Mercoledì scorso le parole del guardasigilli e quelle del presidente da Marsiglia stridevano. La sintonia con Trump è un tradimento della storia democratica italiana e americana
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dall’università di Marsiglia, in occasione della sua lezione per la laurea honoris causa, ha usato parole da meditare: «È il momento di agire: ricordando le lezioni della storia e avendo a mente il fatto che l’ordine internazionale non è statico. È un’entità dinamica, che deve sapersi adattare ai cambiamenti». Ma, ha aggiunto, «senza cedimenti su principi, valori e diritti che i popoli hanno conquistato e affermato». L’appello dà la misura del fatto che, per il Colle, siamo in presenza di una decomposizione delle istituzioni sovranazionali che può presto giungere a un punto di non ritorno.
Stridente con Nordio
In quello stesso scorso mercoledì, dal parlamento risuonavano parole in forte dissonanza da quelle del presidente: dal dibattito alle camere abbiamo ascoltato la difesa d’ufficio disordinata e sconnessa dei ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi. Dobbiamo chiederci perché tanto apparentemente inspiegabile disordine.
Sempre in quelle ore, dagli Stati Uniti sono arrivate le parole della conferenza stampa di Donald Trump e Benjamin Netanyahu: il tono era quello di una disumanizzazione cosciente. Il presidente israeliano si compiaceva della proposta del presidente Usa di organizzare la deportazione di milioni di persone da Gaza. Una proposta che insulta la storia di sofferenza dei democratici ebrei che hanno sofferto le deportazioni.
La situazione internazionale è pericolosa. Il governo di Giorgia Meloni spesso evoca fantasiosi complotti dai contorni oscuri, mai dichiarati. Invece siamo di fronte a una cospirazione internazionale a cielo aperto, senza segreti: il raduno dei “Patrioti per l’Europa” a Madrid, la riunione dei reazionari sotto l’ala di Elon Musk, dimostra che prende corpo un’organizzazione con un preciso orientamento politico.
In Italia le forze di governo hanno superato la linea del tradimento dei valori fondativi della Repubblica. Se un veneto garbato come il ministro Nordio ha direttamente aggredito una parte della magistratura, non è stato tanto, o solo, per attaccare un pezzo della magistratura, che peraltro è sempre criticabile; ma per attaccare il presidente del Consiglio superiore della magistratura. Cioè il presidente della Repubblica.
L’occasione sarà il dibattito da aprire nel Csm per affrontare la questione sollevata dai cinque rappresentanti della destra sul comportamento del procuratore di Roma; una questione che apre lo scontro nel Csm e ha come effetto immediato la richiesta a Mattarella di schierarsi. Per innestare la vera questione: quella della sua presunta partigianeria. Su questo scontro, sia pure sollecitato in forma tecnica e indiretta, un’azione disciplinare per un magistrato, si prova a innestare l’accusa di un presidente non super partes.
Ed è qui il punto di tralignamento verso il tradimento istituzionale. Questo governo non governa più con le leggi del suo paese e con il rispetto della Carta, l’impegno che ha preso al suo insediamento. L’opposizione deve chiedere una discussione nelle camere sul fatto che è in corso una violazione del programma su cui il governo ha ottenuto la fiducia, non una modifica in itinere di una legge, ma una modifica radicale della funzione e del ruolo del governo stesso, che oggi tenta di sostituire di fatto il presidente della Repubblica. Un tentativo, un tradimento in corso, che deve cessare, pena il rischio di trovarsi con un assetto nazionale non recuperabile in una situazione di mutato equilibrio internazionale. Se per ora sembra allontanarsi dall’orizzonte la riforma del premierato, resta in primo piano l’attacco radicale alle istituzioni e ai poteri dello stato. Non tanto o non solo per sottoporre a controllo la magistratura, ma per sgomberare il terreno dove si colloca il presidente della Repubblica. Se Mattarella usa il verbo «agire» vuole dire che ritiene vicino il superamento di ogni livello di tutela e di garanzia dell’ordine democratico del paese.
Dunque si sbaglia a concentrare la discussione, anche importante, sulla consegna del torturatore libico al suo paese. Sotto questa coltre di fumo c’è il cambiamento dell’equilibrio istituzionale che ci siamo dati ottanta anni fa. Mattarella ha fatto il suo appello in una sede simbolicamente importante: una università che offriva un riconoscimento di ordine non direttamente politico ma politico-culturale, in un paese storicamente legato all’Italia, la Francia. Mercoledì le sue parole e quelle di Nordio stridevano. La dimostrazione è subito arrivata: mentre il primo difendeva gli organismi internazionali, il secondo si avviava in una contestazione della Corte penale internazionale che ora rischia di farci deferire al Consiglio di sicurezza dell’organismo internazionale.
Chi tradisce la Repubblica
Infine il raduno della destra reazionaria antieuropea: mezzo governo di fatto la sostiene. Dunque in Italia chi ci governa? Tutto il governo invece vanta una profonda sintonia con l’amministrazione Trump. Ma la vicinanza politica fra Trump e Meloni oggi è un capo d’accusa del tradimento della tradizione politica dell’autonomia europea e dell’alleanza con la democrazia americana. Indica un legame con una nascente posizione, per ora non definitivamente vittoriosa, degli Usa che si discostano dalla loro stessa tradizione delle alleanze democratiche con l’Europa.
Resta aperto il problema della consistenza del tessuto democratico europeo, di cui elemento essenziale sarà il prossimo voto tedesco, che peserà in un senso o nell’altro: o verso il precipizio della democrazia o verso la via della riscossa e di quell’«agire» positivo a cui ci richiama l’appello del presidente della Repubblica.
L’attacco alle istituzioni del paese non è invisibile, non è un complotto, è molto chiaro. Sta alle forze democratiche costruire una mobilitazione per la difesa del presidente della Repubblica e della sua funzione. Anzi, il presidente deve essere incoraggiato ad «agire» per frenare, bloccare, invertire la rotta. È essenziale dare valore alle sue parole perché non diventino solo testimonianza per i posteri. «Agire» è la parola chiave di Mattarella. Ma non solo: «Il ritorno di Trump può spingere l’Europa ad agire», ha detto poche settimane fa la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde, «dobbiamo agire assieme, e dobbiamo giocare di anticipo».
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