«Siamo dello staff del ministro Crosetto»

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La truffa è colossale. Non tanto per la somma di denaro sottratta — comunque impressionante — ma per la qualità dello stratagemma, la portata delle vittime coinvolte e il personaggio utilizzato come esca: Guido Crosetto, ministro della Difesa in carica. Una banda di truffatori ha sfruttato il suo nome, il suo ruolo istituzionale e quello del suo staff per mettere in atto un raggiro studiato nei minimi dettagli. Obiettivo? Ottenere centinaia di migliaia di euro da imprenditori di altissimo profilo, convinti di contribuire a un’operazione segreta per la liberazione di giornalisti rapiti all’estero.

Tra le vittime c’è Massimo Moratti, che ha già sporto denuncia. Ma non è il solo. Anche la famiglia Aleotti del gruppo Menarini e quella Beretta, famosa per la multinazionale produttrice di armi, hanno presentato formale denuncia. Altre personalità, come Giorgio Armani, Patrizio Bertelli, Marco Tronchetti Provera e Diego Della Valle, sarebbero state contattate dalla banda, anche se non è chiaro se siano cadute nel tranello. Intanto, la procura di Milano sta lavorando per bloccare il flusso di denaro già finito su conti esteri. È una corsa contro il tempo.

Il modus operandi: come funzionava la truffa

Il piano era diabolico e ben orchestrato. In almeno un caso, la telefonata iniziava con un finto membro dello staff del ministro: «Resti in linea, le passo il ministro Crosetto». Dall’altro capo del telefono, una voce si spacciava per il ministro stesso e raccontava di una situazione gravissima: giornalisti italiani rapiti in Siria o in Iran. Per liberarli, era necessario pagare un riscatto immediato. «È una cosa segretissima, è in campo l’intelligence. La Repubblica ha bisogno di una sua sponda», diceva il falso Crosetto. E poi l’assicurazione: «Restituiremo tutto entro pochi giorni tramite la Banca d’Italia. La Repubblica le sarà riconoscente».

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I truffatori chiedevano somme importanti, spesso in più tranche, e tenevano costantemente aggiornate le vittime per guadagnarne la fiducia. «Serve un altro sforzo…», insistevano al telefono, fino a ottenere cifre sempre più alte. Il linguaggio era perfetto, il tono convincente. Ma non per tutti.

La scoperta della truffa e le prime denunce

La truffa è venuta a galla martedì 4 febbraio, quando un grande imprenditore — amico personale di Guido Crosetto — si è insospettito. Ha contattato direttamente il ministro chiedendogli perché avesse chiesto il suo numero di telefono tramite la segreteria. Crosetto, stupito, ha capito immediatamente che qualcosa non tornava. Un’ora dopo, un secondo imprenditore lo ha chiamato per raccontare di essere stato contattato da lui e poi da un sedicente generale, effettuando un bonifico a un conto indicato dai truffatori.

Mercoledì, un altro grande imprenditore si è fatto avanti, raccontando una storia simile. Giovedì, altre due personalità di spicco hanno dichiarato di essere state contattate a nome del ministro. In appena tre giorni, almeno cinque casi documentati.

Giovedì 6 febbraio, Crosetto ha denunciato tutto su “X” (ex Twitter), definendo la vicenda «un’assurdità». La procura di Milano, guidata da Marcello Viola, ha immediatamente aperto un fascicolo per truffa aggravata. Il pm Giovanni Tarzia sta coordinando il lavoro dei carabinieri per ricostruire ogni dettaglio della truffa e individuare i responsabili.

Una truffa hi-tech: l’ombra dell’intelligenza artificiale

Uno degli aspetti più inquietanti di questa truffa è il livello di sofisticazione tecnologica. I truffatori hanno utilizzato numeri telefonici clonati, alcuni con prefissi di Roma, altri apparentemente legati allo staff del ministro. I numeri, plausibili e ben costruiti, potrebbero essere stati attivati dall’estero. Si indaga anche sull’ipotesi che sia stata usata l’intelligenza artificiale per replicare la voce del ministro, anche se questa possibilità è stata inizialmente esclusa dagli investigatori.

Chi conosce bene Crosetto ha subito capito che non si trattava della sua voce, ma per chi non ha familiarità con il suo timbro, il raggiro poteva sembrare assolutamente autentico.

Le denunce e il ruolo delle vittime

Attualmente sono tre le denunce ufficiali arrivate sulla scrivania del pm Tarzia. Oltre a quella di Massimo Moratti, ci sono gli esposti della famiglia Aleotti del gruppo Menarini e della famiglia Beretta. Ma la lista delle vittime contattate dalla banda potrebbe essere molto più lunga. Gli investigatori stanno lavorando per ascoltare uno a uno tutti i grandi nomi coinvolti, sia per raccogliere testimonianze sia per valutare l’entità del danno subito.

Tra i nomi più noti figurano Giorgio Armani, Diego Della Valle, Marco Tronchetti Provera, Patrizio Bertelli e Francesco Caltagirone. Non è ancora chiaro se qualcuno di loro sia caduto nella rete dei truffatori o se si sia limitato a segnalare il tentativo di truffa.

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L’indagine in corso e la caccia ai conti esteri

L’indagine si sta ora concentrando sul flusso di denaro. I bonifici effettuati dalle vittime sono stati indirizzati su conti esteri, che gli inquirenti stanno cercando di rintracciare e congelare. Si tratta di un lavoro complesso e delicato, che richiede la collaborazione delle autorità bancarie internazionali.

La banda, composta evidentemente da professionisti, aveva studiato tutto nei minimi dettagli, sfruttando le falle del sistema per confondere le vittime e ottenere denaro senza lasciare tracce evidenti. Ma ora è corsa contro il tempo per fermare il giro di soldi e assicurare i responsabili alla giustizia.

Questa storia, oltre a rappresentare un caso di truffa senza precedenti, solleva inquietanti interrogativi sulla vulnerabilità delle figure di alto profilo. Quando persino un ministro può essere utilizzato come esca per un raggiro, diventa evidente che nessuno è davvero al sicuro.



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