; essa, inoltre, proprio perché intrisa di Vangelo, auspica sempre la collaborazione di tutti in vista della realizzazione del bene comune.
b) Fraternità. S. Alessandro, in quanto soldato, comprendeva bene l’importanza strategica di agire in unità di intenti.
Ma, grazie alla fede cristiana, ha anche capito nella sua carne che l’altro uomo, finanche il nemico, è fratello, sempre da amare. Oggi, in un tempo di forte crisi dell’impegno comunitario, la via dell’amicizia sociale, ci insegna papa Francesco è l’unica strada da percorrere con determinazione se vogliamo realmente uscire dal labirinto delle conflittualità e della cultura dello scarto.
Per percorrere questa strada è necessario coltivare il coraggio della speranza. Senza questo coraggio non si potrà mai intessere un vero dialogo e non ci si incamminerà mai con fiducia verso nessun futuro degno dell’uomo.
E’ necessario abbattere i muri dell’indifferenza e della diffidenza, del ricatto e della corruzione, dell’odio e del disprezzo sociale.
Con la forza del Vangelo, vi dico che è urgente da parte di tutti l’impegno per diradare “le ombre di un mondo chiuso” (Cfr. Fratelli Tutti, 9) e mostrare la possibilità di costruire “un mondo senza frontiere” per restituire alla comunità cristiana la scioltezza di mostrare il suo vero volto, quello di una fraternità nata dalla fede in Cristo Risorto che sa accogliere tutti, che sa chinarsi sulle ferite dell’umanità, che restituisce dignità a tutti gli emarginati della storia.
Il messaggio evangelico, infatti, ci ricorda che “con l’incarnazione “il Figlio di Dio si è unito in certo modo ad ogni uomo” (Gaudium et spes 22). La fraternità che nasce dal Vangelo-vissuto, sa farsi senza paura “debole con i deboli […] tutta per tutti” (1Cor 9,22). In questo modo le nostre comunità continueranno ad annunciare in modo credibile che “chiunque segue Cristo, l’uomo perfetto, si fa lui pure più uomo” (Gaudium et Spes, 41)
c) Lungimiranza. Il martire cristiano è l’uomo che sa sognare un mondo nuovo anche di fronte alle atrocità e alle meschinità dei potenti di turno. Egli non si lascia fermare né dalle minacce né dalle lusinghe.
Negli occhi del martire brillano due luci: una che contempla i cieli nuovi e la terra nuova e l’altra che sa vedere i germogli di una nuova umanità, già qui su questa terra. Il martire è sempre animato dalla certezza che egli, grazie alla Risurrezione di Cristo, mentre entra nella gloria della Gerusalemme celeste, sa che il suo sacrificio non è mai vano, ma contribuisce fattivamente ad allargare i confini del Regno di Dio in mezzo a noi.
Un Regno che si incarna nella verità e nell’amore, nella libertà, nella giustizia e nella pace. Essere lungimiranti oggi significa credere, come afferma in uno dei suoi romanzi uno scrittore giapponese, H. Murakami, che “quando la tempesta sarà finita, non saprai neanche tu come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo. Non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero.
Ma su un punto non c’è dubbio. Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi è entrato”. Il mondo attende donne ed uomini, soprattutto cristiani, lungimiranti, con visioni di un futuro degno dell’uomo e che sanno indicare sentieri concreti per raggiungerlo.
5. S. Alessandro ci esorta a non fermarci nell’attraversare la tempesta del momento presente e tutte le altre che troveremo durante il cammino.
Forse non saremo neanche sicuri se la tempesta è finita o meno.
Ma, avendo il nostro Maestro Gesù accanto a noi, usciti dal vento tempestoso, potremo diventare luce, sale, città sul monte o lucerna, pronti ad accettare le gioie e le sfide della vita, sapendo che davanti a Dio tutto ha senso, tutto è rilevante, tutto è importante.
Il nostro Patrono, martire per Cristo, ci invita a rileggere, in questa prospettiva, il brano di Matteo 5, 13-16: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.
6. Quel “voi” è potentissimo, perché Gesù si rivolge direttamente a coloro che hanno ascoltato le beatitudini, cioè a coloro che si riconoscono poveri, miti, misericordiosi, operatori di pace, perseguitati, affamati di giustizia.
Quel voi, a pensarci bene, riguarda tutti, ma prevalentemente i giovani e le giovani che sono pronti ad attraversare il passaggio decisivo della vita, quello verso l’età adulta, avendo a cuore il bene maggiore.
A tal proposito, l’essere pellegrini di speranza ci obbliga anche a denunciare quando la politica smarrisce il senso della giustizia sociale, intergenerazionale e ambientale. Questa è, forse, la prima forma per essere costruttori di speranza. È necessario un risveglio da un grave torpore antropologico, culturale, sociale ed etico.
7. Dire che qualcosa non funziona non è mai sufficiente. Invece, capire le ragioni di quel cattivo funzionamento, proporre alternative, impegnarsi in prima persona è il minimo che si possa fare.
Cioè, richiamando il pensiero della filosofa H. Arendt, noi tutti spesso ci troviamo, nei contesti in cui operiamo, davanti ad almeno tre gruppi di persone: i “nichilisti”, i quali, credendo non vi siano valori assoluti, si collocano nelle sfere del potere; i “dogmatici”, che si aggrappano a una posizione predeterminata; il “gruppo maggioritario” che assume in maniera acritica le abitudini della società.
Arendt ha sostenuto che il nazismo si è alimentato ed è stato incoraggiato da questi tre gruppi, anzi quei tre gruppi hanno creato le condizioni per ciò che la filosofa definì “la banalità del male”, intesa come complicità. L’antidoto alla “banalità del male” è la piena partecipazione di tutti ai processi democratici di trasformazione delle nostre realtà.
Partecipazione significa impegno personale e collettivo. Dobbiamo insieme a tutti coloro che abbiano intenzione di impegnarsi per il bene maggiore dell’umanità, trovare i modi per facilitare la piena partecipazione di tutti ai processi democratici di trasformazione che siamo chiamati a mettere in atto. Non arrendiamoci, restiamo uniti, guardiamo avanti con fiducia!
Il Signore, attraverso l’intercessione di S. Alessandro, ci renda testimoni coraggiosi della speranza cristiana per far rinascere la nostra terra e le nostre comunità. Vi benedico tutti con affetto ecclesiale”.
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