Spreco di cibo, ogni bresciano butta via 48 chili all’anno

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Un’eccedenza di alimenti rispetto al consumo a livello domestico, ma soprattutto nel ciclo produttivo Non mancano i progetti per il recupero, dalla grande distribuzione alle iniziative di cooperative o privati Il Comune di Brescia per far fronte alle indigenze lo scorso anno ha investito oltre 400mila euro

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La povertà oggi è multidimensionale: non c’è solo il bisogno alimentare, ma anche quello lavorativo (vista la diffusione di lavoro povero), abitativo (visto il blocco del mercato degli affitti e i prezzi ingestibili), sanitario, cui si sommano le povertà educativa, relazionale, culturale… Ridurre ad un numero una tale varietà è impossibile e ha poco senso, poiché l’unico dato certo è che nel passaggio da Reddito di Cittadinanza (Rdc) ad Assegno di inclusione (Adi) almeno la metà di famiglie con bisogno è stata tagliata fuori: i beneficiari di Adi a Brescia sono 3.966, i percettori di Rdc erano 7.400. Per far fronte a tutto questo «nel 2024 i servizi sociali del Comune hanno speso 400mila euro in più», fa sapere l’assessore di riferimento, Marco Fenaroli.

Dal 2020 il «sistema Brescia» è molto attivo per contrastare le povertà: la «Rete cibo» dal 22 gennaio 2025 è diventata «Rete Conta su di noi», attraverso la sigla di un accordo di collaborazione tra 36 associazioni e Comune di Brescia. «Oggi il bisogno alimentare è il mezzo per agganciare il bisogno a tutto tondo», precisa la responsabile dei servizi sociali del Comune Francesca Megni.

Il bisogno alimentare tuttavia resta quello più d’impatto visivo ed emotivo, ecco perché, come precisa anche Lorenzo Romanenghi direttore operativo di Maremosso (settore di Cauto impegnato nella lotta contro lo spreco alimentare) «alla mancanza di cibo è più facile dare risposte». Le risposte sono la distribuzione di pacchi alimentari, certo, ma anche il recupero delle eccedenze, la sua redistribuzione e la formazione ad una cultura antispreco. Cultura sempre più necessaria, se, come attestano i numeri, lo spreco alimentare è sempre molto alto. «Purtroppo non c’è un dato univoco e questo è un problema» sottolinea Romanenghi: un buon punto di partenza per ragionamenti su quantità e proporzioni è il rapporto dell’Osservatorio Waste Watcher, che ha appena pubblicato il report «Il caso Italia 2024», rapporto che tuttavia appare sottostimato. Infatti se si ricalibrano le percentuali che escono dal rapporto in base ai più aggiornati dati Eurostat sull’Italia, risultano stime più alte, che secondo i calcoli del direttore di Maremosso raccontano come lo spreco alimentare domestico nel Norditalia (che è inferiore alla media nazionale) e quindi rapportabile anche al Bresciano, sia di circa 48,5 Kg pro-capite all’anno.

Ma non c’è solo lo spreco domestico, anzi, quello maggiore è legato alla catena di produzione. Secondo le stime di Romanenghi «nella nostra provincia ogni anno c’è eccedenza alimentare per circa 174mila tonnellate, di cui circa 73mila di spreco domestico e 100mila del resto». Per far fronte a questi numeri nel Bresciano l’impegno per il recupero è molto diffuso: c’è la grande distribuzione, con le singole catene (o anche negozi di vicinato) che attua progetti specifici, dalla vendita a prezzo inferiore dei prodotti a breve scadenza al recupero dell’invenduto, come fa Coop Lombardia dal 2005 con il progetto «Buon Fine», che dona i prodotti non vendibili ad associazioni. Ma la grande distribuzione è solo una piccola parte del mondo attivo contro lo spreco alimentare, formato per lo più da associazioni del Terzo Settore.

Il Terzo settore

Nel Bresciano le più note sono Cauto/Maremosso, Caritas e Croce Rossa, cui si affiancano le meno conosciute ma non meno importanti come, per esempio, «Gli amici di Bottonaga» con le loro «Tessere Sorriso», o le dispense alimentari sostenute dall’ultima campagna dello scorso novembre «Bresciaoggi per la vita» ovvero quella del circolo Acli di Chiari e dell’associazione Via Milano 59. Maremosso ogni anno recupera oltre 1.500 tonnellate di cibo, evitando che vadano sprecate, e le trasforma in risorse preziose per oltre 20.000 persone in difficoltà: la «Dispensa sociale» è un punto di riferimento per oltre 250 associazioni ed enti che ricevono alimenti e beni recuperati, trasformandoli in risorse per le persone più fragili. «Dispensa sorrisi» è il nome del progetto della cooperativa «Il Calabrone», che, nel 2024, ha recuperato «oltre 30mila kg di eccedenze, smistandole con attenzione e cura per preparare pacchi alimentari per persone, famiglie e per le nostre due strutture comunitarie -spiega la cooperativa in un post – nel corso del 2024 abbiamo consegnato 3000 pacchi alimentari, grazie ai nostri volontari e alla collaborazione con alcuni supermercati della città».





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